Dopo che per decenni i suoi talenti hanno giocato per i Paesi Bassi, adesso il Suriname sta importando giocatori e sta per andare ai Mondiali

Da Gullit e Rijkaard fino a Van Dijk, il Suriname ha "regalato" agli Oranje i suoi migliori campioni. Adesso la situazione si è ribaltata: il Suriname può qualificarsi proprio grazie ai calciatori nati in Europa.
di Redazione Undici 14 Novembre 2025 alle 14:46

Durante i festeggiamenti della Champions League vinta dal Liverpool nel 2019, Georginio Wijnaldum era apparso sul campo con una bandiera piuttosto particolare: per metà dei Paesi Bassi, per metà del Suriname. Questo gesto celebrava chiaramente le sue origini, ma anche la storia che lega il calcio olandese al Suriname. Questo piccolo stato del Sudamerica, infatti, è diventato nel tempo una delle principali fucine di talenti per gli Oranje – da Gullit e Rijkaard fino a Van Dijk. Ebbene, lo strettissimo rapporto tra i due territori oggi è tornato d’attualità, anche se con dinamiche esattamente inverse rispetto al passato: il Suriname, ex colonia dei Paesi Bassi, è vicino a una prima incredibile qualificazione ai Mondiali. E, adesso, sono i giocatori nati neio Paesi Bassi che stanno aiutando il Paese dudamericano a inseguire questo grande sogno.

Se riuscisse ad andare al Mondiale 2026, il Suriname riscriverebbe la storia ben due volte. Diventerebbe la selezione con il ranking FIFA più basso di sempre a partecipare a un Mondiale (attualmente è 126esima), battendo il record della Corea del Nord nel 2010 (104esima). E, soprattutto, lo farebbe con una squadra davvero speciale: i calciatori locali sono infatti costretti ad avere un secondo lavoro per vivere, lasciando l’ossatura della selezione a giocatori importati dall’Europa. Qui sta la differenza rispetto al passato: come spiega RFI in questo articolo, fino al 2019 le autorità – calcistiche e politiche – del Suriname vietavano la convocazione di calciatori nati al di fuori dei confini nazionali. Da allora la Nazionale ha potuto pescare tra i figli della diaspora, e così la rappresentativa è diventata competitiva – a maggior ragione nella CONCACAF, la Federazione del Nord e Centro-America alla quale il Suriname è iscritto. 

La stella della squadra è il centravanti Sheraldo Becker (di proprietà dell0’Osasuna), nato ad Amsterdam, ex Union Berlin e Real Sociedad; e c’è anche il difensore Rigdeciano Haps del Venezia, cresciuto a Utrecht. Per molti di loro, andare in Nazionale è stato un vero e proprio viaggio, come ha ammesso il presidente della Federazione, Soerin Mathoera: «Non conoscevano il Suriname e non ci erano mai stati prima». Eppure, questa Nazionale “creola” – con un mix così insolito di storie e provenienze – sta dominando il Gruppo A delle qualificazioni centroamericane (CONCACAF), davanti a Panama ed El Salvador, due Nazionali che in passato hanno già partecipato alla Coppa del Mondo.

Il Suriname è un paese di paradossi affascinanti. Sebbene sia geograficamente incastonato nell’America Latina, al confine con il Brasile, è molto più legato ai Caraibi e ai Paesi Bassi. Oltre il 90% del suo territorio è Amazzonia selvaggia e incontaminata. Eppure, proprio da questo cuore verde sono arrivate le fortune della Nazionale olandese dagli anni Ottanta in poi. Una terra in cui, per una sorta di miracolo sportivo, il talento calcistico sembra viaggiare nel DNA, dove sono nati giganti come Clarence Seedorf ed Edgar Davids, e ha influenzato l’attuale generazione Oranje con calciatori come Xavi Simons, Dumfries e Bergwijn – tutti con origini surinamesi.

Il destino del Suriname verrà deciso mercoledì 19 novembre, nella sfida finale contro il Guatemala. È la partita più importante di sempre per una nazione che ha superato ogni aspettativa. In campo, i giocatori nati in Olanda, ora naturalizzati, sono pronti a dare tutto in cambio. D’altronde, quest’impresa non è nient’altro che il meritato tributo, il ringraziamento, per tutti i talenti che l’Olanda ha ricevuto. Se vinceranno, non sarà una semplice qualificazione: sarà il simbolo di un legame e di una storia che si finalmente chiude.

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