Girata-lampo delle sue, da rapinatore d’area quale ci ha sempre abituato. E così Olivier Giroud conquista anche il suo nuovo pubblico: prima da titolare in casa et voilà, primo gol davanti ai tifosi del Lille in pieno recupero. Braccia aperte, corsa liberatoria, linguaccia dell’attaccante che sa di averla combinata grossa – cioè giusta, perché la rete vale tre punti pesanti contro il Monaco. L’ex rossonero avrebbe perfino potuto calare il bis, presentandosi sul dischetto al 98′. Ha calciato in curva, malissimo, ma di questo non se ne ricorderà nessuno. Perché dopo la sfortunata parentesi americana, Olivier è di nuovo al centro del villaggio. E del calcio che conta.
Come al solito – perplessità protrattasi erroneamente anche ai tempi del Milan – la carta d’identità inganna. A settembre l’attaccante di Chambéry compirà 39 anni. Eppure si ritrova di nuovo protagonista in Ligue 1, a più di 13 dall’ultima volta: correva il 2011/12 e all’epoca, da giovane capocannoniere, fu l’eroe dell’inatteso Montpellier campione di Francia. Torna in patria dopo una vita e una valanga di gol (quasi 200 tra Arsenal, Chelsea e Milan), da campione del Mondo e primatista assoluto della Nazionale transalpina. Ma se a Giroud andava concesso di diritto lo stato di assoluta celebrità, lo stesso non era scontato affermare dal punto di vista tecnico. Soprattutto per il Lille, che ha salutato un talento emergente come Jonathan David in direzione Juve per ripiegare su un veterano. Eppure il club l’ha voluto con notevole convinzione. Sia per l’apporto in spogliatoio, come collante di esperienza e leadership, sia per la sua chirurgica lettura dell’area di rigore. Che mai si disimpara.
Così Giroud ha risposto presente, arrivando ai nastri di partenza in forma notevole. Prima del gol-partita contro il Monaco aveva già trovato la rete al debutto assoluto, in casa del Brest. E contando anche le amichevoli prestagionali, il filotto diventa di quattro gare consecutive a segno – per cinque centri totali. L’inizio col botto di chi ha voglia di riprendersi tutto. A cominciare dal calcio: il biennio americano a Los Angeles era stato un mezzo fiasco, una disavventura di periferia. Giroud a subire le caratteristiche di quel mondo – a partire da un calendario diverso, con diverse esigenze di preparazione fisica – e la squadra poco incline a valorizzarlo. Anche le crude statistiche (5 gol in 34 presenze in California) hanno tracciato la nota stonata di una carriera altrimenti da dominatore (343 in 854). Oppure la fisiologica fine di un campione.
Ebbene, l’inizio col botto in quel di Lille vuole dire a tutti che non è affatto così. Che Olivier fa ancora parte del calcio. E che non ha mai smesso di farlo, soprattutto nella sua declinazione più ambita: europea, stellare, competitiva. Attaccanti come l’ex 9 del Milan devono sentire l’odore della sfida, per continuare ad azzannarla un pallone alla volta. I primi due sono già finiti in fondo al sacco. Ma l’annata è lunga, le energie andranno centellinate. Anche perché l’estate prossima si gioca un altro Mondiale: Giroud ce farà ancora una volta, nonostante la recente chiusura ai Bleus? Chiedere ai tifosi del Lille, di settimana in settimana, e poi vediamo.