Con Osimhen, Lookman e Iwobi in attacco, autori di ben 66 gol complessivi la scorsa stagione, la Nigeria vanta un reparto offensivo che farebbe invidia a molte nazionali di tutto il mondo. La squadra, che ora affronta il Gabon nella semifinale play-off di qualificazione al Mondiale 2026, ha un valore indiscutibile. Eppure, nonostante questo il suo potenziale, la domanda che circola da tempo è la stessa: perché la Nigeria non si è qualificata direttamente al Mondiale? È finita clamorosamente dietro al Sudafrica e ha subito un umiliante 4-0 contro il Sudan ad agosto. La risposta, e quindi il vero motivo dietro questa crisi di risultati, è arrivata lampante solo ieri, 12 novembre: i calciatori hanno boicottato l’allenamento alla vigilia della sfida decisiva, accusando pubblicamente la Federazione.
«L’intera squadra si è astenuta dall’allenamento oggi in Marocco a causa di problemi di pagamento irrisolti», recitava il comunicato congiunto di giocatori e staff tecnico uscito nella giornata di ieri, un chiaro atto d’accusa contro la NFF, la Federazione calcistica nigeriana. Lo sciopero è avvenuto in un momento delicato, alla vigilia della sfida decisiva contro il Gabon. Fortunatamente, lo stallo è durato poche ore, rotto da un tweet del capitano, l’ex Udinese William Troost-Ekong: «Le questioni finanziarie in sospeso sono state risolte». La radice del problema era assurda: i calciatori professionisti, abituati agli standard dei club europei, si sono ritrovati a pagare di tasca loro spostamenti e alloggi, con bonus legati a partite precedenti rimasti solo vaghe promesse. Una situazione inaccettabile a ridosso di un match cruciale, il cui esito negativo non verrebbe perdonato facilmente dal popolo nigeriano.
Il peggio è che non si tratta di un episodio isolato, ma di una storia che si ripete. Già nel 2019, in Egitto, i Super Eagles – come vengono chiamati i calciatori nigeriani – avevano minacciato di boicottare un allenamento durante la Coppa d’Africa, per protestare contro un altro mancato pagamento promesso dal governo. La stessa dinamica si è manifestata nel giugno 2022, quando le Super Falcons, la selezione femminile, arrivarono allo sciopero a causa del mancato saldo, tra l’altro, di cinque giorni di ritiro. Per la Nigeria, dunque, la Federazione è ormai il principale ostacolo: un rivale interno che, venendo meno agli impegni finanziari nei momenti cruciali, non mette gli atleti nelle migliori condizioni possibili.
È il Governo nigeriano, ovviamente, che detiene il controllo dei fondi, e su di esso ricade la responsabilità ultima, rendendo le sue inerzie burocratiche una minaccia costante al successo sportivo del Paese. Non si tratta solo di ritardi nei pagamenti, ma di una cronica mancanza di supporto istituzionale che si ripercuote sulla serenità degli atleti. La Nigeria ha tutti gli strumenti, la passione e il talento per tornare ai vertici mondiali, ma finché la battaglia principale sarà contro sé stessa e la propria classe dirigente, il sogno di imporsi a livello mondiale, per quanto ne avrebbe il potenziale, resterà un obiettivo lontano e irraggiungibile.