La Repubblica Democratica del Congo non è arrivata a un passo dai Mondiali grazie a un rito voodoo

L'allenatore della Nigeria sostiene che sia andata proprio così, ma in realtà dietro questo percorso c'è un lavoro che va avanti da anni.
di Redazione Undici 18 Novembre 2025 alle 03:05

Il calcio africano rovesciato in due colpi. Prima si arrende il Camerun di Onana e Mbeumo, beffato da un gol di Chancel Mbemba al 91esimo, poi è la volta della Nigeria di Lookman e Osimhen. Che va avanti, s’illude, infine si fa rimontare fino alla sentenza dei calci di rigore – dove di nuovo, il pallone decisivo viene insaccato da Chancel Mbemba. Per la Repubblica Democratica del Congo è un climax consapevole quanto entusiasmante. Perché magari l’eliminazione in serie di due storiche big del continente, sulla via dei Mondiali 2026, fa notizia e desta scalpore – talmente scalpore che l’allenatore della Nigeria a fine partita ha accusato i congolesi di aver fatto un rito voodoo ai giocatori avversari, letteralmente stregati (tre errori su cinque) dagli undici metri: a ognuno la sua analisi della sconfitta. Ma, restando alle dinamiche meno imperscrutabili del pallone, si può affermare che questo traguardo è semplicemente figlio di un nuovo ciclo tecnico e progettuale iniziato diversi anni fa. Fino a compiere il salto di qualità con Sébastien Desabre in panchina.

Francese, giramondo ed espertissimo dei meandri calcistici più esotici, un po’ sulla falsariga di tecnici come Bruno Metsu o Hervé Renard, il 49enne Desabre si era insiediato alla guida della Repubblica Democratica del Congo nel 2022 illustrando una chiarissima tabella di marcia: «Qui ho tutto quello che mi serve, tutto il supporto tecnico e logistico necessario per costruire una nuova generazione. Il calcio è un forte elemento della DRC. E questo Paese merita di cucirsi più stelle sul petto: è passato troppo tempo dall’ultima volta, ma siamo all’alba di un nuovo corso e sappiamo come prepararci». Poi una frase profetica, che col senno di poi fa pensare alla cabala scomodata dal ct nigeriano: «Centreremo dei risultati importanti entro la fine del 2025».

Così è stato. Ma mica per magia. Oltre a essere uno dei Paesi più poveri del mondo, la Repubblica Democratica del Congo è messa a dura prova da una corruzione cronica che a lungo non ha risparmiato nemmeno i vertici del calcio. Si dice che oggi le cose siano cambiate, o quantomeno stiano migliorando – anche se il recente accordo di sponsorizzazione tra il governo di Kinshasa e il Barcellona non è un incoraggiante biglietto da visita, e anche in patria ha fatto storcere il naso a più di qualcuno. Certo è che attorno alla Nazionale c’è più attenzione, con contestuali risorse, a partire dalle istituzioni. E da una benefica presenza all’interno del movimento esercitata da qualche club virtuoso – vere e proprie potenze, per gli standard continentali – come il Mazembe. Questo contesto, unito al dividendo generazionale della squadra di oggi, ha permesso di innescare un percorso tecnico promettente dopo una lunga serie di stenti.

E Desabre è stato perfetto a combinare le nuove leve con gli ultimi sforzi dei veterani – Mbemba, Masuaku Bakambu, cioè i big che giocano in club europei di primo piano, hanno tutti più di trent’anni, mentre Mbokani, il top-scorer di sempre, aveva lasciato i Leopardi proprio alla vigilia del nuovo ciclo, in un simbolico passaggio di consegne. Da qui la Repubblica Democratica del Congo è ripartita, arrivando quarta in Coppa d’Africa già nel 2023. E ora sogna di raggiungere, con gli spareggi interzona che si disputeranno a marzo, quei Mondiali che rievocano soltanto ricordi bui nella storia locale: a oggi l’unica partecipazione, quando il Paese si chiamava ancora Zaire, risale al 1974. Fu un disastro sportivo diventato storia. Tre partite, tre ko, zero gol fatti e 14 subiti. Ma avrebbe potuto sfociare in un’autentica tragedia: erano gli anni di Mobutu, uno spietato dittatore che dopo lo 0-9 rimediato contro la Jugoslavia – tuttora la peggior sconfitta della Nazionale – minacciò di morte i giocatori in caso di un altro ko con più di tre gol di scarto nell’ultimo match. Il problema è che si giocava contro il Brasile. Per grazia divina, o di Rivelino, finì soltanto 3-0. Ma di Mondiali da queste parti non se ne volle più parlare. Ci è voluto tempo, anche per digerire un passato tanto pesante. Di nuovo, Mbemba e compagni hanno finalmente l’occasione di trasformare il grande torneo in una spensierata festa di sport come dev’essere. «Ce l’abbiamo fatta insieme, la battaglia continua, ci vediamo in primavera». Parola di capitano.

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