Non sempre basta l’alta classifica. A Strasburgo il calcio sta vivendo una delle migliori congiunture della sua storia recente: settimo posto in Ligue 1, 56 gol segnati e inedita qualificazione in Conference League. Reazione della piazza? Protesta su larga scala. Perché dietro l’exploit degli azzurri, ci sarebbero le fortune dei Blues. Cioè la proprietà del Chelsea, che detiene la maggioranza anche della squadra francese e che di fatto – è questa la dinamica che ai tifosi alsaziani proprio non va giù – la gestisce come una sorta di development team del ben più blasonato club di Londra. Una sessione di calciomercato alla volta.
Il filotto di operazioni tra le due società, in effetti, è notevole: il terzino inglese Samuels-Smith, il portiere belga Mike Penders, i francesi Mathis Amougou e Mamadou Sarr – rispettivamente centrocampista e difensore. Tutti in prestito dal Chelsea allo Strasburgo, o comunque spediti in Francia con formule contrattuali che garantiscono ai Blues diritti di recompra e percentuali sulle future cessioni. L’ultimo della lista è il 18enne Kendry Páez, già incoronato “il Messi ecuadoregno” da un veterano del calcio locale come Carlos Tenorio. Insomma, la classica scommessa per l’avvenire che dovrebbe far sognare i tifosi. Che invece insorgono, perché anche lui arriva a titolo temporaneo dal Chelsea – pronto a richiamarlo alla base in caso di prematuro exploit sul campo. Come se il Racing fosse una succursale, una squadra B fatta di riserve.
Poco importa, dunque, che lo Strasburgo – grazie alla facoltosa proprietà targata BlueCo – sia oggi l’unica francese fra i primi venti club al mondo per spese sostenute in questa sessione di calciomercato (circa 87 milioni di euro). «Come dimostrano molte cessioni recenti, è chiaro che non stiamo vendendo sul libero mercato ma all’interno della stessa azienda», accusa la fan base del Racing, con particolare riferimento al trasferimento di Sarr ai Blues, e subito rigirato in prestito allo Strasburgo. «Stiamo facendo tutto a vantaggio del Chelsea».
Le proteste, che in realtà vanno avanti da diversi mesi, hanno contribuito a porre l’enfasi sulla particolare situazione societaria, con UEFA e Premier League già all’opera per monitorare che questo tipo transazioni avvengano nel rispetto del fair play finanziario. Siamo all’ennesimo caso recente di multiproprietà, non il primo sull’asse Premier-Ligue 1 con annesse problematiche per la controparte più fragile – vedere il cortocircuito multiplo fra Crystal Palace e Lione. C’è poi un secondo aspetto più difficilmente verificabile: la crescita patrimoniale del club francese, che a dispetto di un gran luccichio di risultati nel breve termine rischia di vedersi sottrarre valore nel medio-lungo. Mentre il Chelsea rischia poco o nulla. E per questo, allo stadio della Meinau s’è smesso di cantare.