Il Queen’s è uno dei tornei di tennis più belli al mondo, ma i grandi giocatori lo frequentano poco per paura delle tasse

Il regime fiscale britannico è piuttosto severo nei confronti dei tennisti: il rischio è di perderci soldi, e allora tanto vale giocare altrove.

Ci sono tornei di tennis che valgono di più dei punti che assegnano. Per eleganza, per tradizione, organizzazione, location o semplicemente perché segnano un confine tra le superfici. Il Queen’s racchiude esattamente questo concetto. Si gioca a Londra, nell’omonimo club situato in una delle zone più chic e raffinate della città. All’interno di una struttura meravigliosa, con un’erba finissima e quel profumo di Inghilterra antica, all’esterno le villette storiche in marmo bianco che collegano Fulham e Hammersmith. La manifestazione, poi, inaugura la stagione sull’erba, facendo di fatto da apertura al grande concerto di Wimbledon, in calendario per luglio. Eppure, nonostante una storia e un contesto del genere, negli ultimi anni il Queen’s sembra essere un po’ snobbato dal circuito. Il motivo, purtroppo è abbastanza venale e riguarda il portafogli dei tennisti.

Come analizzato da Diário As, infatti, tutto comincia nel 2011, con una dichiarazione di Rafael Nadal. La leggenda spagnola fece scalpore con un’ uscita tanto diretta quanto sorprendente: «Perdo soldi se gioco nel Regno Unito». Lo ha rivelato quando ha deciso di rinunciare al torneo del Queen’s per iscriversi invece a quello di Halle, in Germania. Una scelta che potrebbe sembrare paradossale, considerando che si tratta di tornei della categoria ATP 500 con ricchi montepremi. Tuttavia, la motivazione risiede nel rigido regime fiscale britannico. Nel Regno Unito, infatti, gli atleti stranieri sono soggetti a una normativa peculiare: non solo devono pagare le tasse su quanto guadagnano partecipando ai tornei che si svolgono nel Paese, ma anche su una quota dei loro ricavi globali da sponsorizzazioni, proporzionata al tempo trascorso sul suolo britannico. Lo ha spiegato lo studio contabile londinese Moore Kingston Smith: «Se il giocatore è presente nel Regno Unito per motivi sportivi, vengono tassati anche i compensi extra campo, come quelli derivanti dagli da sponsor». Per intenderci per le racchette, l’abbigliamento o gli orologi.

Questo spiega perché i tre colossi del tennis mondiale — Roger Federer, Novak Djokovic e lo stesso Nadal — abbiano partecipato solo sporadicamente al Queen’s, nonostante sia considerato il miglior banco di prova per Wimbledon. Federer per esempio ha giocato lì una sola volta, nel 1999, prima di legarsi a vita al torneo di Halle. Djokovic ha disputato il torneo solo quattro volte (2007, 2008, 2010 e 2018), senza farvi ritorno negli ultimi sette anni. Nadal, vincitore nel 2008, ha abbandonato il torneo dopo il 2015.

«La realtà è che nel Regno Unito c’è un regime fiscale molto ampio», ha raccontato sempre Nadal nel 2011. «Non bisogna solo considerare il denaro per giocare, il problema è che il fisco prende una parte dei miei introiti da sponsor come Babolat, Nike o Richard Mille. È dura. Se gioco lì, ci perdo. L’ho fatto per anni, ma ora è sempre più difficile. È troppo». Paradossalmente, il meccanismo non aiuta la presenza dei migliori, dato che più si guadagna più si perde. La normativa fiscale inglese, poi, tiene conto non solo dei giorni in cui l’atleta gioca, ma anche di quelli dedicati ad allenamenti, media e impegni promozionali. Insomma, dell’intero soggiorno su suolo britannico.

 

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Prima di una riforma avvenuta nel 2012, la legge era ancora più severa: si tassavano tutti i giorni di permanenza nel Regno Unito, a prescindere dalle attività svolte. Il tema è tornato di attualità nei giorni scorsi con la vittoria di Carlos Alcaraz al Roland Garros. Secondo alcune testate, il giovane spagnolo dovrà versare il 46% del premio da 2,5 milioni di euro alla Hacienda spagnola. Ma la realtà è più sfumata, come ha precisato il collega Holger Rune: i tennisti pagano le imposte nei Paesi dove disputano i tornei, ma hanno il diritto di dedurre numerose spese: dai membri dello staff agli alloggi, passando per trasporti e supporto medico.

Per gli italiani, però, la storia è diversa. C’è sempre stato tanto azzurro al Queen’s. Berrettini ci ha vinto due volte di fila, nel 2021 e 2022, Musetti è arrivato in finale lo scorso anno. Entrambi non sono presenti in questi giorni per infortunio. Berrettini è alle prese con il cronico problema agli addominali che lo perseguita da anni, mentre Musetti sta curando un dolore all’adduttore sinistro emerso nella semifinale del Roland Garros persa contro Carlos Alcaraz. I due si stanno godendo quindi godendo il torneo da casa. Magari non è un’ottima notizia pensando a Wimbledon, ma lo è guardando al conto in banca.

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