Bukayo Saka, una ventata d’aria fresca nel calcio inglese

Un giocatore fantasioso e creativo, una personalità originale e perciò da difendere, da preservare. L'Arsenal ha trovato il suo nuovo uomo-simbolo?

C’è qualcosa di gloriosamente vintage, sia pur nell’accezione più positiva del termine, nello stile di gioco di Bukayo Saka. La leggerezza eterea dei suoi dribbling, la facilità irrisoria con la quale schiva i ruvidi tackle dei difensori di Premier League e la sua proverbiale inconsistenza e fumosità negli ultimi metri di campo lo avvicinano un po’ ai protagonisti dei celebri spot Joga Bonito della Nike dei primi anni 2000. In fondo, per sua stessa ammissione: «Football is happiness». Un celebre e fortunato assioma che, guarda caso, è stato utilizzato con  frequenza anche dai calciatori della Seleção brasiliana, uomini-simbolo di un gioco fatto di insuperabili capacità tecniche ma a volte privo di un altrettanto elevato rigore tattico. In effetti Saka non sfigurerebbe, almeno nel riscaldamento prepartita, al fianco dei vari Ronaldinho, Robinho, Roberto Carlos, i protagonisti di quella famosa campagna pubblicitaria: le sue qualità tecniche e balistiche sono davvero altissime.

Il nome Bukayo deriva dalla lingua yoruba, parlata nel variegato sudest del macro-continente nigeriano, ed è traducibile come colui che porta la felicità. Di certo le elettriche folate del laterale offensivo classe 2001, preferibilmente accompagnate da un doppio passo o da una giocata di fino, aggiungono un alto tasso di imprevedibilità che risulta quantomai essenziale alla manovra offensiva dell’Arsenal, spesso troppo condizionata dai rigidi dettami tattici del juego de posición di Mikel Arteta. In un contesto così codificato, Saka è una sorta di generatore automatico di superiorità numerica e posizionale, di occasioni da gol e situazioni pericolose. Peccato solo che l’Arsenal abbia disperatamente bisogno di una una prima punta da 20 gol a stagione, ma forse ne basterebbero anche solo 15, per il tanto agognato salto di qualità. Non è un semplice luogo comune: la legge impietosa dei numeri certifica che l’attuale coppia d’attacco dei Gunners, quella composta da Alexandre Lacazette ed Eddie Nketiah, ha segnato solo otto gol in gare di Premier League. Pochi, pochissimi, per una squadra alla disperata ricerca della qualificazione in Champions League. Forse, proprio in virtù di questa mancanza, ritorno nella massima competizione continentale dopo cinque anni di assenza – l’ultima presenza dell’Arsenal nel massimo torneo europeo risale alla stagione 2016/2017 – proietterebbe Saka scolpito su un ideale Rushmore calcistico dell’era post-Wenger.

Il fatto che la stagione di Saka sia così positiva diventa ancor più significativo se ricordiamo quello che ha passato dopo il rigore sbagliato nella finale di Euro 2020: per un atleta giovanissimo, per un ragazzo che vive il calcio come un prezioso strumento per raggiungere la felicità, subire abusi, insulti razziali e cori di scherno personalizzati ad hoc, volti unicamente a colpire l’orgoglio ferito del professionista dopo un penalty fallito, può rivelarsi come una zavorra difficile da sopportare. In questo senso, il caso di Marcus Rashford è davvero emblematico: nel corso dell’annata sportiva che sta per volgere al termine, l’attaccante del Manchester United è stato un calciatore lontano parente di quello ammirato in passato dalle parti dell’Old Trafford.

Saka, nonostante i 20 anni, è riuscito invece a convivere abbastanza positivamente con la situazione, forse anche grazie al calore di una tifoseria e di un ambiente che apprezza il suo talento, che in lui rivede le premesse per poter recuperare un passato glorioso, ma anche una bella storia da raccontare: entrato nel settore giovanili dell’Arsenal a 7 anni, Saka è diventato – indiscutibilmente – un fan favorite player. E non potrebbe essere altrimenti. Nelle ultime settimane, non a caso, l’Arsenal ha annunciato l’inaugurazione del Bukayo Saka Wall, una parete dentro l’Emirates Stadium composta da 1.700 messaggi di affetto e supporto rivolti a Saka dopo gli insulti razzisti subiti per il rigore sbagliato nella finale degli Europei. Del resto, il ragazzo nato a Londra da genitori nigeriani aveva dichiarato «Negativity won’t break me», e l’aveva fatto già nelle ore successive all’errore dal dischetto che ha consegnato il titolo continentale all’Italia di Roberto Mancini.

Un po’ di azioni belle di Bukayo Saka

Nemmeno i più ottimisti tra i tifosi dei Gunners, però, si sarebbero aspettati una risposta così concreta ed immediata da parte del loro nuovo idolo. Le statistiche sono buone – 11 gol e sei assist in 34 presenze – ma restituiscono solo parzialmente il contributo di Saka al gioco dell’Arsenal. Il fatto che Arteta lo utilizzi regolarmente come riferimento avanzato sul settore di destra – secondo alcuni, Unai Emery aveva abusato della duttilità dell’esterno, in pratica gli aveva tolto una reale dimensione in campo – ha aiutato la crescita del ragazzo, l’ha reso più costantemente creativo, più consapevole delle sue grandi qualità fisiche e di una tecnica di primo livello. Impressiona il confronto, ormai piuttosto popolare nel marasma del Twitter UK, tra l’attuale stagione di Bukayo Saka e quella del ventenne Cristiano Ronaldo nella stagione 2003-2004, appena arrivato al Manchester United: seppur in un calcio differente e in un club con una politica per certi versi opposta rispetto all’Arsenal di oggi, CR7  realizzò “solamente” cinque gol e quattro assist nello stesso numero di partite giocate. Solo numeri? Può darsi, ma si tratta di numeri che evidenziano ulteriormente la portata della crescita vissuta dal Little Chilli, un soprannome affibbiatogli da Aubameyang.

Saka è un God’s Child, come recita la sua bio di Instagram, legge la Bibbia prima di addormentarsi e e non perde occasione per sottolineare, a più riprese, il ruolo che la religione gioca nella sua vita di tutti i giorni: «Cerco di memorizzare il messaggio della Bibbia, comprenderlo al meglio e provo ad attuarlo nella vita di tutti i giorni», ha recentemente dichiarato a GQ – che ha deciso di dedicargli anche la copertina del magazine. Nel calcio ipertrofico e muscolare di oggi, un profilo e una personalità come quelli di Saka sono come acqua fresca nel deserto. Anche per via di qualche momento di polemica e contrapposizione, per esempio quello con Steven Gerrard, manager dell’Aston Villa: dopo la vittoria dell’Arsenal al Villa Park del 19 marzo scorso, Saka aveva chiesto «un po’ più di protezione agli arbitri, soprattutto quando gli avversari mi riempiono di calci e lo fanno di proposito». Secondo un infastidito Gerrard, Saka «non può lamentarsi di questo aspetto del gioco. Ho delle viti nei miei fianchi, ho dovuto subire 16 operazioni, fatico ogni giorno andando in palestra. Questo è il calcio inglese». Ma del resto Gerrard ha solo nove anni in meno di Roy Keane, quindi di un ex calciatore che, parlando di Marcus Rashford, ha detto che «ogni volta che lo vedo riscaldarsi è lì che sorride: appartiene a quel gruppo di calciatori che sorride troppo, e che non mi piace». Ecco, ignorare Saka e il suo appello significa alimentare questa vecchia idea di calcio inglese, vuol dire comprometterne il suo futuro. Mentre invece calciatori andrebbero protetti, tutelati, valorizzati. Proprio come sta facendo l’Arsenal.