Una grande notte per il Lione e per il calcio femminile

La finale di Torino ha premiato la maggiore esperienza dell'OL rispetto al Barcellona. Ma è evidente la crescita dell'intero movimento, sostenuto anche da Hublot, partner della Women Champions League.

È probabile che il risultato della finale di Champions League femminile, vinta dal Lione sul Barcellona per tre reti a uno, debba essere considerato sorprendente. Non che un pronostico definitivo fosse possibile, però più o meno tutti erano d’accordo sul fatto che il Barcellona è attualmente la squadra più forte in Europa. E questo è un assunto che si può contraddire solo con una certa difficoltà: le azulgrana non solo erano le campionesse d’Europa uscenti, ma nel cammino che le ha portate a Torino hanno sempre messo in campo un gioco bellissimo da vedere, fatto di scambi veloci, conclusioni in porta fulminanti, una quantità di talento che a volte sembrava provenire da un altro mondo, a cominciare ovviamente da quello di Alexia Putellas, vincitrice Pallone d’Oro 2021. I pochi momenti di offuscamento, per esempio la sconfitta per 2-0 nella partita di ritorno della semifinale contro il Wolfsburg, sono stati brevi intermezzi in cui le ragazze del Barça hanno lasciato uno spiraglio di gioco alle loro avversarie. Insomma quello spazio era stato concesso da loro, una squadra talmente forte da poter strappare o concedere vittorie ogni volta che lo desiderano, tanto poi c’era sempre modo per recuperare.

Solo che il Lione è arrivato a Torino mettendo sul piatto della bilancia sette Champions League e quattordici titoli della Division 1 Féminin; magari non aveva lo stesso hype e gli stessi numeri di pubblico del Barça, ma poteva contare su un’altra calciatrice da Pallone d’Oro – l’attaccante norvegese Ada Hegerberg, vincitrice del premio nel 2019 – e sul bilancio degli scontri diretti a favore. Per dire: l’ultima volta che le due squadre si erano scontrate direttamente era stata proprio la finale di Champions League del 2019 vinta dal Lione per 4-1. Insomma gli elementi anche solo per ventilare l’ipotesi di vittoria delle Leonesse c’erano, anche se da quel 2019 sembra che siano passate delle ere geologiche – calcisticamente parlando, e non solo. E il Barcellona nel frattempo è diventato la squadra da battere.

Il punto è che una finale è una finale. E allora metà della vittoria la tiene già in mano chi scende in campo con più voglia di sollevare la coppa, chi ha questo scopo fisso in testa e quindi prova a chiudere la partita il prima possibile. E le leonesse hanno messo in chiaro come stavano le cose già nei primi 23 minuti di gara. Prima con un gol sensazionale dalla distanza di Amandine Henry, al sesto minuto, e poi con il raddoppio ravvicinato di Hegerberg. Che di testa, dentro l’area di rigore, non sbaglia quasi mai. Quando la statunitense Macario ha siglato il terzo gol, al 33esimo minuto, il Barcellona era già troppo depresso per reagire. Così la risposta di Alexia, al 41esimo minuto, non è bastata a rimettere le spagnole in gioco anche se poi ci sarebbe stata tutta la seconda frazione da giocare. Fino alla seconda rete del Lione, a dire il vero, la partita era stata in equilibrio. Anzi, era stato il Barça a creare più occasioni. Alla fine però, l’esperienza di alcune giocatrici dell’OL, che di finali importanti ne hanno giocate tante, che sanno che i record di pubblico, i discorsi in sala stampa, l’esaltazione e la reverenza per il pallone d’oro a Putellas tornano a zero quando l’arbitro fischia l’inizio di una partita speciale, ha avuto la meglio. Soprattutto quando si gioca con la coppa che luccica a bordo campo.

Gli highlights di Lione-Barcellona

Alla fine abbiamo avuto lo spettacolo che desideravamo, e anche il risultato che non ci saremmo aspettati – due ingredienti di alto godimento per una finalissima di questa caratura. La degna conclusione per un’edizione della Champions League che è stata visibile in chiaro sui canali streaming, che ha portato negli stadi il numero più alto di spettatori che una partita di calcio femminile possa ricordare. Nelle settimane di avvicinamento a questa finale si è parlato molto dei primati di affluenza fatti registrare dal Barça al Camp Nou sia per il match dei quarti di finale che per quello di semifinale: la cifra raggiunta del Clásico (91.553 spettatori) era già un record, un record che è stato poi battuto sempre dal Barcellona nella partita di andata di semifinale contro il Wolfsburg (questa volta sugli spalti c’erano 91.641 spettatori). Per via di tutto questo, era importante esserci sabato sera all’Allianz Stadium di Torino. Era importante non solo per vedere la partita di calcio femminile per antonomasia di questa stagione sportiva, ma anche per capire quanti animi era capace di risvegliare il calcio femminile in Italia proprio nelle settimane in cui si è effettivamente compiuto il passaggio della Serie A femminile al professionismo.

E questa volta Torino non ha deluso nonostante i precedenti di pubblico un po’ fiacchi, non ultima la partita di andata agli ottavi giocatasi a marzo, quando la Juventus ha incontrato il Lione davanti ad appena novemila spettatori – proprio nella stesso turno in cui il Camp Nou andava sold out con più di novantunomila persone. Insomma, c’erano reali motivi per avere aspettative moderate, soprattutto perché giravano voci per cui le vendite dei biglietti avevano faticato a decollare nelle prime settimane. E invece a Torino sugli spalti c’erano circa 30mila persone, sui 41mila posti disponibili all’Allianz. Un numero molto alto per una partita di calcio femminile in Italia, la cartina al tornasole di un interesse in crescita costante. Da parte del pubblico, da parte dei brand. Come per esempio Hublot, partner non solo della UEFA Champions League femminile ma anche dei prossimi campionati Europei UEFA che si giocheranno in Inghilterra a luglio. Alla base di questa partnership c’è la visione del brand svizzero, che condivide i valori fondamentali dello sport – su tutti il calcio, che supporta con entusiasmo dal 2006 – e crede fermamente nel successo del calcio femminile. E non è un caso che tra i Friend of the Brand di Hublot ci siano proprio Alexia Putellas e Ada Hegerberg.

Hublot è stato Official Timekeeper dei Mondiali di calcio femminili del 2019, l’evento che probabilmente ha sancito l’affermazione definitiva del movimento su scala globale, permettendogli di fare quel passo che l’ha portato nei grandi stadi, all’enorme popolarità che sta conoscendo in questi ultimi anni. La finale dell’Allianz Stadium è stata la conferma di questo sviluppo, incastonata com’era in una settimana brulicante di eventi, per la città di Torino: prima l’Eurovision Song Contest seguito a ruota dal Salone del Libro e nel mezzo una tappa del Giro d’Italia, tutti appuntamenti che hanno fatto da volano per un’esperienza sportiva viva e vibrante. È stato chiaro fin dall’ingresso allo stadio che sabato lo stadio della Juve non sarebbe stato altro che una specie di succursale del Camp Nou. I tifosi dell’Olympique Lione c’erano, ma erano pochi e almeno all’inizio si faticava davvero a sentirli mentre i cori del pubblico blaugrana, che ha accompagnato le sue ragazze con un tifo esaltante, erano preponderanti. Sembra incredibile che una squadra femminile abbia un seguito tale in una partita fuori casa, eppure lo stadio era tutto tinto di blu e rosso, e in certe decisioni arbitrali sentirsi addosso quella unica voce vibrante che ti urla contro può essere intimidatorio se non ci sei abituata. A questo proposito mi piacerebbe sapere cosa si sono detti Christiane Endler e tutta la curva del Barça a pochi istanti dalla fine della partita, durante i minuti di recupero della ripresa, quando la portiera del Lione ha temporeggiato un po’ troppo nell’effettuare un rinvio dal fondo. Difficile pensare che i tifosi non abbiano scagliato anatemi in catalano contro di lei.

Quando lo scorso anno il Barca ha asfaltato in finale il Chelsea di Emma Heyes per 4-0 e ha sollevato la coppa al cielo di Göteborg, il Lione aveva dovuto fare i conti con una stagione senza la stella d’attacco Ada Hegerberg, tenuta lontana dai campi per un grave infortunio al crociato. E così una delle domande relativa all’edizione della Champions dello scorso anno è stata: con Hegerberg a disposizione sarebbe andata diversamente? Rispondere sarebbe ovviamente lezioso, ma il calcio è fatto anche di questi piccoli piaceri ex-post, e allora forse può essere esplicativa una foto che ho visto mentre scorrevo mio feed di Instagram, dove c’erano in fila gli scudetti delle squadre che si sono aggiudicate la Champions League negli ultimi anni. Cinque consecutivi del Lione, dal 2016 al 2020, poi uno del Barcellona, nel 2021, e poi il Lione, di nuovo. Indovinate quali di queste stagioni è stata completamente saltata da Hegerberg.