Carlos Sainz, vivere per correre

Ritratto del pilota spagnolo, che continua a fare la storia del rally nonostante abbia superato i sessant'anni d'età. L'ultima impresa alla Dakar, alla guida di un'Audi totalmente elettrica.

Tra i motivi per cui sarà ricordata l’edizione 2023 della Rally Dakar, c’è quanto successo nel corso della nona tappa, l’ennesimo momento che, in qualche modo, ha certificato il fascino di una corsa mitica, sempre imprevedibile. Dopo soli 6 chilometri, l’Audi RS Q e-tron E2 del pilota spagnolo Carlos Sainz – in gara con il navigatore Lucas Cruz – si è ribaltata in seguito a un salto su una duna, atterrando di muso nella sabbia e finendo capovolta. Nonostante lo spaventoso incidente, Sainz e Cruz sono subito usciti dal veicolo sulle loro gambe e, con l’aiuto di alcuni assistenti di gara, hanno spinto l’auto per rimetterla sulle quattro ruote. Sainz è stato poi soccorso dai medici e caricato su un elicottero per essere trasportato all’ospedale di Riad, in modo che le sue condizioni potessero essere valutate nel modo più accurato possibile. Durante il volo, però, lo spagnolo sembrerebbe aver chiesto al pilota di essere riportato indietro per poter verificare i danni al veicolo e per portare al termine la tappa, eventualmente. Il tutto, nonostante dei forti dolori al petto e al fianco destro.

Solo pochi minuti dopo, gli account social ufficiali della Rally Dakar riferivano che Sainz e Cruz erano in attesa di assistenza tecnica per la loro Audi. La notizia del ritiro ufficiale dell’equipaggio è arrivata diverse ore dopo, insieme a un’assunzione di responsabilità tutt’altro che necessaria da parte del pilota spagnolo, visto che incidenti di questo tipo alla Dakar sono all’ordine del giorno: «La colpa è mia e di nessun altro», ha detto Sainz. Il rammarico per una conclusione di questo tipo è insomma molto grande, anche se la vittoria della Rally Dakar 2023 era già diventata quasi impossibile nel corso delle tappe precedenti. Dopo aver vinto la prima frazione e aver a lungo dato spettacolo sulle dune – come dimostra anche la manovra mozzafiato diventata virale nel giro di poche ore – già il 3 gennaio Sainz era infatti incappato in una rottura della sospensione posteriore che gli aveva fatto perdere ben 40 minuti in classifica generale, costringendolo ad abbandonare una prima posizione che, fino a quel momento, sembrava piuttosto salda nelle sue mani.

Per il padre dell’attuale pilota Ferrari si sarebbe trattato della quarta vittoria nella Rally Dakar, dopo le affermazioni colte nel 2010, nel 2018 e nel 2020, tutte in compagnia del suo co-pilota di fiducia Lucas Cruz. Sarebbe stata, quindi, l’ennesima impresa di una carriera praticamente infinita, che ancora non sembra essere giunta al termine nonostante quarant’anni e più di corse, su strada e fuoristrada. Le prime gare di Sainz risalgono infatti al 1980, quando aveva solo 18 anni, e a dirla tutta era ancora privo della patente stradale. I primi successi arrivarono però nel 1987, nel campionato spagnolo. Dopo l’esordio nel World Rally Championship di due anni più tardi, già nel 1990 Sainz vinse il primo titolo mondiale – ancora oggi resta l’unico spagnolo ad averlo conquistato – con quattro vittorie e nove podi, in compagnia del co-pilota Luis Moya.

In quello stesso anno, divenne il primo non scandinavo dal 1951 a vincere il Rally di Finlandia, all’epoca noto con il nome decisamente più suggestivo di “Rally dei Mille Laghi”. E Sainz lo vinse nonostante un piede infortunato durante una ricognizione notturna del percorso prima della gara, a causa di un’uscita di strada. «Non c’era altro da fare che sperare nel meglio. Il giorno prima del rally non potevo andare alle verifiche tecniche. Ero sicuro che non sarei stato in grado nemmeno di iniziare il rally», avrebbe poi raccontato Sainz, che invece riuscì non solo a gareggiare, ma anche a lasciarsi alle spalle delle vere e proprie leggende finlandesi come Ari Vatanen e Juha Kankkunen. Dopo un secondo posto iridato nel 1991, arrivato nonostante le cinque vittorie stagionali, nel 1992 Sainz bissò il titolo, con altri quattro rally vinti. Il pilota spagnolo ha poi gareggiato nel WRC fino al 2005, guidando per alcune fra le più importanti marche automobilistiche della categoria e vincendo in tutto 26 rally – un record poi superato negli anni successivi dal francese Sébastien Loeb.

Questa è la filosofia di guida di Sainz: «I pedali devono essere premuti a fondo. Se si toglie il piede dall’acceleratore, è per accelerare in frenata, e se si rilascia il piede dal freno, è per dare di nuovo tutto l’acceleratore». Anche grazie al suo stile di guida e di vita spericolati, spregiudicati, in quegli anni la carriera di Sainz arrivò ad assumere contorni quasi da leggenda. Molto nota era per esempio la sua amicizia con la famiglia reale spagnola e in particolare con l’allora re Juan Carlos, da lui conosciuto durante una partita a squash. «Il re è molto interessato agli sport motoristici», ha raccontato Sainz. «Un giorno ho avuto il privilegio di fare una dimostrazione della mia auto da rally (una Sierra) nel parco del palazzo, ma questo ha comportato dei problemi. Con il Re a bordo ho fatto dei giri nel piazzale del palazzo. Il Re ha pensato che fosse molto divertente, ma dopo si è arrabbiato molto con le guardie del palazzo per tutti i segni neri che avevamo lasciato sul terreno.»

Chiusa l’esperienza nel WRC, nel 2006 Sainz iniziò a dedicarsi ai raid. E in particolare alla Dakar Rally. Alla sua prima partecipazione, vinse subito quattro tappe insieme al co-pilota tedesco Andreas Schulz, dimostrando di poter diventare uno dei migliori anche su questi terreni più complicati. L’amore per quello che è oggi considerato il rally raid più difficile e famoso al mondo divenne immediatamente sconfinato: «Prima di tutto, è una grande sfida che puoi affrontare solo una volta all’anno. In secondo luogo, l’impegno fisico e mentale è estremo e ti permette di avvicinarti al massimo al tuo limite. La Dakar è una prova davvero seria che chiede rispetto», ha affermato Sainz nel 2014 a proposito della corsa.

Da allora, Sainz ha saltato solamente l’edizione 2012, vincendo la classifica generale per tre volte, con un totale di 47 tappe in palmares, fra Africa, Sud America e ora Arabia Saudita. Nonostante l’approssimarsi dei 60 anni – Sainz è nato il 12 aprile del 1962 – nel 2021 il pilota spagnolo ha poi accettato una sfida inedita: quella di guidare la prima auto elettrica ammessa in gara alla Dakar, l’Audi RS Q e-tron. «All’inizio sembrava una sfida complicata, difficile, ma quando abbiamo iniziato a lavorare, a fare dei test, a capire la macchina, a provare a intuire le cose che andavano fatte e sistemate, ci siamo resi conto che era qualcosa di ancor più grosso di quello che avevamo pensato all’inizio» ha dichiarato il pilota madrileno prima dell’edizione 2022 della corsa, in cui ha poi conquistato due tappe.

Carlos Sainz è nato a Madrid il 12 aprile 1962; In totale conta 26 vittorie, 97 podi e 756 successi in prove speciali nel WRC, più tre vittorie alla Dakar in classifica generale (Mike Cooper /Allsport)

Quando gli è stato chiesto dove trovi la forza per andare avanti, anno dopo anno, Sainz ha specificato che «non ci sono altre parole per spiegare tutto questo, se non usando la parola passione. Mi diverto ancora, ho la voglia di prepararmi, di andare in palestra ogni giorno per farmi trovare pronto». Per Sainz le corse sono tutto, e non a caso il documentario del 2021 di Amazon Prime Video dedicato alla sua via e alla sua carriera è stato intitolato Vivir para competir, ovvero “Vivere per competere”.

Per ora, quindi, non si parla ancora di ritiro, anche se ogni tanto qualche pensiero in proposito è necessario farlo, a 61 anni da compiere: «Il mio accordo con Audi è di tre anni, ma ho anche detto loro che ogni anno devo essere onesto con me stesso e capire se fisicamente ce la faccio. Il giorno che sentirò di non poter spingere più al massimo, oppure che non sarò lì con i primi, sarà il giorno giusto in cui fermarmi». Al netto delle sfortune, alla Dakar 2023 Sainz ha dimostrato però di essere ancora all’altezza dei migliori interpreti dei rally raid, e l’idea di rivederlo al via anche dell’edizione 2024 non sembra essere per nulla improbabile. Perché la voglia di competizione è ancora grande, anche per quello che è già considerato uno dei migliori piloti di rally di tutti i tempi.