È arrivata la prima grande crisi del Red Bull Salisburgo

Dopo aver perso l'ultima Bundealiga, la nuova stagione è iniziata malissimo. Ma i problemi sono molto più profondi, vanno ben oltre i semplici risultati.
di Redazione Undici 08 Ottobre 2024 alle 12:11

Nella primavera del 2024, quando lo Sturm Graz ha conquistato la Bundesliga austriaca interrompendo il decennale dominio del Red Bull Salisburgo, tutti hanno pensato che fosse un evento fisiologico: in fondo nessuno, neanche chi possiede un modello molto più avanzato degli altri e le risorse per attuarlo, può vincere sempre. Oggi, a qualche mese di distanza, le sensazioni intorno al Salisburgo sono cambiate, sono più cupe: va bene che siamo solo alla seconda sosta per le Nazionali, ma in questo momento la prima squadra acquistata della conglomerata Red Bull – intendiamo ovviamente la prima acquistata in ordine di tempo – è quinta in campionato e ha perso sonoramente le prime due gare di Champions League. Per altro, le due sconfitte in Europa sono arrivate contro arrivate contro avversarie di livello pari, se non inferiore, come Sparta Praga e Brest, inoltre con risultati anche pesanti (0-3 in Repubblica Ceca, 0-4 a Salisburgo contro i francesi). Infine, come se non bastasse, prima della sosta il calendario della Bundesliga ci ha messo del suo: scontro diretto contro lo Sturm Graz e altra batosta senza appello (0-5).

Tutti questi indizi, come dire, fanno una prova. E allora forse è arrivato il momento di affermare che il Salisburgo è un club in difficoltà. Non è il caso di essere apocalittici e di ipotizzare una crisi dell’intero modello Red Bull, anche perché del resto il Lipsia è primo in Bundesliga, ma è vero pure che in Austria le cose vanno meno bene del solito da qualche stagione. E la testimonianza di questo momento complicato va ricercata laddove il Salisburgo è stato per tanto tempo un’eccellenza assoluta: la capacità di scovare talenti da rivendere poi a prezzi elevati, anche all’interno dello stesso network Red Bull (cioè al Lipsia). Tanto per snocciolare qualche nome: dopo l’infornata di fine anni Dieci, quella che ha portato a Salisburgo i vari Haaland e Szoboszlai e Adeyemi e Sesko, dal 2020 il meccanismo sembra essersi inceppato. L’operazione in entrata più onerosa è quella relativa all’acquisto di Lucas Gourna-Douath, preso per 13 milioni dal Saint-Etienne; anche gli arrivi di Aaronson, Solet, Piatowski, Capaldo Gloukh, e Bidstrup non hanno avuto un impatto memorabile. Forse l’unico affare che rimanda al passato recente è quello fatto con e per Pavlovic, acquistato dal Monaco per sette milioni e rivenduto al Milan per 18 milioni. Ma non c’è bisogno di spiegare che il centrale serbo, per quanto dotato, di certo non poteva e non ha potuto permettere al Salisburgo di mantenere standard così alti.

Naturalmente il lavoro sul mercato di quest’estate – sono arrivati Clark e Bajcetic dal Liverpool, Gadou dal PSG, Baidoo dal Songdal, Kawamura dall’Hiroshima e Blaswich dal Lipsia: tutti giovani da verificare ai massimi livelli, come al solito – non può ancora essere giudicato, ma la stessa sensazione di regressione si percepisce anche dagli avvicendamenti in panchina: dopo l’addio di Jaissle, il dipartimento calcistico Red Bull ha optato per la soluzione interna, ovvero per la promozione di Gerhard Struber, “allevato” tra Liefering e New York. Non è stata una scelta felice, e così dopo l’esonero della scorsa stagione è stato scelto un tecnico dal nome importante: Pep Lijnders, storico assistente di Jürgen Klopp, al suo esordio assoluto come allenatore in prima.

Il punto, però, è che l’intera impalcatura – tecnica, economica, si può dire anche “filosofica” – del progetto-Salisburgo è arrivata a un punto di flessione, forse anche di rottura. Basta consultare i giornali austriaci per rendersi conto che la crisi sembra tutt’altro che transitoria: il Salzburger Nachrichten scrive che «una squadra di calcio non può essere gestita come un supermercato», il sito 90Minuten rimprovera alla Red Bull di «aver smantellato la struttura dirigenziale del club» e di «aver assemblato una squadra troppo giovane, senza elementi di esperienza che possano guidarla». Quest’ultimo aspetto è stato effettivamente esasperato: al momento la rosa del Salisburgo ha infatti un’età media di 21,8 anni, la più giovane – e di gran lunga – di tutta la Champions League. Certo, i risultati degli ultimi anni dicono che questo sistema ha funzionato piuttosto bene. Ma è vero pure che un ricambio così continuo alimenta i rischi connaturati al calciomercato, nel senso che è matematicamente impossibile indovinare tutti i nuovi giovani, tutti gli anni. Anche e soprattutto in quest’epoca calcistica, un’era in cui tutti i club hanno imparato a scandagliare il mercato dei teenager e dei ventenni. Come dire: il Salisburgo ha fatto scuola per tanti anni, e adesso sta inciampando nelle sue stesse contraddizioni.

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