Entro tre anni, la Serie A vuole giocare delle partite negli Stati Uniti

La Serie A vuole diventare il primo campionato al mondo a giocare all'estero

Non c’era luogo più scenografico di New York per un annuncio che è un colpo scena: la Serie A potrebbe giocare una giornata di campionato negli Stati Uniti. Tempo per organizzarla? Meno di tre anni, almeno secondo le stime di Michele Ciccarese. È stato proprio il direttore commerciale e marketing della Lega Serie A a illustrare il progetto nel corso di un incontro con i media americani negli uffici della Serie A al Dezer Building, nel centro di Manatthan. Come riportato da The Athletic e dal Guardian, i cui cronisti erano presenti al meeting, Ciccarese ha sottolineato come tutte le grandi leghe mondiali si stanno aprendo alla possibilità di disputare dei match di stagione regolare all’estero. «Se si guarda alla NFL, stanno giocando in Germania, a Londra, in Australia. Tutti questi esempi dimostrano come il nostro piano sia attuabile», ha aggiunto.

L’obiettivo è chiarissimo: accrescere il pubblico di appassionati americani che negli ultimi mesi sta rispondendo bene agli stimoli forniti dal soccer europeo. Complice un costo relativamente basso degli abbonamenti sulle varie piattaforme e la febbre da mondiale che cresce, sta aumentando il numero di fan del calcio in Usa. A farla da padrone, a livello di tifosi, restano le big inglesi e spagnole, ma anche Inter, Milan e Juve si difendono bene. Attraverso gli eventi nei diversi fan club, poi, le società italiane riescono ad avere un parametro diretto del grado di interesse verso il prodotto Serie A. Non è un caso, infatti, che coinvolgano diverse leggende in meet and greet con le persone, portando dei protagonisti laddove difficilmente si potrebbero incontrare.

È sempre The Athletic a far notare come, all’inizio, sembrava che la FIFA fosse contraria a permettere l’organizzazione di partite di campionato all’estero. Poi però ha dovuto fare i conti con Relevent Sports: la società di media ed eventi fondata dal proprietario dei Miami Dolphins Stephen Ross ha venduto i diritti televisivi de La Liga nel Nord America, stringendo un accordo con l’ente per promuovere il calcio spagnolo nel territorio. In quest’ottica rientrava anche la pianificazione di una partita. Ci ha provato per diversi anni, ma la FIFA si è sempre opposta, almeno fino al 2024, quando, complice l’esclusione dell’ente mondiale dal calcio dalla causa antitrust, ha cambiato opinione, annunciando di voler rivedere le sue convinzioni.

A maggio, non a caso viene da dire, il Consiglio FIFA ha approvato la creazione di un gruppo di lavoro per raccogliere informazioni e capire i prossimi passi da fare per i campionato che vogliono ambientare delle partite all’estero. Un modo per dimostrare che la strada è stata tracciata, anche senza rilasciare delle direttive. C’è stato spazio di interpretazione da parte delle varie leghe e la Serie A non si è lasciata scappare l’opportunità. Nei propositi dei dirigenti c’è l’idea di essere il primo campionato a varcare i confini. «Stiamo lavorando per riuscirci, ma ci sono degli ostacoli che dobbiamo superare anche con l’aiuto dei club. Non dobbiamo dimenticarci, infatti, che i giocatori sono molto impegnati, dovendo spesso scendere in campo su due o tre competizioni» ha aggiunto Ciccarese.

La Lega ha fretta di chiudere il prima possibile. «Forse tra uno o due anni vedremo la Serie A in Usa, se arriveranno le approvazioni. Ci vuole il via libera di FIGC, UEFA, FIFA e degli enti locali» ha risposto Ciccarese a The Athletic. La ragione di questa urgenza è semplice: la concorrenza. La Liga si è già mossa due volte, nel 2018 e nel 2019, cercando di far Barcellona-Girona e Atlético Madrid-Villarreal negli USA, ma senza successo. Ora che uno spiraglio si è aperto, la Serie A vuole sfruttarlo subito. Per ovvie ragioni commerciali.