Meno sfarzo e più concretezza, per lasciare in eredità alla città una realtà su cui costruire un pezzo di futuro. Il Villaggio Olimpico di Milano, che ospiterà più di mille tra atleti e appartenenti alle delegazioni in arrivo da 90 Paesi per le Olimpiadi Invernali, ha convinto poco a un primo sguardo, perché l’approvazione cui mira è sul lungo periodo. Il progetto da oltre 140 milioni di euro, che si estende per più di 60mila metri quadrati nell’ex scalo ferroviario di Porta Romana, rientra nel processo di riqualificazione dell’area in una zona residenziale imperniata sulla sostenibilità. Invece che sorprendere con effetti speciali e soluzioni architettoniche sofisticate, Milano ha scelto la misura nell’ottica di una riconversione che, dopo i Giochi, trasformerà il Villaggio Olimpico nel più grande studentato convenzionato d’Italia, con una capacità di 1.700 posti letto (pari al 6% del fabbisogno abitativo dei circa 200mila studenti che vivono in città). Una scelta lungimirante quanto necessaria nel capoluogo più caro e gettonato dai giovani, non solo italiani, che annulla o quasi il dibattito sui canoni estetici della costruzione. Si sarebbe potuto fare meglio? Forse sì, intanto però è stata programmata e realizzata un’opera che imprime un’accelerazione al rinnovamento di un’area che, nel 2030, dovrebbe emergere come un mini polmone verde, tra ciclopedonali e nuovi parchi, nella zona Sud-Est della città.
Realizzato in trenta mesi e consegnato con un lieve ritardo rispetto al programma iniziale (31 luglio), il Villaggio Olimpico comprende la rigenerazione di due edifici storici (la Squadra Rialzo, un tempo officina dedicata alla manutenzione delle locomotive e l’ex magazzino Basilico) e sei nuove palazzine, in cui alloggeranno gli atleti. È stato progettato dallo studio americano Skidmore, Owings & Merrill (SOM), già artefice del Burj Khalifa a Dubai e il John Hancock Center a Chicago, con l’intento di seguire il modello Londra 2012. Grazie ai fondi arrivati per le Olimpiadi estive, la capitale inglese ha guadagnato nuova linfa col distretto di Stratford, trasformato da Villaggio Olimpico ad area residenziale con università e attività strettamente connesse con il territorio e la comunità. Il progetto di SOM, affiancato da COIMA Image per la progettazione degli interni, e lo studio Michel Desvigne per gli spazi a verde pubblico e attrezzato, mirano nella stessa direzione puntando sulla sostenibilità ambientale e sociale. A favorire l’agognato traguardo delle zero emissioni ci sono i sistemi di illuminazione a Led con sensori e sistemi avanzati per la raccolta e il riutilizzo dell’acqua piovana, l’ampio ricorso al legno, l’uso di pompe di calore e l’impianto fotovoltaico da 1 MW.
Ma cosa troveranno gli atleti all’interno delle loro stanze? Il primo sospiro di sollievo riguarda i letti, che tornano nel formato tradizionale dopo il cartone utilizzato a Tokyo 2021 e Parigi 2024 – una scelta non proprio digerita da buona parte degli olimpionici. Grandi quanto basta per ospitare due letti singoli, altrettante scrivanie, sedie e un armadio, le camere sono doppie ma gli atleti potranno contare anche su palestre, diverse aree per la ristorazione, coworking, strutture per la preparazione atletica e spazi adibiti ad aree medico-sanitarie distribuite su circa 10mila metri quadrati. Va considerato che la maggior parte di strutture e mobili saranno mantenuti dopo i Giochi, poiché entro i successivi quattro mesi dovrebbe avvenire la conversione del Villaggio in studentato a tariffe convenzionate. Con la trasformazione la struttura si arricchirà di 40mila metri quadrati di spazi pubblici e aree verdi, tra cui due palestre, tre campi sportivi destinati a basket e padel, piantumazioni verticali nelle ampie terrazze laterali delle sei palazzine, 42 cucine e altrettante sale studio, più un sistema di sorveglianza che integra 670 telecamere.
Il senso del Villaggio Olimpico si scorge, quindi, nella metamorfosi da campus internazionale sportivo a esperimento sociale di co-living. Un concetto tradotto da SOM in un’opera dalla duplice anima, capace di rispondere alle esigenze dei migliori atleti al mondo e, al contempo, scommettere su flessibilità e sostenibilità per proporre una struttura alternativa alla crisi abitativa. Nulla a che vedere con gli altri Villaggi Olimpici che sorgeranno a Cortina d’Ampezzo e a Livigno. Date le differenze di contesto e dimensioni rispetto a Milano, nel primo caso sono state realizzate 377 case mobili in legno che dopo le Olimpiadi saranno utilizzate in altre attività locali, mentre parte della struttura adibita all’ospitalità delle delegazioni nella località lombarda al confine con la Svizzera sarà convertita in un Centro di Preparazione Olimpica permanente.