Nel Barcellona c’è qualcosa che non sta funzionando, e Hansi Flick se n’è accorto immediatamente. Dopo il pareggio con il Rayo Vallecano nella terza giornata di Liga, il tecnico ha chiuso i giocatori nello spogliatoio per esternare tutte le proprie preoccupazioni. Poi ha detto ai giornalisti: «Non c’è spazio né tempo per l’ego in questa squadra. La scorsa stagione siamo stati così forti perché abbiamo lavorato, giocato e pensato come un unico corpo, e così dobbiamo comportarci se vogliamo arrivare agli obiettivi che ci siamo posti». Impossibile non pensare che, al chiuso dello spogliatoio, il discorso del tecnico tedesco sarà stato decisamente più furente. Il fatto che tutto questo sia successo alla vigilia del break internazionale, quindi dalla partenza della maggior parte dei giocatori blaugrana per giocare con le rispettive rappresentative, ha finito per accentuare la sensazione di alta pressione: il bombardamento di domande nei confronti dei calciatori è iniziato in poche ore, Pedri – dopo una domanda diretta – ha detto che non sa a chi si riferisca il proprio tecnico e di chiedere maggiori delucidazioni a lui, Yamal ha sottolineato come una prestazione sottotono possa capitare, che l’importante è ritrovare il ritmo dell’anno passato e che non c’è alcun dramma in corso.
E allora perché Flick ha scelto di rendere pubblico il suo malcontento proprio in questo momento? Un’ipotesi porta al famoso Entorno, termine inventato da Cruijff e chiamato in causa anche da Xavi nel corso della sua avventura sulla panchina del Barça: si tratta di una sorta di rumore, un rumore costante e incessante che cresce intorno alla squadra in tutte quelle istituzioni e in tutte quelle realtà che gravitano intorno al Barcellona, appunto, e che dal club linfa vitale per continuare a prosperare. Il riferimento va a giornali, giornalisti, opinionisti, influencer, tifosi, e a piattaforme come televisioni, account di social media, agenti, famiglie e amici degli amici. Un coacervo di opinioni, idee, speranze, passioni e pressioni che si addensano tutte sulla squadra. E che di fatto si muovono anche dentro alla società, con l’obiettivo di guadagnare influenza politica dentro una squadra dirigenziale che si rinnova di elezione in elezione.
Un ambiente del genere è decisamente poco d’aiuto, a maggior ragione quando si tratta un club di fama e ambizioni internazionali, i cui obiettivi economici e sportivi vanno di pari passo. Insomma, un caos incredibile che ha reso la vita complicatissima ai tecnici del Barça, come spiega The Athletic in questa lunga – e documentata – ricostruzione storica. Flick ha sempre cercato di distanziarsi da tutto questo, anche attraverso i risultati. Ora, però, sembra che anche l’allenatore tedesco stia iniziando ad accusare un po’ le pressioni. E quindi si è convinto che le cose debbano cambiare, che sarebbe opportuno cambino immediatamente. Il tecnico si riferisce ad alcuni atteggiamenti passivi e indolenti che sono emersi durante le prime tre gare di Liga: a Maiorca, con il risultato fisso sullo 0-2, il tecnico tedesco ha dovuto ringhiare per ottenere l’applicazione delle sue idee tattiche ed evitare che i suoi si rilassassero troppo. Contro il Levante, la settimana successiva, la vittoria è arrivata addirittura in rimonta, dopo un parziale 2-0 per i padroni di casa. Una tendenza che a Madrid, contro il Rayo Vallecano, ha portato al primo passo falso stagionale: un pareggio che ha allontanato il Barça dalla vetta e fatto infuriare il loro allenatore.
Per Flick il problema è l’atteggiamento, una visione di collettivo un po’ annacquata rispetto alla stagione scorsa. Secondo i giocatori, invece, è tutta questione di ritmo e di intensità: la stagione è appena iniziata, non serve spingere al massimo fin da subito. Il problema, paradossalmente, è che il Triplete domestico della scorsa stagione – il Barça ha vinto Liga, Copa del Rey e Supercoppa di Spagna – ha aperto le porte ad ambizioni sempre più grandi. Ambizioni che, per diventare realtà, richiedono costanza e dedizione da parte di tutti. E qui il discorso sportivo diventa centrale: subito dopo la sconfitta contro l’Inter in finale di Champions, Flick ha iniziato a lavorare alla costruzione della sua seconda stagione in blaugrana. La più difficile in assoluto a detta di Johan Cruijff, perché l’entusiasmo iniziale si è ormai esaurito e lo spazio è occupato solamente dalle ambizioni e dalle aspettative dei tifosi, del club, dei giocatori. E del famoso entorno, naturalmente.
Il problema è che, una volta partito Inigo Martinez, Flick è alle prese con la ricostruzione di una difesa che la scorsa stagione ha concesso ben 39 gol in Liga, e ha chiuso la Champions League subendo sette reti in due partite dal’Inter. Oltre alla difesa c’è poi da aggiustare qualche altra cosa: la transizione in atto tra Robert Lewandowski e il futuro centravanti, che a oggi potrebbe essere Ferran Torres, l’impatto di Marcus Rashford sul tridente offensivo e lo stato fisico di Gavi, ancora infortunato e di difficile collocazione tattica. Tutti piccoli aggiustamenti, giri di vite, cardini da oliare, cose che di solito si fanno nel corso della stagione e che vengono facilitate da un atteggiamento positivo e propositivo dei giocatori più importanti. Per questo Flick ha voluto un confronto immediato, lasciando dieci giorni ai giocatori per digerire le sue parole. E per capire che, se vogliono entrare davvero nella storia, devono cambiare marcia. Fin da subito.