La 37esima giornata di Serie A giocata praticamente in contemporanea – nove partite di domenica sera alle 20.45 – ha riacceso il dibattito intorno all’opportunità di cambiare la programmazione televisiva del campionato. In effetti, bisogna dirlo, l’altalena di episodi tra i vari campi e i vari match è stata davvero coinvolgente. Il punto, però, è che questo coinvolgimento non è stato reale. O comunque non è stato abbastanza per giustificare davvero un’eventuale revisione dello status quo, quello che prevede il cosiddetto spezzatino – vale a dire la suddivisione delle partite su più giorni e in diverse fasce orarie. I dati d’ascolto registrati da DAZN e Sky, le due licenziatarie che trasmettono la Serie A, infatti, sono stati davvero deludenti.
Se mettiamo insieme i contatti registrati da entrambe le piattaforme, infatti, viene fuori che gli spettatori collegati per le partite di Serie A erano 3,2 milioni. Un numero inferiore del 50% rispetto alla media stagionale. Come scrive Calcio&Finanza, si tratta di «un calo prevedibile: negli anni la contemporaneità è stata evitata, laddove possibile, tenendo conto del comportamento dei tifosi e delle esigenze dei broadcaster, con la consapevolezza che quando le partite si concentrano in pochi slot – questo vale sempre a maggior ragione nelle fasi finali del campionato – l’audience cala sensibilmente». E in effetti l’abbassamento vistoso dell’audience per la 37esima giornata della Serie A 2024/25 è stato del tutto in linea con quello registrato nella altre occasioni in cui la contemporaneità era in qualche modo imposta dalle esigenze di classifica: «Nella stagione 2020/21», scrive ancora Calcio&Finanza, «le tv avevano fatto registrare risultati simili nella 36esima e 38esima giornata: in quell’occasione la Serie A aveva giocato su tre diversi slot orari, totalizzando in entrambi i turni spettatori per circa 3,2milioni».
Insomma: anche se può sembrare una visione da modernisti a tutti i costi, la realtà è abbastanza chiara. E dice che, in questo momento storico, non c’è alternativa allo spezzatino. Per un motivo molto semplice: gli investimenti delle piattaforme che acquistano i diritti delle gare di Serie A sono inestricabilmente legati a quelli degli inserzionisti pubblicitari. Che, a loro volta, guardano solo ed esclusivamente ai dati d’ascolto, non alle emozioni suscitate dalle partite. E quindi, di fatto, la competitività economica delle squadre italiane dipende dal fatto che ci siano diversi slot orari per le dieci partite di ogni giornata di campionato, che si giochino poche partite in contemporanea. Anzi sarebbe meglio non se ne giocasse nessuna. A meno che la classifica non imponga diversamente, ma questo è un altro discorso. Che, piaccia o meno, può valere solo in pochissimi casi.