Il prestigio calcistico in due cifre: 1 e 0. Da sempre: Pelé, Maradona, Baggio. E così continua ad essere, anche se lo sport evolve con tutti i suoi connotati. A un primo sguardo però, la maglia numero 10 riesce a mantenere il suo fascino intramontabile. Si prendano le grandi squadre: c’è l’ha Musiala al Bayern, ce l’avranno Mbappé al Real e Yamal al Barça, mentre Cole Palmer è passato dalla 20 alla 10 giusto in tempo per laurearsi campione del mondo per club con i colori del Chelsea. Ma più del valore simbolico – “È la maglia che ho sempre sognato!” –, conta soprattutto quello economico. E arrivare a indossare la dieci ormai può valere anche diversi milioni di euro.
«Oggi il personal branding è più fondamentale che mai», spiega un esperto di settore a The Athletic. «E ogni anno diventa dal 10 al 15% più importante: la maggior parte dei top player punta a essere multimediale, aprendo per esempio il proprio canale YouTube come Jude Bellingham, e anche per questo vuole un numero che ne rispecchi la personalità». E se non c’è giocatore più capace di CR7 ad aver sviluppato la propria aura attorno a un numero, per tutto il resto c’è la maglia numero 10. Sinonimo di leadership tecnica e caratteriale, fantasia e gol, in ogni caso propensione all’essere decisivi. Pilastri, modelli e superstar.
Certo, l’innesco ha sempre ha che fare con la storia, con i campioni del passato che continuano a ispirare quelli di oggi a tutte le latitudini. Poi però c’è la variabile-incassi: e vendere la propria maglia con il dieci sulla schiena ha tutto un altro valore. Tutto un altro prezzo. Poco importa che nel frattempo l’evoluzione dello sport abbia reso sempre più rari i canonici interpreti di questo numero – basta una sbirciatina all’Italia: dove sono i Baggio, i Totti, i Del Piero? Eppure il proliferare di centravanti atipici, falsi nove e jolly tattici da centrocampo in su ha paradossalmente aumentato a dismisura i potenziali indossatori.
Vent’anni fa Yamal non avrebbe mai vestito la numero 10 partendo dall’esterno. E lo stesso Mbappé, per la maggior parte della sua carriera fra i club, ha svariato dalla numero 9 alla 7 fino alle meno convenzionali 14 o 17. Eppure il fatto è questo: essere il dieci significa essere il più grande di tutti. E ora che l’estate libera gli slot – Modric via dal Real, Ansu Fati dal Barcellona – i giocatori-simbolo dei top club non possono che raccogliere il testimone. Ringraziando Messi e la sua straordinaria versatilità, che ha sdoganato praticamente qualsiasi ruolo offensivo per quel numero tanto ambito. Prima di lui il dieci era il dieci. Adesso disegna il gioco, lo controlla, scatta, dribbla o segna. Basta essere campioni, poi entra in gioco il marketing.