Christian Horner ha lasciato la Red Bull, Max Verstappen ha vinto la guerra

L'addio del team principal è frutto di una lotta politica che va avanti da un bel po'. Ora, però, il pilota olandese si ritrova in una posizione scomoda.
di Massimiliano Cocchi
09 Luglio 2025

Succede sempre così, anche nelle dinastie più gloriose: il potere logora, l’ambizione logora, le vittorie logorano. Christian Horner è stato fatto fuori dalla Red Bull. Epurato. Congedato. Dopo vent’anni di dominio, dopo 13 titoli mondiali, di cui otto piloti (quattro con Vettel, quattro con Verstappen), dopo aver trasformato una lattina in una fabbrica di vittorie. Dopo l’architetto dei successi, alias Adrian Newey, anche il regista è stato messo alla porta. Come è stato possibile? Come siamo arrivati all’addio del genio e della mente di questo impero? È una storia che parte da lontano e in cui tutto si lega. I singoli episodi letti da soli non spiegano, visti in prospettiva sì.

L’ultimo flash, quello arrivato dal Gran Premio di Silverstone, adesso ha davvero senso. Max Verstappen durante il weekend ha usato parole ambigue, ma precise: «Mi piacerebbe fare tutta la carriera con un team», ha detto sibillino, «ma devono esserci i presupposti». Presupposti che, evidentemente, non includevano Horner. Le conversazioni tra il suo entourage e la Mercedes sono reali, confermate da più parti. E nel contratto ci sarebbe una clausola: se Max non è terzo nel Mondiale a fine luglio, può liberarsi. Red Bull ha avvertito il pericolo e ha risposto con l’atto più estremo: tagliare il suo regista pur di non perdere il suo re. Insomma, il sospetto sempre più forte è che Max abbia detto “o io o lui”. Una lotta intestina che – si sapeva – avrebbe potuto portare a delle conseguenze, ma nessuno si aspettava una decisione del genere. Non ora, non così.

Per capire questo scisma, bisogna risalire alla morte di Dietrich Mateschitz, il fondatore di Red Bull. Da lì è cominciata la guerra fredda. Helmut Marko e l’entourage di Verstappen da una parte, Christian Horner dall’altra. L’uno sciamano d’Austria e scopritore del talento di Max, l’altro comandante inglese, con visione da CEO e creatore dell’impero in F1 insieme a Mateschitz. Due filosofie incompatibili. Uno sportivo puro, l’altro un politico. Nel 2024 il primo incendio: Horner viene accusato di molestie sul lavoro da una dipendente. Emergono le fazioni. Da una parte l’erede designato di Mateschitz al fianco di Verstappen, dall’altra la parte anglo-thailandese della proprietà Red Bull, al fianco di Horner. Come in un romanzo storico, i cavalieri iniziano a disperdersi: prima il progettista Adrian Newey alla Aston Martin, poi il direttore sportivo Jonathan Wheatley in Sauber, futura Audi. L’eredità dei successi fatta a pezzi. Come se Red Bull avesse deciso di bruciare le mappe che l’avevano portata sulla vetta.

Ora è il turno di Horner con un comunicato secco, chirurgico: «Divergenze strategiche». Su di lui pende ancora il procedimento per molestie sul lavoro, perché se il processo interno a Red Bull lo ha frettolosamente prosciolto, l’iter giudiziario non si è mai concluso davvero. Un peso troppo grande da portare per un team già lacerato. La sua figura era diventata ingombrante. E poi c’era lui, Max Verstappen, il vero nodo. L’uomo che in pista lotta da solo contro un McLaren superiore in tutto, non al suo talento. L’uomo contro la macchina. L’uomo che avrebbe detto “o lui o io”.  Alla fine ha vinto Max, l’olandese ha portato a casa la resa dei conti. Horner è fuori. Spogliato. Senza più scudi, senza più protezione.

Nel vuoto di potere è entrato Laurent Mekies, classe 1977, ex Ferrari, ex Racing Bulls. Silenzioso, tecnico, strategico. L’antitesi perfetta di Horner. Un uomo da corridoio, non da podio. Diventa CEO di Red Bull Racing, mentre Alan Permane prende le redini della squadra satellite. Mekies è chiamato a rifondare senza clamore. Restano Giampiero Lambiase e Hannah Schmitz, le colonne del muretto. Sono loro lo stile Red Bull che, per ora, resiste. Ma è tutto da ricostruire.

Anche perché oggi Red Bull è quarta nel Mondiale Costruttori. Verstappen ha vinto solo due GP. McLaren vola, Aston Martin cresce con Newey, la Ferrari deve ancora sbocciare, ma è davanti. Il garage di Milton Keynes sembra un campo di battaglia, più che un box. E Max lo sa. Sa che l’aura d’invincibilità si è incrinata. Che, senza Newey, vincere è un altro mestiere. Eppure Red Bull si affida a lui. L’ultimo samurai sul ponte che brucia. La roccia attorno a cui ricostruire tutto. Ma senza Horner, senza la mente che ha tenuto insieme genio, ego e talento… Red Bull è ancora Red Bull? Oppure è diventata un contenitore di potere in cerca di anima?

Il 2025 è un anno senza rete, e si sapeva, ma con l’addio di Horner la valanga si è ingrossata, invece di fermarsi. Christian saluta, non da eroe, né da traditore, ma da sconfitto. Uno che ha vinto troppo per essere dimenticato. Uno che, comunque vada, resterà nella storia. Perché la Formula 1 non perdona, ma ricorda. La sensazione è che in questa vicenda ci abbiano perso tutti, tranne uno. Forse. Adesso la scena è tutta di Max, con tutto il peso – e la solitudine – di chi ha ottenuto ciò che voleva.

>

Leggi anche

Formula 1
Un’esperienza unica e creativa nei box della Formula Uno, con Visa Cash App Racing Bulls
La scuderia italiana sta selezionando dei creator (dj, fotografi, videomaker) che parteciperanno ad alcune delle gare del Mondiale.
di Redazione Undici
Formula 1
A Miami, nella notte italiana, Kimi Antonelli ha mostrato di essere un pilota che può prendersi la Formula Uno
La prima pole, anche se "solo" per la sprint race a Miami, è un altro segnale del suo talento.
di Redazione Undici
Formula 1
Pare che l’Arabia Saudita voglia prendersi l’Aston Martin, Verstappen e dominare la Formula Uno
Costo complessivo dell'operazione: oltre 1,5 miliardi di dollari. E il contratto che sarebbe già pronto per il pilota olandese diventerebbe il più ricco della storia del motorsport.
di Redazione Undici
Formula 1
Il week-end della Ferrari è finito come peggio non si poteva
La macchina del pilota monegasco è risultata sotto peso rispetto ai limiti consentiti, la Rossa dell'inglese aveva uno skid irregolare.
di Redazione Undici