Jakub Mensik ha battuto Djokovic, ha vinto il primo titolo ATP e ha lanciato la Next-Next-Gen del tennis

Il primo titolo ATP di un giocatore nato nel 2005 segna l'inizio di una nuova storia: quella dei talenti teenager che vogliono insidiare il dominio di Sinner.
di Redazione Undici 31 Marzo 2025 alle 15:00

Al termine della giornata più incredibile della sua giovane carriera e della sua giovane vita, cioè dopo aver battuto Novak Djokovic e dopo aver conquistato il suo primo titolo ATP, Jakub Mensik ha raccontato che la sua avventura a Miami sarebbe potuta finire prima ancora di cominciare. Anzi, in realtà era davvero finita, poi però è successo qualcosa di non preventivabile: «Eravamo a pochi minuti dall’inizio della prima partita», ha raccontato Mensik, «e avevo in mano il documento in cui c’era scritto che mi sarei ritirato dal torneo. Avevo un gran dolore al ginocchio, non avrei mai potuto giocare. Stavo per consegnarlo all’arbitro, solo che lui stava pranzando. A quel punto ho aspettato per darglielo, non volevo disturbare. In quel momento un fisioterapista del torneo di Miami mi ha fatto un trattamento particolare e mi sono sentito meglio. Si chiama Alejandro, è grazie a lui se oggi sono qui».

È chiaro, lo dice la storia dello sport: il talento e il lavoro in allenamento sono fondamentali per raggiungere grandi risultati. Però spesso è anche una questione di contingenze, di incastri fortunati, di fisioterapisti che si trovano nel posto giusto al momento giusto. Nel caso di Mensik, questo signor Alejandro ha dato il via a una storia incredibile: quello del primo giocatore nato nel 2005 a raggiungere – e poi a vincere, naturalmente – una finale ATP, quella del primo giocatore ceco che conquista un 1000 dai tempi di Berdych, quella di un rookie che batte il suo idolo Djokovic in finale, per altro togliendogli il gusto del titolo numero 100 in carriera.

Ci sarebbero tanti altri numeri da snocciolare, tanti altri record da raccontare, ma il punto più interessante è che ci troviamo di fronte al primo successo di un tennista nato due-anni-due dopo Carlos Alcaraz, cioè mentre Djokovic affrontava la sua primissima avventura agli US Open. E se poche settimane fa eravamo qui a celebrare – giustamente – il talento brillantissimo di João Fonseca, forse allora stiamo davvero accorciando i tempi come mai prima d’ora, nel senso che siamo già nell’era tennistica della Next-Next-Gen. Certo, vincendo a Miami Mensik ha dimostrato di essere un giocatore già più solido e affidabile rispetto a Fonseca, il suo modo di affrontare i game e i tie-break decisivi – due contro Draper, uno contro Fils, due contro Fritz, due contro Djokovic – evidenzia una mentalità di primo livello, oltre che una grande varietà in tutti gli aspetti del gioco. A pensarci bene, però, Fonseca è un 2006 (!) e quindi ha ancora un anno di tempo per mettersi di fianco a Mensik, per accendere una reale concorrenza alle spalle di Jannik Sinner. Nell’attesa, ovviamente, che Carlos Alcaraz ritorni a essere il campione che prometteva di essere, che può ancora essere.

Ecco, appunto, proprio Alcaraz: nel 2022, lo spagnolo conquistò il suo primo titolo proprio a Miami, aveva 18 anni (uno in meno rispetto a quanti ne ha Mensik) e sembrava che la sua storia – quella di un talento precocissimo in grado di sbranare il tennis fin dagli esordi – fosse destinato a rimanere un exploit isolato. Negli ultimi anni, al netto del suo calo e del sorpasso di Sinner, è invece venuta fuori una generazione di giocatori in grado di confermare quel trend, come se il tennis stesse seguendo la stessa identica parabola del calcio – uno sport in cui l’età media dell’esplosione ai massimi livelli si fa sempre più bassa.

È chiaro che Sinner – anche da “assente giustificato” – continui a sembrare irraggiungibile, ma bisogna ricordare che il numero uno del mondo non ha ancora compiuto 24 anni. E che dietro di lui, da Mensik e Fonseca, si sta iniziando a formare una falange di opposizione composta da giocatori che hanno tre, quattro o anche cinque anni meno di lui (aggiungiamo anche i nomi di Fils e di di Rune). Come dire: la fine dell’era di Federer-Djokovic-Nadal ci ha teletrasportati in un tennis mai così giovane, mai così vario e perciò divertentissimo.

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