A 32 anni, Momo Salah è il miglior calciatore della Premier

L’egiziano sta tirando fuori l’ennesima stagione da record: chi l’avrebbe detto, ora che sembra ai saluti con il Liverpool?

La cultura sportiva italiana fa dell’arte di appiccicare etichette agli sportivi uno dei suoi vizi più annosi e intramontabili. Dopo due partite, decidiamo pigramente di ridurre un giocatore a un’idea preconfezionata, e difficilmente siamo disposti a tornare sui nostri passi. Per quasi tre stagioni, in Italia abbiamo avuto uno dei giocatori più forti degli ultimi vent’anni: Mohamed Salah. Ed è vero, nelle sue stagioni a Firenze e Roma l’egiziano non aveva ancora raggiunto la miglior versione di sé. Ma molti di noi avevano deciso si trattasse di uno dei tanti esterni funambolici discontinui e fumosi, un dribblomane la cui esplosività sconfinava in una frenesia che ne comprometteva spesso la lucidità. E invece, a quasi dieci anni di distanza, Salah, oggi capocannoniere della Premier con 18 gol segnati (e 13 assist) in 19 partite, si è rivelato uno dei giocatori più continui ed efficienti della sua generazione. Può essere considerato un modello di cura maniacale del fisico, un calciatore che negli anni si è evoluto moltissimo, che è stato capace di migliorarsi stagione dopo stagione, in una carriera che sembra una costante risalita verso la massimizzazione del proprio talento tecnico-atletico.

Ci sono giocatori la cui grandezza viene compresa da subito: travolgono il mondo del calcio in modo perentorio, imprimendo da subito il loro marchio sull’epoca in cui vivono. Pensate a Lamine Yamal: da quando ha varcato la soglia del grande calcio, ne è immediatamente diventato un protagonista, un volto destinato a rappresentare il movimento stesso negli anni a venire, come se fosse stato predestinato a questa missione. Il segno di tali atleti si impone in modo chiaro ed evidente, si autoafferma senza la necessità di essere sospinto. Di altri atleti, invece, ce ne si accorge dopo: in alcuni casi servono alcuni anni di carriera, in altri – spesso per via dell’umana ossessione per la nostalgia – se ne rivalutano le gesta a carriera finita, ad anni di distanza. È un po’ come per quei film che, usciti dal cinema, pare non ci abbiano lasciato nulla. Li abbandoniamo tornando alla nostra quotidianità, ma un certo punto tornano a bussare e ci rendiamo conto del segno silente che avevano impresso in noi. Nel caso di Salah, se diamo uno sguardo ai numeri, specie a partire da quando si è trasferito al Liverpool, quella grandezza era sempre stata lì: ce l’avevamo davanti, ma forse non l’abbiamo mai riconosciuta abbastanza. Per rafforzare l’idea, basta citare la successione dei gol segnati in Premier nelle sue otto stagioni coi Reds: 32, 22, 19, 22, 23, 19, 18, 18 (a Gennaio…). Per un esterno d’attacco, sono cifre mostruose.

Salah non si è fermato mai, nemmeno per un attimo, ed è stato una certezza sia in termini fisici (mai sotto le 32 presenze stagionali in Premier) sia per la vagonata incessante di gol fatti. Eppure, fino a ora, forse non è stato celebrato abbastanza. Questa verrà ricordata come l’epoca calcistica dominata dagli allenatori, e quindi il grande Liverpool è sempre stato il Liverpool di Klopp, più che quello di Salah, elemento decisivo ma che sembrava venire sempre in secondo piano rispetto al manager tedesco. Eppure, stiamo parlando del miglior marcatore della storia del club, capocannoniere della Premier nel 2017/18, nel 2018/19 e nel 2021/22, detentore del record di gol segnati in una stagione di Premier (32 nel 17/18). È vero, ha perso due finali di Champions, compresa quella maledetta serata di Kiev in cui Sergio Ramos lo fece fuori dalla partita dopo appena 25 minuti con una geniale vigliaccata, ma nel 2019 ha avuto il suo momento di gloria europea, riportando a Liverpool una coppa che mancava da 14 anni. Nonostante non sia mai andato oltre un secondo posto in Coppa d’Africa con l’Egitto, ha saputo dare lustro al suo paese e può senz’altro figurare nel novero dei migliori calciatori africani di sempre. E allora, cosa gli è mancato per avere un po’ più di considerazione?

Non va sottovalutato il contesto calcistico e generazionale a cui Salah appartiene. Negli ultimi vent’anni, due discipline diverse come il calcio e il tennis sono stati accomunati dallo stesso fenomeno: degli atleti forse irripetibili hanno alzato l’asticella a un punto tale da riformulare i parametri della grandezza sportiva. Ogni tennista della generazione “big-three” ha dovuto confrontarsi con degli standard di mentalità, talento e risultati irraggiungibili per i comuni esseri umani; di conseguenza, atleti che in altri tempi avrebbero vinto tanto, spiccando per mentalità e talento, sono impalliditi al cospetto di queste tre divinità con cui avevano in comune solo la racchetta per praticare il gioco. Nel calcio, che a onor del vero rimane più inclusivo in termini di vittorie – di fatto Ronaldo e Messi potevano cannibalizzare un solo campionato nazionale, lasciando “respirare” gli altri – si è verificato un fenomeno percettivo simile: Messi ha rappresentato l’incarnazione del Sublime su un campo da calcio, la forma più alta di genio realizzabile nel gioco; Ronaldo, dal canto suo, ha massimizzato come nessun altro le sue possibilità fisiche, facendo del proprio corpo un tempio marziale in grado di potenziarsi di anno in anno fino a sconfinare nel disumano. Con loro, grazie a loro, è cambiata la percezione del bello, è cambiata la percezione di una media gol alta, di continuità prestazionale, di incisività. Hanno frantumato ogni record, stabilendo dei termini di paragone quasi imbarazzanti per i loro colleghi. E allora Salah, che non ha certo il genio di Messi, ma meglio si inserisce nella tradizione dei massimizzatori di talento guidata da Ronaldo, per quanto fenomenale, non può tenere testa ai gol del portoghese o ai suoi trofei, individuali e non. In un’altra epoca, un tennista come Andy Murray avrebbe vinto diversi Slam in più. Allo stesso modo, un calciatore come Salah (ma ce ne sono tanti altri) avrebbe conquistato almeno un Pallone d’Oro.

Forse non avete mezz’ora di tempo, ma vi garantiamo: vale la pena guardare questo video

È l’insostenibile spietatezza del contesto storico: non c’è modo di opporvisi. Ogni tanto però, da appassionati di sport dovremmo impegnarci nell’esercizio di svestire le lenti che hanno ammirato degli dei che per qualche decennio hanno giocato a fare gli sportivi (i tre del tennis o Ronaldo- Messi), ed apprezzare la grandezza di atleti straordinari “condannati” dal loro tempo come Salah. Che è partito da una pigra etichetta di “esterno discontinuo” e si è trasformato in uno dei finalizzatori più cinici della sua generazione. Grazie a un lavoro maniacale sul suo fisico, da lui esibito con fierezza in quegli addominali scolpiti ogni volta che si toglie la maglia, Salah ha saputo completarsi come giocatore, migliorando in maniera drastica la qualità delle scelte negli ultimi metri, l’intuizione nei suoi movimenti alle spalle della linea difensiva e la conclusione a rete, che spesso fa scoccare all’improvviso, anche quando non sembra esserci lo spazio necessario, senza nemmeno caricare il tiro, ma riuscendo comunque a imprimere una potenza micidiale al pallone che scoppia come dinamite. Ha saputo adattarsi all’esigenza di una corpo che, col passare degli anni, non poteva più garantirgli la rapidità supersonica che esibiva nei primi anni di carriera – si pensi all’iconico gol sengato contro la Juve in Coppa Italia, ai tempi della Fiorentina. Oggi Salah è più attaccante, dribbla meno, è diretto e risoluto in ogni sua scelta. Ha un cervello calcistico raffinatissimo, che gli permette di leggere con rapidità ogni situazione per poi colpire con l’efficienza di un cecchino navigato. È vero, non sarà mai geniale come un Neymar o Hazard (per citare un altro giocatore della Premier la cui legacy è molto discussa), e il suo stile iper-efficientistico, quasi robotico nella sua riproducibilità tecnica, può non appagare il gusto estetico di tutti gli spettatori. Ma la sua capacità di migliorarsi costantemente e di evolvere per rimanere nell’élite del calcio mondiale gli conferiscono un meritatissimo status da leggenda del Liverpool, del calcio africano, del calcio contemporaneo.

Questo sarà con ogni probabilità il suo ultimo anno a Liverpool, visto il contratto in scadenza a giugno e le ultime dichiarazioni che non invitano all’ottimismo rispetto a un possibile prolungamento. Dopo il gol su rigore contro lo United, si è seduto sul prato di Anfield, ha allargato le braccia, e si è goduto l’esplosione di gioia della sua curva in quello che potrebbe essere il suo ultimo gol agli odiati rivali dello United. Ma qualunque sia il suo futuro, per quanto forse tardivamente compresa, la grandezza di Salah non è più in discussione. E chissà, forse questo sarà l’anno buono per legittimarla ancor di più agli occhi di chi, quella lente da testimone del duopolio Ronaldo-Messi, proprio non riesce a svestirla.