A Madrid, per chi è solito esibirsi sul campo verde del Santiago Bernabéu, la pressione è massima. I tifosi sono abituati al meglio del calcio mondiale e non permettono mai a nessuno di abbassare la tensione, quindi non comprendono se un calciatore passa per uno stato di forma mentale e fisica non eccellente. È in questo ambiente che è cresciuto Vinícius Júnior, arrivato poco più che diciottenne nella capitale spagnola con le stigmate del predestinato, di colui che doveva far dimenticare alla Casa Blanca lo smacco-Neymar. Vini atterra a Madrid nell’estate 2018, l’estate in cui Cristiano Ronaldo lascia la barca per andare a Torino. E inizia ad ambientarsi, pian piano, in un Real Madrid alla ricerca di una nuova identità. L’obiettivo, praticamente dichiarato, è che Vinícius – una specie di prodotto di laboratorio già in Brasile, un ragazzino superstar con uno staff di 40 persone che pianifica la sua carriera – venga allevato internamente come nuovo uomo-franchigia del Madrid. Da stella adolescente a stella assoluta del Bernabéu e quindi del firmamento mondiale, un percorso netto fino all’empireo che al Real, prima di Vini, hanno fatto percorrere solo ai migliori talenti delle giovanili. Un’operazione riuscita, si può dire, visti i risultati ottenuti negli ultimi anni, sia dal Madrid che da Vinícius. È solo che, forse, non è riuscita non nella misura che tutti si aspettavano.
Ecco perché, almeno nelle ultime settimane, il campione brasiliano sembra preda di una vera e propria crisi di nervi. Fino all’esplosione definitiva, per altro nel bel mezzo di un Clásico tra Real e Barcellona, una delle tre o quattro partite più importanti e seguite al mondo, quindi un palcoscenico gigantesco. Al minuto 72, Xabi Alonso sostituisce Vinicius e il brasiliano si lascia andare a un impeto di rabbia e frustrazione, gridando forte, davanti a centinaia di milioni di persone, il proprio desiderio di andar via. Entra negli spogliatoi senza fermarsi in panchina e poi torna indietro, giusto in tempo per partecipare al rissone finale. Nelle ore successive sono arrivate le scuse ufficiali del giocatore, che in un post su X si è preso la responsabilità del suo comportamento, ha parlato della voglia estrema di competere, di aiutare la squadra e di come l’agonismo a volte gli annebbi la mente.
Hoy quiero pedir disculpas a todos los madridistas por mi reacción al ser sustituido en el Clásico.
Así como ya lo he hecho en persona durante el entrenamiento de hoy, también quiero pedir disculpas nuevamente a mis compañeros, club y presidente.
A veces la pasión me gana por…
— Vini Jr. (@vinijr) October 29, 2025
In questo stesso post, però, Vinícius non ha menzionato il suo allenatore Xabi Alonso. Una mossa non del tutto inattesa, se pensiamo a come sono andate le cose tra loro. Quando, a maggio 2025, il tecnico basco ha sostituito Ancelotti sulla panchina del Real, la situazione di Vinícius è cambiata subito. Al Mondiale per Club, in America, il brasiliano è stato schierato a destra – non la sua posizione ideale – ed è stato sostituito sei volte in sei partite. In questo inizio di stagione ha giocato 13 partite, di cui solo due fino alla fine. I gol (cinque) e gli assist (quattro) accumulati finora, che sono comunque tanti, non sono bastati a migliorare il rapporto tra lui e il tecnico spagnolo. Se a tutto questo ci aggiungiamo che il contratto di Vini è in scadenza nel 2027, e che le trattative sono arrivate a un punto di stallo, si può dire che siamo di fronte a un caso davvero enorme. Soprattutto se consideriamo l’importanza del giocatore in questione, e ovviamente del Real Madrid.
Ma come siamo arrivati fino a questo punto? Dove, come e quando la missione di trasformare Vinícius Júnior nel giocatore-simbolo del Real Madrid non è arrivata a compiersi? I primi tre anni coincidono on l’arrivo e il declino di Eden Hazard, l’erede designato di Cristiano Ronaldo – almeno come status – che però fa un clamoroso buco nell’acqua. In panchina si alternato Lopetegui, Solari e Zidane, e fino al termine della stagione 2020/21 Vini fa fatica a diventare centrale nel sistema madridista, anche se in bacheca ha già una Liga, una Coppa del Re e una Coppa Intercontinentale. È con il ritorno di Ancelotti che Vinicius inizia a mettersi al centro della scena, ad assorbire e non subire le pressioni del Bernaébu, a diventare – di fatto – il giocatore che Florentino Pérez aveva in mente fin dal primo momento: il Neymar del Real Madrid. L’ascesa è rapidissima, con Ancelotti Vinícius è arrivato a essere considerato uno dei migliori giocatori al mondo, a volte anche il migliore in assoluto. Segna 91 gol in quattro stagioni, ince due Champions League da protagonista segnando in entrambe le finali, raggiunge il valore di mercato più alto nella storia di Transfermarkt – 200 milioni di euro – ed eredita la maglia numero 7. Una maglia che al Real Madrid significa molto, moltissimo.
In questo stesso periodo, però, Vini si ritrova anche a dover fare i conti con delle ombre piuttosto ingombranti. Ombre che ne hanno minato le sicurezze, lo hanno reso un calciatore molto discusso, sia per il suo talento che per il suo comportamento, e – nonostante i numeri e le vittorie – gli hanno impedito di diventare il vero volto del Real Madrid. Partiamo dalla stagione in cui vince la sua prima Champions League, quella iniziata a settembre 2021 e conclusa con la vittoria in finale contro il Liverpool. Il brasiliano segna 22 gol e fornisce 18 assist, gioca 52 partite per un totale di 4.275 minuti in campo. Insomma, è decisivo ai massimi livelli, però la copertina se la prende Karim Benzema, capitano e miglior marcatore della Champions League con 15 gol, autore di due triplette contro PSG e Chelsea, determinante nella semifinale contro il City, vero leader tecnico d emotivo della squadra di Ancelotti. Al punto che, a fine stagione, riceve il Pallone d’Oro.
Ma se l’ombra di un veterano come Benzema poteva essere rassicurante, per Vinícius, e in parte utile anche alla sua crescita, nei tre anni successivi succede tutto e il contrario di tutto. Vini conclude la stagione 2022/23 con 23 gol e 20 assist in 55 partite giocate, numeri che raccontano una crescita costante, irrefrenabile, favorita dalla decisione di Carlo Ancelotti di mettere lui – e il connazionale Rodrygo – al centro della scena. Ma il Real non vince né la Champions League, finita al Barcellona, né tantomeno la Champions League. E così Pérez, salutato Benzema in direzione Arabia, decide di prendere un altro giocatore-star: Jude Bellingham. Che ha un impatto strepitoso, che si prende la scena che doveva essere (solo?) di Vinícius Júnior. Che nel frattempo segna tanto (24 gol) ed è decisivo in un’altra finale di Champions, quella vinta contro il Borussia Dortmund. La sua candidatura al Pallone d’Oro è automatica e pure autorevole, poi però la Copa América finisce male, Rodri è il cervello di una Spagna fantastica, che (stra)vince gli Europei, e così il premio di France Football finisce nelle mani del mediano spagnolo. Si indigna il Real Madrid, che diserta la cerimonia, e alza la voce Neymar, che avrebbe voluto il riconoscimento per il connazionale. Un po’ da ogni parte si sollevano dubbi sulla legittimità dell’assegnazione, come succede spesso con il Pallone d’Oro, ma nel frattempo dentro Vinícius è come se si rompesse qualcosa. Anche perché, nel frattempo, il Real Madrid ha acquistato Kylian Mbappé.
Mbappé è il giocatore più forte del mondo per acclamazione, è l’uomo-franchigia per definizione. La rincorsa per portarlo a Madrid è stata lunga, ma alla fine Florentino Pérez – come sempre – è riuscito a prendersi quello che voleva: un nuovo centro di gravità del mondo madridista da affiancare a Jude Bellingham. Ed è qui che le cose cambiano, almeno per quello che stiamo vedendo oggi: il Real, di fatto, ha comprato da fuori il giocatore-copertina dei suoi prossimi dieci anni, ed è su Mbappé che ha accentrato – e che accentrerà – tutte le sue strategie, tecniche, mediatiche e commerciali. Con questa scelta, si può dire, la Casa Blanca ha detto ha fallito la sua missione di trasformare Vinícius nel simbolo del club. E il fatto che la stagione 2024/25 si concluda con zero trofei, e che Mbappé l’abbia chiusa con 44 reti, è una conferma di tutto questo. Certo, anche Vini ha fatto il suo, con 22 gol e 19 assist in 58 partite. Ma il suo calo, soprattutto in un certo periodo dell’ultimo anno, è stato significativo. Come se la luce di Mbappé (e di Bellingham) l’avessero un po’ eclissato.
Insomma, l’esplosione di Vinícius nel Clásico – nonostante sia stato decisivo anche contro il Barça – è legata a tutta una serie di promesse non mantenute, di aspettative non rispettate, se non in parte. Sia lui che il Real Madrid si aspettavano qualcosa di diverso, poi le cose sono andate e stanno andando diversamente, forse sono state addirittura più veloci dello stesso Vini. Sarà interessante capire che cosa accadrà da qui a fine stagione, con un Mondiale sullo sfondo e le aspettative, sempre poste ad altezza siderale, di uno stadio, di un club e di un ambiente abituati a buttare giù chiunque non offra prestazioni che toccano l’empireo.