Nicolò Zaniolo, a luglio, era arrivato all’Atalanta come se fosse una sorta di ultima spiaggia. Per un calciatore che ha soltanto 25 anni, parlare in questi termini sembra assurdo. E invece le esperienze con Galatasaray e Aston Villa, dopo il controverso addio alla Roma, lo avevano trasformato in un giocatore da recuperare, da ricostruire praticamente da zero. Nell’autostima e quindi nella testa, naturalmente, ma anche in campo. Ed è principalmente in questo senso che la scelta di accettare l’offerta arrivata da Bergamo sembrava molto promettente. Anzi: sembrava la migliore possibile. Perché a Bergamo lavora Gian Piero Gasperini, l’allenatore che più di tutti è stato in grado, negli ultimi anni, di valorizzare trequartisti, esterni e seconde punte.
Eppure in principio le cose non vanno benissimo, l’avventura con l’Atalanta non inizia nel migliore dei modi. Prima una tendinite, poi un problema agli adduttori costringono Zaniolo a saltare due delle prime tre partite stagionali. E le parole di Gasperini prima del match di San Siro contro l’Inter suonano come una sentenza amara: «Su di lui speravamo di vincere la scommessa, ma dopo quasi due mesi siamo fermi al palo. Il mercato non mi ha stressato, ma mi dispiace in 50 giorni non aver mai lavorato bene con tutti».
Il problema di Zaniolo, lo dice la sua storia, è che non è mai tornato il calciatore esplosivo, fisicamente devastante, che era prima della rottura di entrambi i crociati. E quindi la scommessa da vincere con lui, per Gasperini, era soprattutto fisica. Dopo la sosta di settembre, però, le cose cambiano: Zaniolp inizia a entrare nelle rotazioni, ad accumulare qualche presenza nei finali di gara. Contro il Bologna, per esempio, subentra a Kolasinac per aumentare il peso offensivo nerazzurro, con l’Atalanta sotto 1-0: sta in campo poco più di 11 minuti, agendo da trequartista, e combinando con Samardzic sul lato destro dell’attacco nerazzurro. E proprio dopo un appoggio di Zaniolo l’ex dell’Udinese pennella il gol del pareggio al minuto 90’. Non c’è nulla di indimenticabile in quest’azione, a guardarla dal punto di vista di Zaniolo, ma la voglia di andare a cercarsi il pallone e dialogare con i compagni lascia già intravedere uno spiraglio per qualcosa di nuovo. E Gasperini insiste in questa direzione, anche se centellina i minuti in campo dell’ex giocatore della Roma: in alcune occasioni Zaniolo entra a risultato già acquisito, altre volte prende il posto di un compagno con la gara ancora in bilico. È così che inizia a trovare la sua dimensione nella nuova realtà in cui abita.
Poi arriva la notte di Stoccarda, quando Nicolò prende il posto di Retegui e realizza, al minuto 88’, il suo primo gol con la maglia dell’Atalanta. È un da gol da attaccante vero, perché Zaniolo vede il buco alle spalle della difesa avversaria e si lancia a contendere il pallone a Rouault. Una volta vinto il contrasto, si invola verso la porta avversaria e batte Nubel con freddezza, con un tiro di interno sinistro. È un gol pesante, che determina il risultato di una partita importante. Non sarà il solo.
Il momento esatto in cui Zaniolo è rinato, ovviamente come calciatore
Questo guizzo da prima punta non passa inosservato all’occhio creativo di Gasperini, che nelle gare successive continua a lavorare su un nuovo esperimento. Ancora e comunque a partita in corso, va bene, ma il punto è che Zaniolo assume una posizione sempre più centrale, sempre più avanzata. Più definita, anche. Una delle tante cose che in questi anni sono state dette e scritte su Zaniolo, forse tra le più ricorrenti a livello puramente tattico, riguarda la sua anarchia in campo: gli è stata sempre “imputata” la mancanza di un ruolo chiaro e incontrovertibile. In effetti a Roma ha giocato praticamente dappertutto, da seconda punta, da trequartista, da esterno e da mezzala, risultando devastante quando aveva la possibilità di puntare l’uomo in progressione. Il Zaniolo post-infortuni, però, era ed è un giocatore diverso. Fisicamente è più strutturato e meno esplosivo, e anche lui ha iniziato ad esserne consapevole. Sono cambiati i suoi tempi di gioco, sono cambiate anche le sue letture. Per questo, la nuova versione occupa molto più spesso l’area di rigore, vive meno di strappi individuali e più di movimenti in associazione con la squadra. E nella sua heatmap stagionale si nota come le zone in cui gioca di più siano, appunto, il centrodestra della trequarti e il centro dell’area di rigore degli avversari.
Il calcio è uno sport che vive di episodi, di sliding doors. Ed è suggestivo pensare che Nicolò Zaniolo sia tornato al gol in Serie A proprio all’Olimpico, contro la Roma. Quella spizzata di testa sul primo palo su un calcio d’angolo di Cuadrado è la scintilla che lo sblocca, che lo fa tornare protagonista. Una sorta di boost che lo lancia verso un dicembre vissuto in crescendo. Perché, dopo i 90 minuti in panchina contro il Milan, nelle partite successive Zaniolo è di nuovo decisivo. Ancora da attaccante.
Col Cagliari, per esempio, ci mette circa 100 secondi per sbloccare una partita complicata, in cui Carnesecchi era stato decisivo più volte per evitare lo svantaggio. Con l’azione che parte da sinistra, con Samardzic che conduce il pallone verso l’interno del campo, con Zaniolo che si muove stringendo la propria posizione prima dell’ingresso in area, libera l’esterno dove si inserisce Bellanova, e si arresta all’altezza del dischetto. Augello lascia la marcatura per inseguire il pallone, arrivato a Bellanova, Zaniolo è libero a centro area e il pallone gli arriva a rimorchio: il piatto sinistro al volo è forte e prende in controtempo il portiere Sherri. È il gol che vale la decima vittoria consecutiva in campionato, un successo che mantiene l’Atalanta in vetta alla classifica.
Se però la rete contro i rossoblù nasce più come un inserimento dalla trequarti, per vedere Zaniolo incidere da prima punta vera e propria basta aspettare una settimana e la partita contro l’Empoli. In cui entra dopo 21 minuti al posto dell’infortunato Retegui. E anche questo, come dire, non è un caso: contro la squadra di D’Aversa, infatti, Nicolò agisce al centro dell’attacco con De Ketelaere a destra e Lookman a sinistra. E la sua presenza è decisiva in entrambi i gol con cui l’Atalanta ribalta lo svantaggio maturato nel primo tempo. Nel primo dimostra un’ottima intesa di movimento con De Ketelaere nel momento in cui Zappacosta, sulla fascia sinistra, rientra e si prepara a crossare. Entrambi chiamano il pallone puntando l’area come in un attacco a due: De Ketelaere va sul secondo palo, mentre Zaniolo attacca il primo, portando via un uomo, e il cross tagliato di Zappacosta arriva puntuale sulla testa del belga. Nel secondo, invece, è bravissimo nel tenere lontano Cacace a centro area, costruendosi lo spazio per ricevere il cross di De Ketelaere e vedere contemporaneamente l’inserimento di Lookman. La sponda di testa è da punta vecchio stile, e il nigeriano può controllare e battere Vasquez dal limite dell’area piccola.
È proprio questo il lato più intrigante del nuovo abito che Gasperini sta cucendo addosso a Zaniolo. Per sfruttarne al massimo le sue qualità fisiche e per cercare di mascherare quelle piccole lacune tecniche che un tempo venivano coperte dagli strappi e dalle progressioni, l’allenatore dell’Atalanta sta ricostruendo Zaniolo in un nuovo habitat: l’area di rigore, in cui arrivava partendo da lontano o dall’esterno. Il fatto che questa trasformazione stia avvenendo nell’ambito di un sistema collaudato da anni, di un’orchestra perfetta in cui anche un duttile anarchico come lui riesce a trovare una collocazione specifica, è un vantaggio enorme. Per lui ma anche per Gasperini, che si ritrova un profilo in più, diverso da tutti gli altri, da poter sfruttare al momento opportuno. E se al momento Zaniolo rimane essenzialmente un’opzione dalla panchina, non è da escludere che – con tre competizioni da giocare – il suo minutaggio possa aumentare nel corso della stagione. Perché un’arma come Zaniolo può rappresentare una risorsa importante, anche se magari è un calciatore diverso da quello che era, da quello che ci aspettavamo potesse diventare.