Se guardiamo agli ultimi giorni di dibattiti sul calcio, uno degli argomenti più caldi è stato ciò che è successo al Milan. Una veloce sintesi: sui social e poi sul web è uscita una fotografia che immortala i calciatori Theo Hernández, Ruben Loftus-Cheek, Francesco Camarda e Davide Calabria nel backstage di un concerto di Lazza, tifoso dichiarato dei rossoneri. L’evento si è svolto al Forum di Assago nella serata di venerdì, quindi a circa 36 ore dalla gara tra Milan e Parma. E le voci intorno al club, che per inciso non aveva organizzato nessun ritiro prepartita, hanno sussurrato come il tecnico Sergio Conceição abbia provato un certo fastidio nel vedere quella foto. Un fastidio sfociato a fine gara in un diverbio tra l’allenatore e Calabria. Che poco prima, al momento della sostituzione, era uscito dal campo infastidito, calciando una bottiglietta e colpendo la panchina.
Intendiamoci: se il Milan avesse vinto agilmente contro il Parma, probabilmente questa storia sarebbe passata sotto traccia. E invece non è andata esattamente così. Anche perché Conceição è considerato – e viene presentato/raccontato come – un allenatore molto attento ai comportamenti dei suoi giocatori nella vita privata, un manager hands off che impone delle regole molto precise ai suoi uomini. E allora vale la pena chiedersi: andare a un concerto – o a un qualsiasi altro evento – poche ore prima di una partita/gara è una cosa che può pregiudicare la prestazione di un atleta? Nel calcio e nello sport contemporaneo, che viaggiano in 2x o 3x, com’è cambiato l’approccio delle società nei confronti di certi comportamenti?
Negli ultimi giorni, Jannik Sinner – fresco vincitore del secondo Australian Open della sua carriera – ha ricordato spesso come tutto ciò che sta intorno a lui si muova come un ingranaggio perfetto, dall’alimentazione, ai carichi di allenamento, fino ad arrivare al sonno. Il succo della questione è: visto che i tornei e l’allenamento riducono al minimo il tempo a disposizione, il resto va necessariamente ottimizzato. Ma la mancanza di tempo, che naturalmente si avverte anche nel calcio, porta anche a perdersi qualcosa. Un concerto, per esempio. E allora forse le prospettive devono essere un po’ riviste, almeno rispetto a quanto avveniva in passato. «Questi ragazzi sono diversi, non possiamo pensare che vadano gestiti come lo eravamo noi» ha spiegato, Giuseppe Bergomi a Paolo Di Canio e Luca Marchegiani durante Sky Calcio Club. Per chiarire: Di Canio e Marchegiani si dicevano convinti che un calciatore non potesse uscire di casa così a ridosso di una partita.
Ovviamente non esiste una strategia che funzioni per tutti e in tutti i casi, le decisioni nella vita privata degli atleti sono e restano dei fatti personali. Eppure, rispetto all’epoca dei ritiri, delle preparazioni quasi ascetiche all’evento, qualcosa sta cambiando. A dirlo sono proprio gli sportivi. «Il modello sergente di ferro non porta mai a buoni risultati, se non in particolari gruppi», rivela Daniele Santarelli, coach dell’Imoco Volley Conegliano e della Nazionale turca. Con le Pantere, Santarelli ha un palmares che non finisce più: sei Campionati, cinque Coppe Italia, sette Supercoppe, tre Campionati mondiali per club e due Champions League. Come dire: è evidente che sappia come si gestisce un gruppo. «Non si deve dimenticare», ricorda Santarelli, «che gli atleti sono costantemente sotto pressione, sono ragazzi che hanno bisogno di vivere e credo che abbiano fatto tanti sacrifici per arrivare dove sono. È ovvio che ci vuole rispetto delle regole e che queste regole non devono mai superare la comprensione del momento. Se si attraversa un periodo negativo devo essere più severo, altrimenti posso permettermi di allentare un po’ la tensione».
La situazione cambia un po’ se si parla di sport individuali. Oppure, come nel caso del ciclismo, dello sport individuale più di squadra che ci sia. «Dietro la vittoria anche di una corsa o di una tappa c’è il lavoro di molta gente», racconta Sonny Colbrelli, vincitore della Parigi-Roubaix nel 2021 e ora direttore sportivo della Bahrain Victorious. «I compagni hanno tirato 200 km per te e non puoi permetterti di deluderli. L’abnegazione e la serietà sono fondamentali, quando si corre in bicicletta ogni dettaglio conta. Può fare la differenza qualche grammo di pasta in più, un massaggio o una seduta di fisioterapia. I corridori sacrificano gli affetti, le passioni e la vita privata quando preparano una classica o un grande giro. Adesso i ragazzi sono seguiti in tutti gli aspetti della giornata, in sella o meno. Ma per andar forte bisogna essere perfetti, non si può mollare di un millimetro» aggiunge Colbrelli, confidando che quando si stava allenando per la Roubaix contava persino i fili d’olio nell’insalata.
Negli sport americani il punto di visione è totalmente opposto. Cestisti e giocatori di hockey e football sono liberi di gestire come preferiscono il loro tempo libero e le ore antecedenti il match. Quando entrano in NBA, NHL e NFL vengono spiegati loro tutti gli aspetti che concorrono alla prestazione sportiva, anche quelle più laterali – dalla necessità di trasloco in occasione di un trasferimento in un’altra franchigia, alla gestione del patrimonio finanziario e dei rapporti interpersonali. Da quel momento in poi si è soli, nel bene e nel male. Nessun media chiede conto di cosa si è fatto la sera prima di una partita, se in campo si rende. In caso contrario nessuno si risparmia, dai giornalisti ai tifosi, a volte anche la dirigenza ci mette il carico. È quello che è successo ad inizio stagione a Joel Embiid, centro dei Philadelphia 76ers e MVP nel 2023, al centro delle critiche per non essersi preso cura adeguatamente del suo corpo e soprattutto del suo piede destro, la cui frattura da stress lo ha costretto a saltare due intere stagioni.
Il tema della tutela dei giocatori è salito alla ribalta negli ultimi anni, specie in NBA. La lega e i front office delle franchigie si sono posti il problema del management di questi ragazzi, sempre più asset da milioni di dollari. Ci stanno ancora ragionando, anche perché si tratterebbe di mutare profondamente il sistema. Un sistema che potrebbe diffondersi anche nel calcio europeo, considerando i diversi proprietari statunitensi che hanno investito al di qua dell’oceano. Nasce qui il contrasto nel guardare alla vita degli sportivi del 2025, dagli occhi da cui osserviamo. Se il punto di vista è superato dai tempi, si perde il focus. Non esiste una ricetta perfetta: qualcuno ha bisogno di non pensare sempre e comunque al suo sport, altri di immergercisi fino in fondo. Capire come bilanciare le cose tra un atleta e l’altro è la vera sfida degli allenatori moderni.