Il tema della sponsorizzazione delle aziende di betting nel calcio ha avuto un impatto enorme in Italia, tanto da costringere il governo, allora guidato dal Movimento 5 stelle, ad intervenire nel 2018. Nel Decreto Dignità si vietava ogni tipo di partnership, per non incentivare, anche indirettamente, alla pratica del gioco d’azzardo. Un provvedimento che è rimasto sempre indigesto al calcio italiano, perché significava rinunciare a circa cento milioni di euro di introiti tanto che nell’ultima riforma dello sport voluta dal Senato e dal ministro Abodi si punta alla cancellazione di quel divieto. Ma se nel nostro Paese la situazione non è ancora stata definita c’è un posto nel mondo in cui gli sponsor legati alle scommesse sportive sono talmente visibili da essere diventati un problema.
Si tratta della Colombia, dove 19 delle 20 squadre della prima divisione calcistica portano sulla maglia lo sponsor di un’agenza di betting. Come analizzato da El Pais, né la División Mayor del Fútbol Colombiano, responsabile delle competizioni nazionali, né la FIFA sono riuscite a proteggere lo sport dall’ondata delle scommesse. Basti pensare che anche la Serie A colombiana è sponsorizzata BetPlay, casa di scommesse nazionale. Nel 2024, il settore del betting ha rappresentato lo 0,18% del PIL colombiano, rientrando in una categoria statistica ufficiale più ampia chiamata “attività artistiche”, ormai una delle grandi leve economiche del Paese. Per questo motivo, l’ingresso nel calcio professionistico è stato un processo rapido.
In Colombia i club non hanno la forza economica per rinunciare ai ricavi milionari derivanti da questa fonte e il parlaamento non ha legiferato. Si stima che BetPlay versi ogni anno oltre 10 milioni di dollari alla lega e ai tornei locali per garantirsi il predominio pubblicitario. L’unico club che resiste, come un baluardo, è l’Águilas Doradas de Itagüí. Mentre nelle grandi leghe internazionali le autorità hanno iniziato a vigilare già nel 2010, in Colombia il fenomeno ha cominciato a prendere piede solo nel 2015.
Il rapporto tra scommesse e calcio è problematico ovunque. Il mondo dello sport è stato più volte travolto da scandali legati al presunto illecito di combine. E questo ha raggiunto anche altre categorie. Quest’anno, ad esempio, l’attenzione si è concentrata sul campionato femminile dopo le rivelazioni dell’ex allenatrice del Junior de Barranquilla. L’allenatrice Yinaris García ha denunciato pubblicamente sui social, lo scorso maggio, che sette sue giocatrici avrebbero truccato delle partite, commettendo errori per favorire le avversarie, causando rigori, subendo gol volontariamente e adottando altri comportamenti antisportivi, presumibilmente legati al mondo delle scommesse digitali. A sostegno delle sue accuse, García ha fornito screenshot di conversazioni private su WhatsApp, in cui le sue atlete avrebbero concordato in anticipo il risultato di una partita persa con una goleada contro l’Independiente Santa Fe.
Negli ultimi due anni, la squadra di Barranquilla (soprannominata “tiburón”, lo squalo) ha avuto la sponsorizzazione di Wplay prima e ora di BetPlay. Nessuna delle due piattaforme è stata direttamente collegata allo scandalo, ma la loro onnipresenza nelle competizioni locali alimenta un effetto specchio di fronte a denunce e sospetti crescenti nei media. Solo alla fine del 2024, mentre si avvicinava la finale del torneo, erano già emerse una serie di denunce per presunte combine da parte di giocatori di club come Envigado, Boyacá Chicó e Patriotas.
Le piattaforme, potenziate da algoritmi e pubblicità mirata, sono ormai associate a un problema di salute pubblica e al crescente aumento di casi di ludopatia. Oggi infatti si può giocare direttamente con lo smartphone, aprendo un conto on line. Sono cresciuti poi anche gli aspetti su cui puntare, come il numero di cartellini gialli per partita, i calci d’angolo o i falli commessi. Ed è proprio da questo punto di vista che il problema si è aggravato.
Nel 2024, giocatori di squadre come Boyacá Chicó (targata Wplay), Envigado (BetPlay), Fortaleza (Stake) e Patriotas (Wplay) sono stati coinvolti in casi di possibili scommesse illegali. Anche alcuni arbitri sono stati toccati da queste vicende. In Colombia il settore delle scommesse online è composto da una quindicina di società, ma dominato da tre grandi nomi: BetPlay si è presa il 60% dei ricavi, WPlay il 15% e Rushbet l’altro 15%. Le zone d’ombra di certo non mancano. I contratti di partnership, infatti, non sono regolamentati in modo preciso e non esiste una normativa specifica.