Per l’Italia, l’orologio del Cappellaio Matto ha segnato i minuti: i minuti finali e spesso fatali per le Azzurre, che anche nel momento più importante – quando erano ormai a un passo da un territorio mai esplorato prima, una vera e propria tana del Bianconiglio – si sono fatte riprendere. Nel modo più crudele possibile. Era il penultimo minuto dei tempi supplementari, l’Inghilterra – campione all’ultimo Europeo – ha trovato e siglato il rigore-gol del vantaggio dopo aver trovato il pareggio al minuto 94′ del tempo regolamentare. Se contiamo anche l’1-1 nei gironi con il Portogallo, arrivato al 90esimo, fanno due grosse porte girevoli tra una bell’avventura e il viaggio più epico di sempre. Strani segni del tempo di un Europeo vissuto quasi senza tempo, sospese in una bolla di entusiasmo che aveva avvolto la spedizione italiana e stava facendo compagnia a un Paese intero. Sì, perché esattamente come per il Mondiale 2019, in cui la Nazionale si era fermata ai quarti, queste ragazze ci hanno permesso di rivivere le stesse vibrazioni di un (grande) Europeo o di un (grande) Mondiale maschile. Magari l’meno impatto sul grande pubblico è stato inferiore, ma non per questo meno importante, meno significativo. Soprattutto per il futuro del movimento
Intanto resta tutto questo. Poi restano le immagini: il viso tra lo sgomento e l’attonito della capitana Cristiana Girelli subito dopo l’1-1 di Agyemang, perfettamente consapevole che a quel punto sarebbe stato quasi impossibile capovolgere di nuovo la partita. Resta il sorriso esterrefatto di Barbara Bonansea, talmente grande da sorreggere il suo gol per tutto il secondo tempo nonostante l’assedio delle inglesi. In un altro contesto, ha riportato delle piccole reference di quello di Tardelli nella finale del mondiale ’82, quantomeno per genuinità. Resta la grande prestazione di Linari, che ha guidato una fase difensiva applicata e ordinata. Resta la sensazione di essersi giocati il match fino in fondo, alla pari, di aver spaventato una delle tre Nazionali più forti del pianeta. Resta il rimpianto che, se fosse girato a favore qualche episodio in più, come la grande chance avuta da Severini prima del pareggio delle inglesi, si poteva davvero centrare l’impresa.
Intendiamoci: l’Inghilterra ha meritato l’accesso alla finale. L’Italia nel secondo tempo si è solo difesa, faticando a uscire e ripartendo con qualità in una sola occasione, il tiro centrale di Cantore. Analizzando il livello tecnico, di formazione e di esperienza delle due squadre, però, sulla carta non ci doveva essere partita. Troppo più forti, più scafate, le Lionesses. E invece la partita c’è stata eccome, l’Italia è riuscita a sfruttare al massimo la sua skill più mortifera: la gestione del pallone in transizione. Soprattutto nel primo tempo, in contropiede le azzurre non hanno quasi mai sbagliato, cosa che invece è capitata spesso, specie all’inizio, in costruzione. Il forte pressing dell’Inghilterra è stato stanato dalla qualità in uscita. Nella ripresa, con le squadre più stanche, l’accuratezza nelle giocate è diminuita e si è giocato a una porta sola, quella di (un’ottima) Laura Giuliani.
Resta poi anche un’altra istantanea. Quella del ct Soncin che, alla rete di Girelli nei quarti contro la Norvegia, all’ultimo minuto, era corso verso la capitana gettandosi sulle ginocchia. Ieri sera dopo il 2-1 su rigore era una sfinge. Forse il più disperato di tutti. Lui che aveva preso un mano un gruppo che quasi non si guardava più negli occhi dopo gli strascichi polemici del mondiale con l’ex ct Bartolini e ne ha fatto una squadra unita. che balla e canta insieme con le casse bluetooth, che durante gli allenamenti vuol fare tutti gli esercizi insieme, che spinge Elena Rosucci, l’ultima delle escluse dalla competizione, a rimanere in Svizzera e tifare per le compagne, con tanto di maglia celebrativa.
La sintesi della partita
È da questi elementi che dovrebbe ripartire Soncin. Dal fatto, che con la giusta applicazione e il giusto spirito, ci si può sedere al tavolo più importante. Magari il portfolio tecnico sarà un po’ meno ricco rispetto all’Inghilterra, o alla Spagna, ma di sicuro non mancano le sezioni “cuore”, “grinta” e “coraggio”. Restano infine anche i rimpianti, perché con un filo di concentrazione in più le Azzurre sarebbero arrivate in finale. Il rigore concesso all’Inghilterra, realizzato in due tempi (dopo la respinta di Giuliani) assomiglia molto a quello regalato alle norvegesi nei quarti e poi sbagliato da Hegerberg. Se imposti una piano gara con una difesa del genere, poi devi essere perfetto. E l’Italia non lo è stata. Perfetta per vincere no, ma perfetta per i tifosi, sì. D’altra parte in queste lunghe estati abbiamo bisogno di riascoltare quelle vibrazioni.