Quella di Simone Inzaghi è una svolta epocale, visto che è il primo top coach europeo a trasferirsi in Arabia Saudita

L'ormai ex allenatore dell'Inter ha fatto una scelta mai vista prima. C'entrano i soldi che gli ha offerto l'Al-Hilal, naturalmente, ma il discorso è decisamente più ampio.

L’ufficio-facce spesso non aiuta con i pronostici, ma lascia degli indizi sulla realtà. Un leggero spoiler di ciò che si sarebbe materializzato nelle utime ore, vale a dire l’addio di Simone Inzaghi in direzione Al-Hilal, si poteva cogliere nel volto esibito dall’allenatore nerazzurro subito dopo la fine della finale di Champions League, nel corso della conferenza stampa: oltre all’ovvia delusione per il 5-0 subito contro il PSG, sul viso di Inzaghi si leggeva una sorta di stanchezza. Per uno come lui, sempre molto genuino nelle manifestare le proprie emozioni, quel languore significava qualcosa di più di un semplice affaticamento da fine stagione – e da Champions League persa malissimo all’ultimo atto. La sua era una chiara pesantezza psicologica, figlia di una partita fallita ma anche di ciò che covava sotto la cenere: la fine di un amore, l’inizio di una nuova avventura. 

Tutto in pochi giorni (forse)

È andato tutto velocissimo, almeno secondo il racconto dei media: le prime notizie sull’offerta arrivata dall’Arabia Saudita sono di pochi giorni fa, poco prima dello scudetto perso dopo la sfida sulle montagne russe contro Lazio e Napoli; poi la finale di Champions contro il PSG, infine l’incontro che avrebbe dovuto ricucire lo strappo e invece ha sancito l’addio. I tempi giornalistici, però, non sono (quasi) mai quelli della realtà, nel senso che un’operazione come quella messa in piedi dall’Al-Hilal non si pensa né si costruisce in pochi giorni. E nemmeno in tre settimane. Nessuno saprà mai a quando risale il primo approccio, ma di certo Inzaghi ha avuto del tempo per pensarci. Per pesare i pro e i contro. E alla fine ha scelto di accettare. Secondo quanto riporta Fabrizio Romano, che raramente riporta cose molto distanti dalla realtà, l’ormai ex tecnico dell’Inter firmerà un contratto biennale che gli garantirà 26 milioni di euro netti a stagione.

Che piaccia o meno, è necessario partire da qui. Da queste cifre. E dal fatto che, accettando questa proposta, Inzaghi sia destinato a diventare il primo top coach del calcio europeo, tra quelli riconosciuti come tali, a trasferirsi in Arabia Saudita. È una questione di forza percepita, di anagrafica, di palmarés: prima di Inzaghi, la Saudi Pro League ha accolto tecnici importanti come Laurent Blanc, Rudi Garcia, Jorge Jesus, Nuno Espírito Santo, Stefano Pioli. Nessuno di questi, però, ha accettato di lasciare l’Europa a 49 anni appena compiuti, quindi con almeno altri dieci anni di carriera davanti a sé, e – soprattutto – dopo aver raggiunto la finale di Champions League. Tra questi, solo Blanc ha vinto più titoli domestici di Inzaghi, ma l’ha fatto in Francia e guidando il PSG. A pensarci bene ci sarebbe anche Marcelo Gallardo, ma i suoi titoli internazionali sono arrivati col River Plate. E quindi, per quanto significativi, non valgono come le cavalcate fatte da Inzaghi con l’Inter.

Da cosa si è fatto sedurre Inzaghi

E allora, viene da dire, siamo (già) nel tempo in cui uno dei migliori allenatori d’Europa, un tecnico che potenzialmente potrebbe essere appetibile per qualsiasi club di primo livello, decide di traslocare in Arabia Saudita. È una svolta epocale, in piena sintonia con quelli che sono i programmi dei (nuovi) manager assunti dai club sauditi, quindi dalla famiglia reale attraverso il Fondo PIF, per cui dopo la prima grande infornata di calciatori del 2023 sarebbe arrivato il momento di “rubare” – o meglio: di comprare a peso d’oro – i migliori allenatori e dirigenti del calcio mondiale.

In questo senso, convincere Inzaghi non deve essere stato così difficile. In Arabia, a pensarci bene, l’ex tecnico dell’Inter troverà esattamente quello che cerca: ottime strutture, una squadra con una rosa di valore, solidità manageriale e assistenza a 360 gradi, per se stesso e la sua famiglia. Quasi tutte le società arabe, infatti, hanno assunto un responsabile della gestione del benessere dei giocatori e dello staff, una figura che lavora h24 e che ha il compito di semplificare le domande per i visti, di gestire SIM card e conti bancari, di spedire auto. Insomma, Inzaghi avrà a disposizione delle persone che si occuperanno di tutte le necessità pratiche della vita quotidiana. In un contesto con meno pressione, poi, l’ex tecnico dell’Inter potrà permettersi di rilassarsi un po’, di azionare il pilota automatico se c’è bisogno. Esattamente quello che gli serve ora: al netto del Mondiale per Club al via tra pochi giorni, Inzaghi ha evidentemente bisogno i decomprimere, di sciogliere un po’ di tensione di anni pieni di successi ma anche fiaccanti. Una briciola di questo mood l’ha lasciata nella lettera/comunicato con cui ha salutato l’Inter: «È venuto per me il momento di salutare questo Club», si legge sul sito dei nerazzurri, «dopo un percorso quadriennale in cui ho dato tutto. Ogni giorno ho dedicato all’Inter il mio primo e ultimo pensiero della giornata».

E poi, come detto, all’Al-Hilal ci sarebbe anche una rosa di valore. Da integrare con un mercato che si preannuncia faraonico: Inzaghi infatti ha firmato per un un club dal budget infinito che ha già quasi chiuso per Theo Hernandez e punta dritto verso Éderson e Osimhen. La società di Riad, la più titolata nella storia del calcio arabo, non ha preso benissimo il secondo posto in campionato dietro i rivali dell’Al-Hittad e la vittoria della Champions asiatica da parte di un’altra squadra saudita, l’Al-Alhi. Da quelle parti si sentono storicamente i più forti e desiderano farlo vedere, tanto da aver cercato uno dei migliori allenatori in circolazione. Forse in pochi si aspettavano che Inzaghi potesse accettare, e invece è andata proprio in questo modo. Perché sentiva che il suo ciclo all’Inter era arrivato alla fine, perché non sono arrivate altre offerte interessanti (magari dalla Premier League, dove solo un grande club, il Tottenham, potrebbe cambiare tecnico), probabilmente perché l’Al-Hilal ha messo sul piatto un’offerta irrinunciabile. Forse tutto sta in quest’ultimo punto, e allora è il caso di cominciare ad accettarlo. A metabolizzare questa nuova realtà. Che piaccia o meno. 

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