Essere – una provinciale – o non essere – una provinciale – questo è il dilemma. Il Parma Calcio 1913, noto a tutti come Parma, vive da trent’anni abbondanti questo dilemma amletico e shakespeariano, stritolato dentro una storia esaltante e dolorosa, gloriosa e contraddittoria, vincente ma anche fallimentare nel vero senso della parola. Il Parma ha ottenuto quattro titoli continentali (due Coppe UEFA, una Coppa delle Coppe, una Supercoppa Europea), è la quarta squadra italiana più vincente in Europa dietro solo a Milan, Juventus e Inter (da solo ha vinto la somma dei titoli europei di Roma e Lazio, per dire), eppure è stata promossa per la prima volta in A nel 1990 e solo dieci anni fa chiudeva al primo posto il girone D della Serie D davanti all’AltoVicentino e al Forlì, un campionato in cui era sprofondato dopo il doloroso crack della gestione Ghirardi. E allora cos’è il Parma? Chi è il Parma?
Prima di tutto, una squadra con uno stadio in pieno centro, un aspetto fondamentale del legame tra squadra e città. Il calcio moderno esige e pretende stadi in periferia, abbracciati a centri commerciali e raggiungibili sì dai mezzi pubblici ma anche e soprattutto dalle automobili stipate in parcheggi multipiano. Il Tardini di Parma non è niente di tutto questo e ogni due settimane per tutta la stagione il centro città diventa una sfilata di sciarpe e maglie che arrivano a piedi, in bicicletta o al massimo con dei bus navetta. Lo stadio non deve essere per forza comodo o funzionale e non deve sempre vendere hamburger, patatine o articoli da regalo, a volte basta solo che rimanga l’unico luogo in cui essere, ogni prossima domenica. L’affezione dei tifosi del Parma e di Parma al Parma passa anche da queste passeggiate e questi giri in bicicletta a sperare di vincere, o almeno pareggiare.
L’attaccamento non è mai mancato in questi anni, neanche in Serie D con oltre 10mila abbonamenti venduti per la stagione 2016/2017. Il Parma si è tolto di mezzo dai dilettanti come mai nessuno nella storia con una scalata da quattro promozioni in quattro anni fino alla Serie A. La sua prima giovanissima promozione nella massima serie invece è arrivata per la prima volta solo il 27 maggio del 1990 con una storia vittoria 2-0 nel derby caldissimo contro la Reggiana. Il Parma dunque è una squadra vincente ma anche giovanissima e ha vissuto gli ultimi 35 anni a un’intensità di alti e bassi mai visti in Italia. Questo incubatore di vittorie e di cadute ha creato una generazione cresciuta tifando Parma e solo Parma, un dettaglio che fa la differenza nella provincia italiana molto spesso abituata ad affiancare il tifo per le squadre della città a quello per le strisciate vicine e lontane.
Le cicatrici più importanti della storia del Parma sono i due crack finanziari che hanno portato a due fallimenti (ce ne fu uno anche alla fine degli anni Sessanta), diversissimi per esiti, forma e ricadute sulla città. Il crack Parmalat ha avuto conseguenze devastanti sul tessuto cittadino con imprenditori e famiglie che hanno perso risparmi di una vita e lavoro. Dal punto vista calcistico, il Parma di Tanzi è arrivato all’apice della sua storia con vittorie incredibili e giocatori tra i più iconici della storia del campionato italiano come Buffon, Thuram, Zola, Veron, Crespo, Asprilla e tanti altri. La stagione in cui tutto precipitò, i gialloblù si sono salvati in Serie A allo spareggio salvezza contro il Bologna raggiungendo allo stesso tempo la semifinale di Coppa UEFA con il CSKA Mosca. La testa e il cuore di ogni tifoso sono diversi da quelli di un individuo razionale e allora – estremizzando – si può anche arrivare a dire che in qualche modo ne è valsa la pena.
Discorso molto diverso per la gestione Ghirardi che ha trascinato il Parma di nuovo al fallimento ma lo ha portato in Serie D senza raggiungere mai i fasti del passato. Il Parma di Alberto Malesani – a lungo, prima dell’Atalanta l’ultima squadra italiana a vincere la fu Coppa UEFA – ha vestito fior fior di campioni e lo stesso ha fatto il Parma di Nevio Scala, eppure tra la tifoseria parmigiana gli uomini da ricordare rimangono sempre due, più di tutti gli altri. Capitan Lorenzo Minotti e capitan Alessandro Lucarelli, due difensori, due giocatori d’ordine, due guide che hanno accompagnato il Parma in epoche totalmente diverse. È il segno tangibile e potente che in Emilia si bada al sodo e sempre al sodo.