Nicola Pietrangeli ha vissuto un’infinità di vite, quindi è stato tantissime cose. Prima di tutte le altre, però, è stato un grande campione, è stato l’uomo che ha preso il tennis italiano e l’ha reso mainstream. L’ha fatto con la forza trascinante dell’eleganza, della bellezza: Pietrangeli era infatti un principe del gioco, dominava il campo e gli avversari attraverso la tecnica, la qualità, con colpi rimasti impressi nell’immaginario collettivo. Con la racchetta ha modellato un tennis nuovo, con la sua mente e i suoi comportamenti ha creato un modo mai visto prima di essere atleti, sempre al centro dell’attenzione, con leggerezza, ironia, amore per la bella vita. È così che il suo volto è entrato nel salotto buono del nostro Paese, e non ne è uscito fino alla fine.
I momenti storici sono tantissimi, e alcuni vanno decisamente oltre il tennis, sfociano anche nella Storia con la s mauscola. Come il 1976, quando Pietrangeli divenne un vero e proprio ago politico: la rappresentativa italiana di Coppa Davis, della quale era capitano non giocatore, si qualificò per la finale da disputare in Cile, a Santiago. Solo che erano gli anni del regime totalitario di Augusto Pinochet, e allora quella sfida di tennis diventò un terreno di scontro tra i partiti del nostro arco parlamentare: alcuni sostenevano che l’Italia avrebbe dovuto ritirarsi, altri invece volevano che Adriano Panatta, Paolo Bertolucci, Corrado Barazzutti e Tonino Zugarelli, i membri della squadra azzurra, volassero in Sud America e giocassero contro i cileni. Pietrangeli si impuntò, volle a tutti i costi andare in Cile, concluse la sua opera di convincimento con la Federtennis e alla fine riuscì anche a conquistare la Davis. La prima Davis dell’Italia, rimasta figlia unica fino al 2023. Fino all’avvento di Jannik Sinner.
La Davis, appunto, è stata il luogo dell’anima di Pietrangeli: nessuno ha giocato e vinto più partite di lui, 164 e 120 tra singolare e doppio, così come nessun italiano prima id lui ha vinto un torneo dello Slam (il Roland Garros del 1959 e del 1960 e ha raggiungo la semifinale di Wimbledon (sempre nel 1960). Ha vinto anche due volte gli Internazionali d’Italia, nel 1957 e nel 1961, unico tennista del nostro Paese ad aver compiuto questa impresa. Ci sarebbero tante altre storie da raccontare, soprattutto per chi ha avuto modo di conoscere solo l’ultimissima “versione” di Pietrangeli, quella dell’opinionista – o sarebbe meglio dire l’intervistato – sovraesposto, un po’ passatista e spesso frainteso. Ma la verità è che stiamo parlando di un vero e proprio mito, di Jannik Sinner prima che esistesse Jannik Sinner, di un uomo leggendario che ha cambiato la percezione del tennis e dei tennisti, per un Paese intero. Pochi personaggi nel nostro Paese, anche fuori dallo sport, hanno avuto il suo stesso impatto, la sua stessa influenza. È per questo che Angelo Binaghi, presidente FITP, ha detto che «Nicola era il tennis, nel senso più profondo del termine». Difficile trovare un modo migliore, più gusto e piò onesto, per dirgli addio.