Il Canale della Manica non è mai stato così calcisticamente trafficato. Soprattutto lungo la traiettoria Londra-Parigi: oggi, per la prima volta, nel massimo campionato francese militano abbastanza giocatori inglesi da poterli schierare in una formazione completa – chiudendo un occhio sui ruoli, ma tant’è. Ben undici, fintanto che Jonathan Rowe fa ancora parte del Marsiglia – l’attaccante classe 2003 è in trattativa avanzata per sostituire Ndoye al Bologna. Una lunga serie di coincidenze? Decisamente no, si rallegrano in Francia. Perché per il torneo meno ambito dei top cinque europei, accogliere gli esuberi della Premier League rappresenta comunque un ottimo volano di sviluppo.
Non è un caso, fa notare L’Équipe, nemmeno che in Premier ci sia sempre meno spazio per gli inglesi: rappresentano soltanto il 24,5% dei calciatori schierati in campo in questo avvio di stagione. Perché tra Manchester e Londra si alza ogni anno di più il livello della competizione, del potere di mercato e dei talenti da sfoggiare in quella che rappresenta la vera Superlega del continente. Ne consegue che i professionisti britannici in parte ne beneficiano, soprattutto i campioni già affermati. Ma tutti gli altri – gregari, ragazzi in rampa di lancio e veterani a fine carriera – il minutaggio si sta progressivamente riducendo. La Ligue 1 è al contempo un campionato di prossimità, senza particolare appeal tecnico o mediatico, ma molto fisico e adatto a chi cerca uno step intermedio per giocare con continuità in vista di un eventuale ritorno in Premier.
Certo, poi ogni giocatore ha una storia a sé. Dai giovani Amo-Ameyaw e Samuels-Smith, nuovi punti di riferimento dello Strasburgo (che è di proprietà dello stesso fondo del Chelsea, va ricordato). Fino alla riscossa di Mason Greenwood, che al Marsiglia è in ottima compagnia di connazionali – oltre a Rowe, anche Angel Gomes e CJ Egan-Riley: chiamatelo effetto De Zerbi. “La Premier League e la Championship hanno caratteristiche molto simili alla Ligue 1 in termini di impegno fisico, ritmo e intensità”, aveva dichiarato l’ex allenatore del Brighton. “Quando arrivano, i giocatori inglesi sono generalmente pronti per la Ligue 1: non sentono la differenza”. È la stessa filosofia adottata anche dal Lione, che vanta tra le sue file un altro terzetto del calcio di Sua Maestà (Morton, Gomes Rodriguez e Maitland-Niles). Senza contare la suggestiva avventura di Eric Dier al Monaco, con tanto di debutto con gol, dopo una vita al Tottenham e la scorsa annata al Bayern. Insomma, se tre indizi fanno una prova, in Francia c’è l’imbarazzo della scelta.
E questo trend potrebbe essere soltanto all’inizio. Basti pensare che dell’Inghilterra Under 21 campione d’Europa in carica, quattro giocatori si sono ritrovati costretti a cercare altre soluzioni all’estero visto il poco spazio che avrebbero avuto in Premier. Così hanno scelto la Ligue 1, e presto potrebbero ricevere ulteriore compagnia: perfino Kobbie Mainoo, talentuoso 20enne del gruppo, non rientra nei piani tecnici del Manchester United. Fosse capitato un decennio fa – come nel caso di Jadon Sancho, emigrato giovanissimo dal City al Borussia Dortmund prima di tornare in patria, da fuoriclasse e a suon di milioni –, magari la destinazione prioritaria avrebbe avuto altre caratteristiche (e comunque anche Liga, Serie A e Bundesliga rappresentano valide alternative: in questo 2025/26 vi militano 20 giocatori inglesi). Oggi però l’appeal è tutto al di là della Manica. Una sorta di succursale della Premier League, che sta benissimo sia alla Francia sia all’Inghilterra.