L’arrivo di Darwin Núñez all’Al Hilal per una cifra che superiore ai 46 milioni di sterline segna un altro colpo di scena nella strategia dei grandi club arabi, sempre più decisi a stravolgere gli equilibri del calcio mondiale. L’attaccante uruguaiano, ai margini del Liverpool campione d’Inghilterra, ha scelto l’Arabia invece di proseguire la carriera in Europa, dove comunque aveva delle offerte, tra cui, in Italia, Milan e Napoli. Una scelta significativa, perché mentre l’Al Hilal festeggia, le conseguenze dell’operazione rischiano di pesare su un altro club della galassia saudita: il Newcastle. Ok, ma che correlazione c’è tra due società che distano quasi 7000 km tra loro?
Semplice, uno dei più strani incastri di mercato possibile. L’uscita di Núñez lascia un buco nell’attacco dei Reds che devono trovare un sostituto. L’obiettivo è Alexander Isak, punta proprio del Newcastle. Un’offerta da 110 milioni di sterline è già stata rifiutata, ma con l’incasso appena ricevuto, dalla Merseyside potrebbero rilanciare. E se ciò accadesse, il Newcastle, già alle prese con limiti imposti dal PSR (Profit and Sustainability Rules), il Fair Play finanziario della Premier, si troverebbe in una posizione delicata.
Il paradosso è evidente. PIF, il fondo sovrano saudita proprietario del Newcastle, sta fornendo indirettamente liquidità a una squadra che potrebbe sottrargli la sua stella. Dal 2021, il Public Investment Fund (PIF) ha acquisito il Newcastle e, parallelamente, i quattro club principali della Saudi Pro League: Al Hilal, Al Nassr, Al Ahli e Al Ittihad. Attraverso queste squadre ha speso oltre 500 milioni di sterline in acquisti da team di Premier League spesso rivali dirette del Newcastle, come Chelsea, Aston Villa e Manchester City. Nel solo caso del Chelsea, le vendite di Mendy (all’Al Ahli), Koulibaly (all’Al Hilal) e Angelo Gabriel (all’Al Nassr) hanno fruttato oltre 55 milioni, alleggerendo il bilancio dei Blues in momenti chiave per la loro sostenibilità finanziaria. L’ Aston Villa ha incassato 115 milioni con le partenze di Diaby e Duran, il City, grazie alle cessioni di Mahrez, Laporte e Cancelo, ha ricavato altri 75 milioni. Il Newcastle, invece, ha venduto solo Saint-Maximin in Arabia, all’Al Ahli per 19 milioni.
Nonostante l’ambizione iniziale legata all’acquisizione del club inglese, i Magpies non sembrano il progetto prioritario di PIF. Secondo Simon Chadwick, professore di economia geopolitica dello sport alla Skema Business School, intervistato da The Athletic, «il focus della strategia nazionale saudita è rivolto ai club in patria e alla preparazione del Mondiale 2034. Newcastle è parte della famiglia, ma non è il parente più importante». In effetti i numeri non mentono. Da quando il PIF ha preso il controllo dei club sauditi, l’Al Hilal ha speso circa 490 milioni e il neopromosso Neom FC, quinta squadra nella galassia saudita, ha già investito quasi 80 milioni in questa finestra di mercato.
A differenza di altri gruppi multi-club, come il City Football Group, che agiscono con una gerarchia chiara per supportare un club principale, dal Manchester City in giù, PIF opera in modo atipico. I suoi investimenti non sono mirati a rafforzare il Newcastle, ma a sviluppare la Saudi Pro League e ottenere successo internazionale per i club sauditi, in vista del grande obiettivo fissato dalla macchina di sportswashing del Paese, il Mondiale 2034 che si giocherà nella penisola. L’acquisto di Núñez è solo l’ultimo esempio di come l’Al-Hilal in primis, ma in generale tutti i club arabi, puntino in alto. Da questo punto di vista la buona figura rimediata al Mondiale per club dalla squadra di Inzaghi, capace di eliminare il City fermandosi ai quarti contro il Fluminense, non può che essere un’iniezione di fiducia per tutto il movimento. Eppure il progetto del fondo pare davvero a doppio taglio, quanto meno per il Newcastle. La partenza di Isak non farebbe che confermarlo.