Quando Cristiano Ronaldo è sbarcato a Riyad, nel gennaio 2023, l’Al-Nassr non era soltanto il club che stava portando in Arabia Saudita una delle icone più influenti della storia del calcio: diventava il simbolo di un’ambizione più grande, quella di ridisegnare la mappa del potere calcistico globale secondo i desiderata – e gli investimenti – del fondo sovrano PIF. Ma la struttura sportiva del club, come dire, non è sembrata mai davvero adatta a sostenere questa trasformazione. Anzi, si è mostrata – fin da subito – fragile e mutevole. E infatti, in questi due anni e mezzo, si sono già alternati cinque allenatori: Rudi Garcia, Dinko Jelicic, Luís Castro e Stefano Pioli – il quinto, naturalmente, sarà il suo successore. Nessuno di loro è rimasto al timone per più di una stagione. Anche Pioli è stato esonerato a meno di un anno dal suo arrivo, nonostante un contratto fino al 2027. Il saluto ufficiale è arrivato in un comunicato essenziale, accompagnato da un gesto di cortesia di Ronaldo — che su Twitter ha scritto «Grazie per tutto!» — che non cancella però la sensazione di una rottura anticipata e inevitabile.
Anche Ronaldo ci ha messo del suo, in questa girandola di tecnici. Nel senso che non sono mancati momenti di tensione con i vari tecnici con cui ha lavorato all’Al-Nassr: nella stagione 2022/23, durante l’intervallo della semifinale di King Cup poi persa contro l’Al Wehda, CR7 fu protagonista di una sfuriata contro l’ex allenatore croato Dinko Jelicic, a cui urlò in faccia tutta la sua frustrazione per la gara deludente. Luís Castro — l’unico ad aver vinto un trofeo negli ultimi tre anni, ossia una Coppa dei Campioni araba — ha parlato invece di Ronaldo in termini positivi, definendolo «una persona rispettosa, sensibile e determinata».
Tra CR7 e Pioli c’è stato un rapporto altalenante, o almeno questo è stato il racconto dato dai media: già nello scorso mese di marzo, dopo una sostituzione palesemente contestata, si era parlato di una crisi irreversibile tra il fuoriclasse portoghese e l’ex tecnico del Milan. Più o meno le stesse situazioni che si erano già verificate ai tempi di Garcia, non a caso esonerato a poco più di 60 giorni dall’arrivo di CR7. In ogni caso, ciò che colpisce non è tanto il susseguirsi di momenti di nervosismo, fisiologici in un contesto ad alta pressione, quanto l’incapacità dell’Al-Nassr di costruire una traiettoria tecnica coerente. Ogni ciclo è breve, ogni guida è provvisoria, ogni bilancio è immediato. Si cambia molto e spesso, come se l’atto del cambiare fosse già, di per sé, una risposta sufficiente alle difficoltà.
Nel frattempo, Ronaldo resta. Con i suoi 40 anni, i gol ancora decisivi e una presenza che va ben oltre il campo. Il fuoriclasse portoghese ha una centralità assoluta che, però. rischia di alimentare un paradosso: l’urgenza di costruire una squadra vincente in tempi che il calcio, per sua natura, non sempre consente. E così, più che essere il motore di un progetto sostenibile, il portoghese finisce per diventarne l’alibi o l’acceleratore dei problemi esistenti, a seconda dei punti di vista. In ogni caso, è evidente, lavorare all’Al-Nassr non deve essere facile.