Sinner è sempre Sinner, Musetti si sta Sinnerizzando: una finale tutta italiana al Roland Garros non è un’utopia

Ed è una cosa davvero enorme per il nostro tennis.,

Nella galleria dei fotografi del tennis l’ultima istantanea in cui li si vede uno contro l’altro comincia a perdersi un po’ indietro nel tempo. Bisogna scorrere in su fino alla primavera del 2023, per ritrovare le immagini di un match tra Sinner e Musetti. Era il 14 aprile e i due si giocavano i quarti di finale del Master 1000 del circolo al Monte Carlo Country Club. Più di due anni dopo potrebbero ritrovarsi domenica, 957 km più a nord, almeno secondo Google Maps. Location: Parigi, stade Philippe Chatrier, campo principale del Roland Garros. L’eventuale incrocio avverrebbe in occasione della finale del torneo più importante del mondo su terra rossa.

Ecco, appunto: la terra rossa è l’unica cosa che, eventualmente, ci sarebbe in comune tra la partita di Monte Carlo e quella che si giocherebbe domenica. Per il resto, in 25 mesi è cambiato tutto. E stavolta non è una frase fatta: è diversa la classifica di Sinner come quella di Musetti, è diverso il loro tennis, sono diversi loro due in generale. E se per Sinner si sperava sarebbe arrivato a contendersi degli Slam, senza dirlo troppo forte, per Musetti il discorso era leggermente diverso: Nonostante una tecnica divina e un rovescio a una mano che richiama vibes federeriane.

Alcaraz e Djokovic

Diciamolo subito, gli ostacoli per questa rimpatriata in finale, Carlos Alcaraz e Nole Djokovic, sono belli duri: sono il numero 2 e 6 del mondo, solo che il sei ha più Slam di tutti nella storia del tennis (24). Ovviamente si tratta dei i peggiori giocatori possibili da affrontare per Sinner e Musetti, non solo per un’ovvia ragione tecnica: Musetti in questo momento partirebbe alla pari con tutti i tennisti sulla faccia del pianeta tranne due, Sinner e Alcaraz. E lo spagnolo è in uno stato di forma stratosferico, è arrivato al Roland Garros in piena fiducia dopo la vittoria agli Internazionali di Roma, la terra resta la sua superficie preferita e soprattutto sembra essersi lasciato alle spalle tutti i quei momenti di down in cui buttava via dei game con errori non forzati e colpi decisamente troppo rischiosi.

Un problema che non ha mai afflitto Djokovic. Il serbo, ritrovato contro Zverev – il numero 3 del ranking – il ritmo di una seconda settimana di uno Slam,  ha mostrato grande pulizie al dritto e al servizio, rimanendo dentro la gara nonostante abbia perso il primo set. Quando Nole infila una così alta percentuale di prime di servizio vincenti (il 75%), mette nei guai i suoi avversari, perennemente costretti a inseguire uno scambio in cui ogni volta che manda la palla di là, questa ritorna più forte e in tutte le direzioni possibili. Di fatto, se contro Djokovic non metti tanta pressione fin dalla prima risposta, allora ti tocca combattere contro un muro. E quindi si può dire: Sinner parte favorito, ma sarà complicato.

Il vecchio e il nuovo Musetti

Finora Musetti si era messo sulla mappa del tennis come specialista dell’erba, come un giocatore che da giugno in poi azionava il turbo. Quest’anno lo si è scoperto big anche quando il campo, invece, ha un colore rossiccio: dal momento in cui sono iniziati i tornei sulla terra, infatti, Lorenzo ha collezionato una finale a Montecarlo e due semifinali tra Madrid e Roma. In due di queste occasioni, in Francia e al Foro Italico, è stato fermato a un passo dal trionfo proprio da Alcaraz, futuro vincitore dei due tornei.

E allora ci si può spingere in una piccola preview della sfida: Musetti deve essere perfetto, Alcaraz no. Per inserire nel cv la sua prima finale Slam, il tennista toscano dovrà presentare tutto il repertorio già offerto con Tiafoe, uno che copre bene i corridoi e che picchia forte con il dritto: smorzate, risposte sugli angoli, passanti incrociati e volée in taglio, un mix di giocate che ha mandato in confusione l’americano, l’ha fatto correre a vuoto e gli ha interrotto il flusso di colpi trovato dopo aver conquistato il secondo set. Contro Tiafoe, Musetti ha dovuto fronteggiare diverse difficoltà, da cui è uscito confidando nella forza e nell’efficacia del suo tennis. Una fiducia tutta nuova, che caratterizza l’edizione 2025 del numero due d’Italia. Una consapevolezza figlia del bronzo alle Olimpiadi di Parigi, sul lato professionale, e della paternità sul lato privato.

 

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La maggior parte degli atleti, infatti, sottolinea come l’avere un figlio cambi le priorità della vita e di conseguenza anche il tipo di approccio al proprio sport: da qualche mese Musetti sembra più tranquillo, più certo del suo gioco. L’approccio del numero 7 del mondo, che da lunedì scalerà una posizione, è molto più razionale, come se avesse voluto applicare una sorte di rasoio di occam della racchetta: sfrondare, semplificare per ordinare. Ora sa leggere meglio i momenti della partita, non si fa trascinare dagli eventi, resta sintonizzato sui suoi match. Si fa sorprendere meno e sta diventando un nerd a livello tattico, muovendo una contromossa a ogni attacco dell’avversario. Non è un caso, infatti, che abbia vinto 6-2 l’ultimo set di tutti i match in cui si è andati al quarto, contro Navone, Ruud e Tiafoe. Un segnale di una tenuta mentale solidissima, accompagnata da un’ottima condizione atletica. Nelle ultime settimane ha perso solo da chi, come Alcaraz e Draper, non usciva dall’incontro e col passare dei minuti poteva contare su un braccio più potente.

C0me Sinner

Quello di Musetti è lo stesso processo, con mezzi fisici differenti, che ha compiuto Sinner nel 2023. E l’anno dopo ha portato il tennista altoatesino a vincere Australian Open e Us Open l’anno dopo. Quello che Bublik, suo rivale l’altro ieri, ha paragonato alla formazione di un androide: «Tu non sei umano» gli ha detto il kazako la prima volta in cui hanno giocato contro. Ecco, quell’aura di compostezza e risolutezza, tipica di un robot ossessionato – in senso positivo – dal successo, Jannik l’ha trascinata anche fuori dal campo, durante i tre mesi di squalifica per il caso Clostebol. Ha saltato un terzo di stagione e non se n’è accorto nessuno. Aiutato da uno staff di altissimo livello, una volta tornato in campo non ha praticamente sofferto il ritmo partita. E anche in questo Roland Garros è stato una macchina. Ha fatto fuori due idoli di casa, Rinderknech e Gasquet nei primi due turni, Lehecka ai sedicesimi, Rublev agli ottavi e Bublik ai quarti. Tutti in tre set, tutti abbastanza facilmente. Un rendimento da schiacciasassi, correlato da lampi di grande talento.

Ecco perché dopo aver festeggiato due italiani nelle semifinali di uno slam nel tabellone maschile dopo 65 anni (gli ultimi erano stati, nel 1960 e sempre a Parigi, Pietrangeli e Sirola) si può davvero sognare una finale tutta tricolore. Certo, Djokovic e Alcaraz sono due avversari duri, ma non è avventato credere che quella galleria ferma al 2023, quella in cui ci sono Sinner e Musetti che giocano contro si possa aggiornare tra qualche ora.

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