La Juventus ha perso con merito, ma la prestazione contro il Real Madrid può essere una base da cui ripartire

La squadra di Tudor è in un periodo negativo, e al Bernabéu non avrebbe potuto fare molto di più. Eppure si è intravisto qualche sprazzo di luce.
di Redazione Undici 23 Ottobre 2025 alle 01:22

La notizia più significativa venuta fuori da Real Madrid-Juventus ce l’ha data direttamente Michele Di Gregorio. Il portiere bianconero, intervistato nel postpartita da Prime Video, ha parlato così della sconfitta subita dalla sua squadra, arrivata alla settima gara senza successi: «Questa è una base da cui ripartire». Fa un po’ strano sentir dire certe parole, dato che arrivano dal migliore in campo tra i giocatori schierati da Tudor, autore di due o tre grandi interventi su Mbappè e Brahim Díaz. Ma l’analisi della partita della Juve passa inevitabilmente dal modo in cui arrivava a questa sfida di Champions. E se è pur vero che la striscia senza vittorie della squadra di Tudor è la più lunga dal 2008/09 ad oggi, con cinque pareggi e due sconfitte, c’è da dire che al Bernabéu – lo stadio più intimidatorio d’Europa – i bianconeri hanno tenuto bene il campo, non hanno rischiato di prendere imbarcate e, soprattutto, hanno avuto occasioni importanti per segnare.

«Questa sera andiamo via da Madrid con una grande rammarico: non aver portato a casa un punto che meritavamo», ha detto Tudor alle varie televisioni e in conferenza stampa. Una visione forse un po’ parziale, frutto della volontà di mettere un mattoncino di entusiasmo in un periodo in cui tutto gira male. Eppure si tratta di una considerazione legittima. Perché il Real Madrid, specie nel secondo tempo, ha costruito sette chance da gol, ma ha lasciato tanto campo da attaccare alle spalle della linea difensiva. Porzioni di campo in cui le transizioni di Yildiz e Vlahovic hanno fatto male. E ci è voluto un grande Courtois, perché la Juve non andasse in vantaggio.

Il Real, insomma, non ha vinto facile, come in tanti si potevano immaginare dopo la complicata prestazione della Juventus a Como. Lo ha riconosciuto a fine match anche l’allenatore Xabi Alonso: «Eravamo consapevoli che sarebbe stata una partita combattuta. Dopo il gol dovevamo difendere di più, loro avevano tanti attaccanti, ma sapevamo di giocare contro una grande d’Europa, è una vittoria molto importante per noi», ha detto il tecnico spagnolo. Che, negli ultimi minuti della partita, ha chiesto ai suoi di tenere il pallone e di non affondare alla ricerca del secondo gol, se non a campo aperto. Richiesta inusuale per il manager del Madrid, dato che il Bernabéu esige sempre di azzannare l’avversario rifilandogli il maggior numero possibile di gol.

La principale differenza rispetto alla partita di Como, per la Juventus, è stata nell’approccio. I bianconeri sono entrati subito a ritmo alto, gestendo bene i raddoppi sull’esterno, limitando gli strappi di Mbappè e controllando con attenzione Arda Güler, l’unico del Real che nel primo tempo ha provato a creare un po’ di gioco. Chiudersi per poi scatenare la corsa di gente di gamba, come Thuram e McKennie, schierato non a caso a fianco di Yldiz dietro all’unica punta Vlahovic – altro grande contropiedista. Quando la squadra di Xabi Alonso ha alzato il ritmo, però, sono tornati i soliti problemi. Di concentrazione, di marcature e di lettura degli spazi. Quando il Real ha deciso di girare la leva dell’intensità, ha effettivamente schiacciato la difesa juventina. Che non ha retto, anche perché fa ancora tremendamente fatica nell’uno contro uno quando sale la stanchezza. Il gol di Bellingham ne è un esempio: Vinícius Júnior, solo in mezzo a quattro maglie nere, ha avuto il tempo di sterzare due volte fino a ricavare uno spiraglio per calciare e colpire sul palo; sul rimbalzo Bellingham ha bruciato Kelly, che pure era in vantaggio ma non.è stato abbastanza reattivo – anche perché era orientato male con il corpo.

La sintesi di Real Madrid-Juventus

Dovendo provare a riassumere la sera della Juventus, si può guardare al chiaro della luna e prendersi tutto il buono dei primi 45 minuti, oppure mettere l’accento sulle tante occasioni concesse. È evidente che in un altro momento storico – cioè con una Juve solida, consapevole dei suoi mezzi, dotata di più qualità e maggior esperienza internazionale – una performance così non sarebbe stata sufficiente. In attesa di un cambio di trend, urgente e necessario, per ora non si può chiedere molto di più. Lazio e Udinese in campionato saranno dei test più alla portata della squadra di Tudor, per capire se è iniziato il un vero e proprio processo di guarigione.

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