Nell’Italia di Gattuso non c’è ancora niente di logico, ma per il momento va bene così

In questo momento non c'è da fare tanto gli schizzinosi, ma il passo indietro degli Azzurri (almeno rispetto alla gara contro l'Estonia) è piuttosto evidente,
di Redazione Undici 09 Settembre 2025 alle 00:44

Più che per la palpitante altalena di gol, molto più che per quella, Israele-Italia 4-5 verrà ricordata per il modo in cui si è svolta. Un senso di smarrimento e di incredulità per l’andamento della gara, prima ancora che per le dimensioni semipallanuotistiche del punteggio, si è fatto percepire fin dai primissimi minuti di gioco, ovvero fin da quando Israele – una squadra assemblata in modo lineare, senza grandi picchi di tecnica ma che trasudava una ferrea applicazione e una certa freschezza – ha cominciato a fare a fette il pressing zoppo dell’Italia di Gattuso. Che, tanto per chiarire subito la situazione, ha iniziato il match di Debrecen schierandosi con quattro difensori, tre centrocampisti centrali, un esterno destro d’attacco e due punte centrali. Più un portiere, naturalmente. Per chi ama le definizioni numeriche, gli Azzurri sono scesi in campo con un 4-3-1-2 asimmetrico – in cui il numero “1” era un esterno di destra – che, di fatto, restava tale anche in fase passiva. O meglio: forse Kean avrebbe dovuto ripiegare un po’ sulla sinistra per formare il 4-5-1 difensivo, solo che in realtà ha ragionato e si è mosso da punta pura, anche quando la palla ce l’avevano gli avversari. E così i giocatori israeliani hanno potuto letteralmente banchettare dal lato di Dimarco e di nessun altro, mentre l’Italia provava ad alzare il baricentro e si ritrovava costantemente in inferiorità numerica.

Con questa mossa un po’ così, di fatto, Gattuso ha sconfessato la linearità di pensiero e di scelta che aveva caratterizzato la partita con l’Estonia. La sua Italia fondata sul 4-4-2 (o anche 4-2-4, ci siamo capiti) si è trasformata in una squadra che avrebbe dovuto costruire con tre difensori, Politano e Dimarco esterni a tutta fascia, Barella-Locatelli-Tonali in mezzo e la coppia Kean-Retegui davanti. Il problema è che tutto questo non è mai successo, gli Azzurri si sono ritrovati a sbattere costantemente contro un muro ben costruito, hanno accusato lo scompenso sulla sinistra, sono andati sotto – con pieno (de)merito nonostante un autogol rocambolesco e sfortunato di Locatelli – e sono riusciti a rimettere in piedi la partita solo quando il ct ha riordinato il suo schieramento. Come? Allargando leggermente Tonali in fase difensiva, quindi tornando al 4-4-2. Poi naturalmente il pareggio è arrivato per merito delle giocate dei singoli, della buona intesa che sta nascendo tra Kean e Retegui, ma il piano-gara è stato corretto dopo un approccio quantomeno spericolato. E la qualità media di Israele, decisamente più alta rispetto a quella dell’Estonia, ha messo subito a nudo i difetti della squadra di Gattuso.

Altri difetti, forse ancora pià clamorosi, si sono manifestati lungo l’arco di una ripresa che l’Italia ha fatto e disfatto in maniera del tutto autonoma. Nel senso che Israele ha perso l’energia e quindi lo smalto dei primi 45 minuti, ha iniziato a imbarcare acqua e si è limitato a qualche sporadica puntata in avanti. Il problema è che, in occasione di queste sortite, l’Italia ha difeso in modo indecente: la squadra di Gattuso è rimasta sempre troppo bassa e non si è mai neanche compattata bene nella sua area, ogni percussione palla al piede degli avversari generava un pericolo prima percepito e poi reale, ed è così che i giocatori di Israele hanno segnato il gol del 2-1, hanno creato i presupposti per l’autogol del 3-4 e sono letteralmente entrati in porta con la palla in occasione del 4-4. Nel frattempo l’Italia ha segnato altri quattro gol, uno di pregevole fattura con Raspadori, due del tutto casuali – quello di Kean e quello decisivo di Tonali – e uno arrivato grazie a una rimessa laterale giocata con astuzia e qualità dalla coppia Politano-Retegui. Ma non c’è nulla di sbagliato, né tantomeno di offensivo, nel pensare/dire che poche altre squadre europee, oltre Israele, avrebbero potuto subire quattro (!) reti del genere. Due delle quali, per altro, arrivate a pochi istanti – e non è una frase fatta, si è trattato davvero di pochi istanti – dal calcio d’inizio dell’Italia dopo un gol incassato da Donnarumma.


La sintesi di Israele-Italia 4-5

A questo punto delle qualificazioni ai Mondiali, a questo punto della storia incredibile della Nazionale italiana di calcio, non c’è tanto per cui fare gli schizzinosi, su cui recriminare o per cui provare disagio. C’è da fare solo una cosa: prendere e portare a casa la vittoria, l’unico risultato che permette agli Azzurri di sperare ancora, in qualche modo, di strappare il pass diretto per i Mondiali. È chiaro che per battere la Norvegia, per farlo come occorre (cioè con molti gol di scarto) nel tentativo di sopravanzarla in classifica, questa Italia illogica e anche un po’ tenera, grintosa ma zoppa, palpitante e svagata, non può assolutamente bastare. Servirà qualcosa in più, e di diverso, per provare a invertire una storia che sembra già scritta. Almeno, però, la squadra di Gattuso dà l’impressione di volerci provare sempre e comunque, fino alla fine, senza arrendersi mai, anche se è (ancora?) palesemente lontana da certi standard. Almeno c’è questa base qui da cui ripartire, su cui provare a costruire una Nazionale che abbia un senso.

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