Delle volte è soltanto questione di dove. Quasi nessuno, in Italia, si sarebbe mai aspettato che Ante Budimir potesse rivelarsi un giocatore in grado di lasciare il segno nel grande calcio. Ci era riuscito a Crotone, da bomber indiscusso della prima promozione in Serie A dei calabresi. Ma l’esame col massimo campionato si era tramutato in un fiasco: dieci presenze senza gol alla Samp, rientro al Crotone e retrocessione. A quel punto, nel 2018, il croato sembrava perfino l’ombra del finalizzatore che, almeno in Serie B, aveva dimostrato di essere. Poi sei mesi dopo lo chiama il Maiorca, all’epoca in Segunda División. E la cura spagnola cambia tutto. Un’escalation geografica e sportiva – dalle Baleari a Pamplona, fino alla sua Nazionale – che oggi, a quasi 34 anni, proietta il centravanti dell’Osasuna fra i nomi più pop della Liga. Tra parentesi: segnando a valanga, anche ieri contro il Betis.
Basta uno sguardo alla classifica marcatori. Al primo posto c’è Mbappé con 27 reti. Lo tallona Lewandowski a 25. Poi, terzo a quota 19, ecco Budimir. Il grande intruso fra i big: un centro più di Raphinha, addirittura quartro più di Julián Álvarez e otto più di Vini Jr. Una garanzia. Che più invecchia e più insacca, nel solco di quei cannonieri leali alla provincia ormai in via di estinzione alle nostre latitudini. E che invece Budimir ha contribuito a riportare in auge per tutta la Spagna. Ce ne sono di centravanti smarriti ad aver seguito le sue orme: su tutti Vedat Muriqi, tanto disastroso alla Lazio quanto determinante al Maiorca dopo l’addio del collega (altra storia di riscatto lungo i Balcani, individuale e di squadra).
Sarebbe perfino fuorviante chiamarlo intruso, Budimir. Dopo la rampa di lancio con la maglia maiorchina – promozione in Liga e subito in doppia cifra – era finito all’Osasuna nel 2020 e in meno di un lustro è diventato il bomber più proficuo della storia del club (68 gol in 175 partite). Da idolo assoluto. Ha portato la sua squadra in finale di Coppa del Re, ai playoff di Conference League ed è tuttora in lotta per l’Europa. Ma, soprattutto, le ha restituito una dimensione agonistica che nella città della corsa dei tori non si respirava da vent’anni.
Chi l’avrebbe mai detto? Forse soltanto Budimir stesso, e chi lo conosceva bene. Oltre ai connotati del pennellone d’area dal piede educato – da ragazzo lo chiamavano “il cigno di Zenica”, ma fine delle analogie con Marco van Basten – Ante è in primo luogo un instancabile lavoratore. All’allenamento è sempre il primo ad arrivare e l’ultimo ad andar via, trasmette la sua fame di risultati ai compagni, spende ore a confrontarsi di calcio coi suoi allenatori e ogni pomeriggio si sottopone a una seduta extra con un personal trainer. Metodo balcanico. Al punto da fare scuola: da un paio di stagioni, fra le strutture dell’Osasuna, esiste anche il “Campus Budimir”. Un prato progettato insieme a Bittor Alkiza – l’ex allenatore in seconda dei rossoblù – dove poter potenziare gli esercizi di rifinitura in situazioni estreme: conetti, asticelle e dischi disposti non come nel consueto riscaldamento, ma per replicare nello stretto quegli ostacoli naturali – gambe, tacchetti, corpi – che si presentano in partita (Relevo ne fa un ampio approfondimento). «Ante pretende sempre di più, da sé stesso prima che dagli altri. E questa è ormai la mentalità ambiziosa di questa squadra», ha spiegato Vicente Moreno, la guida tecnica dell’Osasuna decimo in classifica.
I 18 gol realizzati nello scorso campionato
Oltre al peso specifico nel suo club, Budimir ha iniziato a spopolare anche al di là dei tifosi dell’Osasuna per le sue numerose iniziative extracampo. Dall’attenzione per il sociale alla sua profonda fede cattolica: qualcosa che nell’entroterra spagnolo attira particolare simpatia, come un valore dimenticato. Una volta l’attaccante venne in aiuto a un’anziana, accompagnandola in auto all’ospedale cittadino. Un’altra invece, prima di traslocare in una nuova casa, ebbe la premura di ringraziare i vicini con un biglietto scritto a mano e appiccicato sull’ascensore. Come una persona qualunque. Piccoli gesti di tutti i giorni, subito diventati virali. Così a Pamplona, ancora più dei gol, sono innamorati di Budimir per la sua semplicità e il suo altruismo.
Lui intanto non smette di stupire. L’anno scorso aveva raggiunto il suo primato di reti in una singola stagione (17, come nel Crotone 2015/16). Quest’anno l’ha perfino superato: vola a quota 21 e potrebbe salire ancora. Nonostante la carta d’identità reciti 22 luglio 1991. Budimir se ne frega, da maratoneta più che da sprinter: ha debuttato con la Croazia a 29 anni e da allora ha messo a referto 30 presenze con quattro gol – l’ultimo a marzo, contro la Francia ai quarti di Nations League. «Si è conquistato il posto con le sue prestazioni», lo applaude Zlatko Dalic. «Ed è diventato una leggenda in terra straniera, che è un traguardo enorme nel calcio. Ha ottenuto tutto grazie al duro lavoro. La gente ancora mi domanda perché continuare a convocarlo, ma i numeri ci mostrano che ogni volta che gioca ci dà qualcosina in più: potevo dare spazio ai giovani, ma lui è un esempio per tutti. E merita di essere qui». Serve aggiungere altro, alle parole del commissario tecnico che ha fatto la storia della Croazia?