A volte sembra che la carriera di ogni giovane promessa portoghese segua un copione visto e rivisto: esplode in una delle tre grandi e nelle giovanili della Nazionale; viene comprato da una buona squadra europea che non gli dà sufficiente spazio o gliene dà senza ricevere in cambio la stessa sensazione di meraviglia della scoperta; lo cede in prestito, sperando che esca fortificato da quella esperienza. Come nella vita vera, il passaggio dai 20 ai 25 anni è più veloce e più complicato di quanto vorremmo. Nuno Tavares per il momento ne ha ancora 24 ma ha già provato tutte le sfumature di una crescita incostante, problematica e tipicamente portoghese. Eppure, se qualcuno lo vedesse per la prima volta in questi mesi, con la maglia della Lazio stretta intorno alle spalle larghe, la fascia da giocatore NBA sulla fronte, mentre mette in ridicolo chiunque passi sulla sua fascia, penserebbe ci un sia errore. Di certo non penserebbe che sia da poco arrivato in prestito con un diritto di riscatto di circa cinque milioni, ma che si tratti di una delle stelle della Serie A. È un’impressione che hanno avuto in tanti, nel corso degli anni: prima Jorge Jesus, rientrato al Benfica dopo aver conquistato le Americhe con il suo Flamengo, ha profetizzato che sarebbe diventato «il terzino titolare della Nazionale portoghese»; poi Igor Tudor, che lo ha avuto due stagioni fa al Marsiglia, ha detto che «potrebbe giocare nel Real Madrid, nel Barcellona e nel Manchester City» e che «nemmeno lui si rende conto del tutto di quanto è forte».
Il modo di giocare a calcio di Nuno Tavares è apparentemente mosso dalla logica meno complessa in assoluto, vale a dire quella per cui bisogna portare palla per decine di metri lasciandosi tutti alle spalle e poi cercare i compagni in area con il cross. Sì, esatto, proprio quel cross che prova con la frequenza di una macchina. Ogni partita giocata da Nuno Tavares è una catena furiosa di progressioni, frutto di un clamoroso strapotere fisico e atletico, ma allo stesso tempo il terzino della Lazio è molto incline a prendersi dei rischi, ad azzardare tunnel o tentare dribbling in zone arretrate del campo. Da quando è in Italia gli è sempre riuscito tutto, come se con la forza potesse piegare ogni situazione e annullare ogni margine di errore.
Nuno Tavares fa sembrare tutto facile, ma è storicamente attratto dalla soluzione meno scontata. Come quando, da ragazzino, aveva una grande passione per la musica e scelse di suonare il violoncello. Perché gli sembrava lo strumento più difficile tra quelli che gli proponeva la sua scuola. Questa inclinazione gliel’ha riconosciuto anche Mikel Arteta, che l’ha allenato all’Arsenal: «Una delle sue più grandi qualità è che non sembra mai turbato quando gioca». In effetti il tecnico spagnolo lo ha considerato fin da subito un elemento utile per la sua squadra: quando Kieran Tierney, il terzino sinistro titolare dei Gunners. si infortuna alla caviglia, Tavares lo rimpiazza degnamente per sei partite. Poi gioca nuovamente da titolare un mese dopo, a gennaio 2022, contro il Nottingham Forest in FA Cup. Solo che mentre trotterella a metà campo, spostato sulla sinistra, cerca un passaggio incrociato un po’ distratto, senza avere la linea di passaggio completamente libera: un avversario, piuttosto vicino, intercetta – o meglio, raccoglie la palla che gli è stata lanciata addosso – e trova un attaccante alle sue spalle, innescando l’azione del gol dell’1-0, quello che elimina i Gunners dalla coppa. Dopo quell’errore, Arteta sostituisce Nuno Tavares al 35esimo del primo tempo – una di quelle cose un po’ brutte che gli allenatori fanno solo se ritengono la situazione davvero grave. Nuno torna titolare tre mesi dopo, contro il Crystal Palace, ma sbaglia un’altra partita e viene sostituito all’intervallo. A fine stagione l’ex difensore del Liverpool Jamie Carragher, ora commentatore sportivo, dice che l’Arsenal avrebbe centrato la qualificazione in Champions League, se avesse avuto un terzino sinistro migliore di Nuno Tavares.
Il motivo per cui ha firmato per la Lazio a condizioni così vantaggiose è questo, unito al fatto che arriva da una stagione segnata dagli infortuni. E vissuta proprio al Nottingham Forest, nella centrifuga della bassa Premier League. Nuno Tavares è un calciatore con qualità straripanti ma ancora caotico, poco ordinato e forse troppo portato all’errore per essere affidabile in una squadra come l’Arsenal. E infatti quando si unisce al Marsiglia, dopo il primo anno coi Gunners, trova un campionato più abbordabile, meno concorrenza e un tecnico con un’idea di gioco aggressiva, in cui può permettersi di sfogare tutta la sua potenza. E di farsi vedere in area con regolarità: nell’unica annata al Vélodrome, non a caso, segna anche sei gol in 31 partite.
La Lazio di Baroni, probabilmente, è una delle squadre più adatte per valorizzare Nuno Tavares. Ma davanti a un impatto individuale del genere (sette assist nelle prime sette partite di campionato) diventa riduttivo parlare di sistema. Anche contro il Genoa, la scorsa giornata di campionato, ha fatto delle cose che in Serie A siamo abituati a vedere da una cerchia molto ristretta di top player: dopo dieci minuti di partita, coi piedi sulla linea laterale di sinistra, a metà campo, finge col corpo di venire incontro a un passaggio dalle retrovie e fa scivolare a vuoto Sabelli, per poi partire palla al piede, entrare in area dopo un uno-due, liberarsi di Frendrup con una finta e un tocco di suola verso l’esterno e calciare di poco alto. Poi, dieci minuti più tardi, passa come un coltello attraverso un Genoa impotente con la solita progressione, iniziata all’altezza dell’area della Lazio e finita a pochi metri da quella rossoblù, con un tocco per Noslin.
All’inizio sembra un video di highlights personali di Nuno Tavares, poi diventa la sintesi di Lazio-Genoa
Nei suoi primi due mesi con la Lazio, Nuno Tavares ha imposto un dominio tale per cui alcuni, quasi a voler rovinare la festa, hanno sollevato un argomento che periodicamente torna sempre nel dibattito sulla Serie A, per giustificare il suo impatto mostruoso: non è che forse i giocatori così esplosivi sono una specie di cheat code in un campionato poco intenso come il nostro? Non è così esagerato pensarla in questi termini, in fondo al momento Nuno Tavares sembra semplicemente inarrestabile e non lascia intravedere crepe nemmeno nei suoi punti deboli: dopo l’esperienza a Marsiglia, tornare in un difesa a quattro avrebbe potuto accentuare alcuni suoi limiti ed esporlo a più errori, ma per il momento sembra solo avergli dato più spazio da percorrere alle sue velocità, più uomini da dribblare e lasciarsi alle spalle, persino un ventaglio di situazioni difensive da poter gestire con la sua esplosività fisica.
Forse è impensabile che possa andare avanti a bruciare tutto ciò che incontra sul suo cammino fino alla fine del campionato, ma per il momento è anche impossibile ignorare che Nuno Tavares, nella fase più difficile della sua carriera, si è trasformato nel terzino sinistro più dominante della Serie A