Da qualche giorno, l’associazione che riunisce i club europei di calcio non si chiama più ECA (acronimo di European Club Association), ma EFC (European Football Clubs). Il cambio di denominazione è stato ufficializzato durante un’assemblea generale che si è svolta a Roma, e non è stato l’unico avvenimento importante di questo congresso. Se guardiamo al futuro del gioco, infatti, una delle idee più impattanti potrebbe essere quella relativa all’allargamento delle rose e all’aumento delle sostituzioni consentite per match. Secondo quanto riporta la BBC, alcune delle società più importanti hanno tenuto «discussioni informali», cioè ne hanno parlato al di là dell’ordine del giorno, sulla possibilità di chiedere questo cambiamento in via ufficiale.
Come avviene sempre, nel calcio, la parola finale spetterà all’IFAB, meglio conosciuto come International Board, che di fatto gestisce ed eventualmente aggiorna il regolamento. E che pochi anni fa, subito dopo lo stop forzato legato alla pandemia, ha varato il passaggio da tre a cinque sostituzioni per match. Da questo punto di vista, non è ancora chiaro se e quando ci sarà un coinvolgimento diretto dell’ente. Ma il fatto che i club più importanti pensino a questa soluzione, beh, dice già tanto. Attualmente il modello condiviso – cioè quello utilizzato nei campionati più competitivi e nelle competizioni UEFA – prevede rose da 25 giocatori senior e, come detto, un massimo di cinque cambi per ogni partita. L’inserimento di tre nuovi slot negli organici e l’apertura a un’ulteriore sostituzione avrebbero, come obiettivo e come conseguenza, quello di allentare la pressione e il carico fisico sui calciatori. Al tempo stesso, naturalmente, questa misura finirebbe per aumentare il gap di qualità tra i club meno ricchi e quelli più ricchi, che potrebbero avere più spazio per sfruttare il mercato.
Fonti vicine alla Professional Footballers’ Association (PFA), il sindacato inglese dei calciatori, nutrono dubbi sul fatto che le squadre da 28 giocatori possano aiutare i giocatori, dato che non impedirebbero loro di viaggiare in squadra durante le partite né allevierebbero la stanchezza mentale, indipendentemente dal fatto che giochino o meno. Anche la FIFPro, il sindacato mondiale dei calciatori, è d’accordo con questa lettura: «Anche chi non gioca nemmeno un minuto», si legge in un rapporto ufficiale pubblicato dall’ente, «deve comunque essere fisicamente presente e partecipare pienamente alla preparazione della squadra, prepararsi mentalmente, pur trascorrendo spesso del tempo lontano da casa e intraprendendo viaggi internazionali. In quanto tali, queste occasioni rientrano anche negli impegni lavorativi del giocatore». Il dibattito, insomma, resta ancora aperto.