Cole Palmer ha registrato il brand “Cold Palmer” per commercializzare prodotti col suo suo nome, ma un’azienda vinicola di Bordeaux gli ha fatto causa

Château Palmer sta cercando di bloccare la commercializzazione di un vino "Cold Palmer, e non è difficile intuire perché.
di Redazione Undici 21 Agosto 2025 alle 10:54

Cole Palmer non è solo un calciatore professionista: è diventato un brand, letteralmente, grazie a una grande intuizione – quella di immaginare e di proporre con continuità l’esultanza trademark “Cold Palmer” – e alla scaltrezza che ha avuto nel registrarla come marchio. Il fatto che sia anche un ottimo giocatore, per non dire un campione, ha chiuso il cerchio, nel senso che l’ha aiutato tantissimo. E così l’intera operazione è diventata una strategia commerciale raccontata e anche apprezzata su scala globale, in attesa di verificare quali possano essere gli sviluppi pratici – banalmente: quali sono i prodotti “Cold Palmer” che saranno creati. C’è qualcuno, però, che non ha preso benissimo la cosa: si tratta un’azienda vitivinicola di Bordeaux che ha già intentato un’azione legale nei confronti del giocatore del Chelsea. E basta scrivere il nome di questa azienda, Château Palmer, per capire il motivo di questa causa.

Ma andiamo con ordine: tra i prodotti che Palmer ha inserito nel progetto quando ha registrato il suo marchio, si legge sul tabloid Sun, ci sono anche «bevande alcoliche, bevande alcoliche alla frutta, bevande alcoliche premiscelate, vini, superalcolici, liquori, bevande energetiche alcoliche, bevande a basso contenuto alcolico, nessuno dei suddetti, compresi i vini conformi alle specifiche della DOP Champagne». Inevitabile, a questo punto, che Château Palmer si interessasse alla vicenda. Di fatto, o quantomeno potenzialmente, Cole Palmer stava fondando un’altra azienda vitivinicola con un nome pressoché identico a quella con sede a Bordeaux. Da qui si arrvia infine all’azione legale, che ha già portato l’Ufficio Governativo per la proprietà intellettuale ad ascoltare entrambe le parti in causa prima di esprimersi. Il pronunciamento dovrebbe arrivare nelle prossime settimane.

C’è da dire che, in questa vicenda, Cole Palmer è stato piuttosto sfortunato. Perché, molto semplicemente, il suo nome coincide con quello di una grande azienda che opera nello stesso segmento in cui avrebbe voluto entrare lui. E il bello è che in realtà la nomenclatura “Palmer” non è nemmeno quella originaria: fino al 1814, infatti, il vigneto si chiamava Château de Gascq; in quell’anno, però, la vedova dell’ultimo erede dei Gascq, Madame Marie Bumet de Ferrière, vendette la proprietà (in cambio di 100mila franchi) a un soldato inglese, il generale Charles Palmer. Che, dopo essersi ritirato dalla vita militare, investì molti soldi nell’azienda, acquisendo ulteriori terreni e creando strutture per la produzione del vino. Col tempo l’assetto proprietario è cambiato molte volte, dal 2004 il brand è gestito da Thomas Duroux, ma la ragione sociale è rimasta la stessa. Ed è così che la corrispondenza praticamente assoluta con “Cold Palmer” ha portato a una bizzarra, ma inevitabile, controversia legale.

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