La partita Milan-Como, in calendario per la giornata numero 24 di Serie A e nel weekend del 7-8 febbraio 2026, si giocherà in Australia, a Perth. È arrivata l’approvazione UEFA, adesso mancano solo quella formale della FIFA e l’annuncio ufficiale da parte della Lega Serie A. Ma ormai la macchina è fuori dal garage, sta andando velocissima ed è destinata a seguire una strada che sembra delineata, tracciata, definita. Il tutto nonostante le critiche arrivate da più parti, nonostante le resistenze di una parte dell’opinione pubblica e di una parte dei tifosi, alcuni di quelli coinvolti direttamente e i nostalgici in servizio perenne. Lo stesso discorso, naturalmente, vale per Barcellona-Villarreal, gara di Liga che si giocherà a Miami il prossimo 20 dicembre. Ecco, anche il coinvolgimento del campionato spagnolo è un segnale abbastanza eloquente: siamo in una nuova era di business sportivo, un’era in cui è giusto – anzi: in cui è fondamentale – che i campionati ragionino e operino come se fossero dei brand, guardando al futuro e non al passato. Tra l’altro, quest’era è cominciata molto tempo fa, e nel corso della quale le istituzioni del calcio italiano hanno recitato un ruolo da protagonista. Fin da subito.
Per chi conosce la storia, infatti, una partita di campionato all’estero deve essere considerato come l’ultimo atto – un atto che non si poteva evitare, viene da dire – di un processo che è iniziato più o meno trent’anni fa, almeno guardando all’Italia: al netto di amichevoli e tournée, è dai tempi della Supercoppa Italiana 1993 tra Milan e Torino – anche allora il club rossonero si ritrovò a essere pioniere del cambiamento – che le nostre istituzioni calcistiche organizzano, con cadenza abbastanza frequente, gare e competizioni ufficiali in altri Paesi. Ok, finora il campionato era rimasto fuori da queste logiche e non si era ancora “arrivati” fino in Australia, dal 1993 a oggi gli esperimenti fatti hanno riguardato sempre la Supercoppa e hanno toccato la Libia, di nuovo gli Stati Uniti, poi la Cina e l’Arabia Saudita. Ma, in questo senso, ci sono state delle esperienze che hanno fatto scuola: parliamo naturalmente dalla NFL e dalla NBA, che con le loro gare di regular season disputate in Europa hanno dimostrato che i margini di crescita commerciale di una lega-brand – come detto è fondamentale parlare in questi termini non più solo per i club, ma anche per le competizioni – devono andare al di là dei propri confini geografici, devono essere intesi in senso globale.
Per spiegare bene il senso di Milan-Como a Perth bisogna partire necessariamente da qui, quindi dalle opportunità legate a un’operazione del genere. Per la Serie A, infatti, una gara d’esportazione rappresenta un passo importante, a suo modo anche storico: il nostro campionato, di fatto, ha guardato verso e sta replicando un modello che è già risultato vincente. E non solo perché è stato attuato dalle leghe più visionarie e più glamour del mondo: l’obiettivo già raggiunto da NBA e NFL, anche se detto così può sembrare fin troppo prosaico, era ed è quello di andare a intercettare nuovi fan e quindi di penetrare nuovi mercati, di migliorare il posizionamento del brand-lega, di renderlo più attraente nella percezione globale. Per dirlo in poche parole: attenzione, follower, ricavi. Tutte cose di cui la Serie A ha bisogno, a maggior ragione se consideriamo che non è più il campionato di calcio più ricco del mondo.
Milan-Como a Perth, poi, è un’operazione che ha un’anima diversa rispetto a esperimenti precedenti, anche abbastanza controversi, come la Supercoppa in Arabia Saudita. Per tanti motivi. Intanto l’Australia è un Paese diverso, è e ha un mercato diverso. Inoltre, se ci mettiamo nei panni degli appassionati di calcio di Perth, una città/mercato in cui per altro c’è una forte presenza di discendenti italiani, l’idea di accogliere Luka Modric, Rafa Leão, Álvaro Morata, Nico Paz e tutti gli altri giocatori di Milan e Como non deve essere così negativa. E quindi, in virtù di tutto questo, è lecito aspettarsi un ambiente e una scenografia di tutt’altro tipo rispetto a quelle che abbiamo vissuto a Gedda o a Riyadh. Certo, l’enorme distanza che c’è tra Perth e l’Italia – e quindi con i tifosi di Milan e Como – non può essere ignorata, ma a volte lo sviluppo e la crescita di un’azienda, di un’istituzione, passa anche da scelte di rottura, da mosse azzardate. Da passi fatti fuori dalla comfort zone. E allora il fatto che l’Italia e la Serie A siano il luogo in cui nasce qualcosa di nuovo, in cui avviene qualcosa di diverso, non può essere visto solo in chiave negativa. In fondo, a pensarci bene, il nostro campionato è sempre stato accusato di immobilismo, di scarsa capacità di innovare. Una partita giocata a Perth è proprio un tentativo per muoversi, per andare avanti. Per crescere.