Contro la Norvegia, abbiamo visto l’Italia più desolante di sempre

È bastato poco, a Haaland e ai suoi compagni, per battere una Nazionale spenta e priva di logica.

Dopo una partita così disastrosa per l’Italia, forse avremmo bisogno del romanticismo di Giacomino Poretti e del suo orologio dei Ringo Boys, quello utilizzato in una memorabile scena di Così è la vita: chi ha tra i trenta e i quarant’anni vi dirà che quella era Italia-Norvegia. Ora come ora sarebbe fin troppo facile pensare che il cimitero abbandonato che fa da contorno a quel momento del film sia il posto ideale per sotterrare le speranze di qualificazione diretta al Mondiale 2026: la Nazionale di Spalletti, per conquistare il pass senza passare dagli spareggi, dovrà vincere tutte le partite da qui a novembre con il massimo dei gol possibili, per poi ribaltare in casa il 3-0 subito a Oslo. Un’impresa a dir poco complicata, soprattutto se ripensiamo a quanto si è visto a Oslo.

All’Ullevaal Stadion, infatti, nell’Italia non ha funzionato nulla. È la peggior sconfitta della gestione Spalletti, più dolorosa anche di quella contro la Svizzera: almeno in quel caso si giocava un ottavo di finale di un torneo continentale, non una gara eliminatoria. Contro la Norvegia, la Nazionale azzurra ha manifestato così tanti problemi da non capire quale sia il problema. Un po’ come nella famosa scena dei Simpson in cui tutte le malattie del signor Burns si ostruiscono il passaggio tra loro. Solo che in quel caso, ostacolandosi da sole, lo rendevano “indistruttibile”, mentre l’Italia di Spaleltti dà un’impressione esattamente opposta. E infatti le parole più significative del post partita le ha pronunciate un onestissimo Gigio Donnarumma: «Non so cosa dire, non ho spiegazioni» ha confessato alla Rai. Non le ha nessuno.

L’Italia non ha creato praticamente nulla, solo un tiro alto di Raspadori e un colpo di testa debole di Lucca a dieci minuti dalla fine, quando i buoi erano abbondantemente scappati dalla stalla. È il secondo 3-0 consecutivo che gli azzurri subiscono nel primo tempo, ma almeno a Dortmund, nei quarti di finale di Nations League contro la Germania, c’era stata una reazione che aveva portato alla rimonta, a un 3-3 purtroppo inutile considerato il successo tedesco nel match d’andata a Milano. Un atteggiamento che aveva infuso un afflato di convinzione per questo match, di fatto già decisivo per volare senza pensieri negli Stati Uniti tra un anno.

E invece la squadra di Spalletti è stata piatta. Dopo un quarto d’ora di palleggio, comunque a basso ritmo, alla prima palla in verticale letta male da Rovella, Di Lorenzo e Coppola, la Norvegia è passata grazie a Sorloth, bravo a tagliare e poi a superare Donnarumma in uscita. Un’azione simile ha portato al raddoppio, poco dopo la mezz’oram di Antonio Nusa: l’esterno del Lipsia, dopo essere passato in mezzo a Rovella e Di Lorenzo, ha spaccato la porta infilando il pallone sotto la traversa. Un’Italia intontita e spaesata ha subito anche il 3-0 di Haaland, visto poco fino a quel momento, con una giocata da copia e incolla dell’1-0. Classico movimento dietro la linea difensiva dell’attaccante del City, Di Lorenzo che lo tiene in gioco, dribbling su Gigio e suggello di quella che il centrocampista del Genoa Thorsby in zona mista ha definito «una serata storica che dobbiamo goderci».

Al di là della maggior qualità tecnica dei padroni di casa, specie dalla metà campo in su, è la prestazione dell’Italia a lasciare interdetti. Non tanto per una questione di condizione atletica, dato che gente come Sorloth, Haaland, Odegaard ha disputato più di 50 partite stagionali, quanto per l’assoluta incapacità di reagire allo svantaggio. Certo, ci abbiamo visto combinazioni per liberare l’inserimento del terzo uomo, ma si sono rivelati degli exploit sporadici. Alla Norvegia di Solbakken, papà di Markus regista del Pisa, è bastato attuato un piano gara semplice per neutralizzare gli Azzurri: difesa corta in meno di 20 metri, lavoro continuo sulle linee di passaggio e ripartenze con i velocisti davanti, Sorloth, Nusa, Ryerson e Haaland. L’Italia non ha trovato una soluzione per contrastare questa strategia. Neanche l’ingresso di Orsolini, forse un po’ tardivo, ha portato un po’ di imprevedibilità alla manovra.

Mateo Retegui è rimasto spesso solo, servito immediatamente dopo la riconquista con lanci lunghi su cui Berge, Ajer e Heggem hanno scalato alla grande. L’Italia non ha mai condotto una transizione con qualità, anzi i diversi errori in fase di appoggio hanno aperto alla Norvegia ampie porzioni di campo. Inoltre gli Azzurri sono arrivati sempre in ritardo nelle chiusure, è sembrato che i due di metà campo – Rovella e Barella – fossero costantemente mal posizionati. La catena che ha fatto le fortune dell’Inter, con il solo Bastoni e senza Dimarco e/o Darmian, perde di senso: Udogie è un esterno molto più verticale rispetto al nerazzurro, punta dritto alla corsia, non taglia il campo alla ricerca della profondità o del pari ruolo a destra, non trova le tracce per il compagno dietro. E a pensarci bene il problema di fondo è stato proprio questo, in tutte le zone del campo: le assenze di Calafiori, di Buongiorno e anche di Kean, la condizione scarsa di Dimarco e tutti i contrattempi del caso avrebbero dovuto spingere Spalletti a provare qualcosa di diverso. E invece l’Italia si è consegnata, di fatto, al suo avversario.

Fa strano registrare un’attitudine del genere dopo le numerose dichiarazioni di carica fatte nei giorni scorsi a Coverciano. A questo punto la Nazionale di Spalletti dovrà necessariamente cambiare mindset, concentrandosi partita per partita, lasciando perdere la visione d’insieme. Non è detto che basti per giungere al ritorno con i norvegesi con qualche chance di qualificazione diretta. Possibilità ce ne sono poche e bisogna saperlo, preparandosi anche all’ipotesi spareggi. È inevitabile pensarla in questo modo, perché la Norvegia sarà pure un avversario scomodo, bene o male lo sapevano tutti, ma resta una squadra lontana anni luce dalla qualità di Spagna, Francia, Brasile e Inghilterra, giusto per fare qualche nome. Eppure l’Italia non ci ha capito niente, ha offerto una prestazione davvero negativa, che non lascia entrare alcuno spiraglio di luce in vista del futuro. Anzi, si può dire: l’Italia vista a Oslo è stata una delle più desolanti della sua storia. E non c’è molto altro da aggiungere.

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