Da quando l’Italia è guidata da un solo ct, Gattuso è solo il terzo campione del Mondo ad allenarla

Prima di lui era toccato a Giovanni Ferrari e a Dino Zoff, con quest'ultimo arrivato a un passo dal trionfo europeo da allenatore. Come sarà l'Italia di Ringhio?

Con Gennaro Gattuso, si va in una  terra praticamente inesplorata. Non soltanto perché un esonero con le qualificazioni ai Mondiali in corso, alla nostra Nazionale, non era mai capitato. Ma anche perché l’ex campione del Mondo che diventa ct è quasi un unicum nell’unicum: eppure così comincia l’avventura di Gennaro Gattuso sulla panchina azzurra. Per forza di cose in salita, con poco tempo a disposizione e un enorme lavoro di rammendo necessario per portare l’Italia almeno ai Mondiali – un tempo formalità, ormai ansiogena barriera collettiva. Almeno quei pochi precedenti possono sorridere a Ringhio? A stento. E in effetti, soltanto così Donnarumma e compagni potranno arrivare in America.

In soltanto altri due casi, un italiano capace di alzare la coppa più ambita da calciatore sarebbe poi diventato commissario tecnico della Nazionale. Una carica che esiste in quanto tale solo dall’inizio degli anni Sessanta: in precedenza, solo Carlo Carcano e Vittorio Pozzo avevano allenato l’Italia senza il supporto di una commissione di dirigenti, altri tecnici ed ex calciatori. Poi, però, l’istituzione della figura del commissario unico si è trascinata fino ai giorni nostri. Proprio il primo a essere insignito di questo onere/onore, non così noto ai giorni nostri, fu Giovanni Ferrari: bicampione iridato nelle grande squadra di Vittorio Pozzo – dove giocava da mezzala – e poi alla guida degli Azzurri dal 1960 al 1962. Tempi durissimi anche all’epoca. L’Italia era reduce dal primo Mondiale mancato della sua storia – figuraccia a Belfast, 1958 – e non aveva preso parte alle qualificazioni dei nascenti Europei. Ferrari raccolse così un gruppo che comunque riuscì a strappare il pass per Cile 1962, puntando forte sugli oriundi – Sívori e Altafini su tutti – nonostante le critiche della stampa, a partire da Gianni Brera. Risultato: gli Azzurri pareggiano a reti bianche contro la Germania Ovest, perdono 2-0 con i padroni di casa – in una partita di leggendaria violenza, passata alle cronache come “Battaglia di Santiago” – e vengono eliminati al primo turno pur battendo 3-0 la Svizzera nell’ultima gara del girone. Sarà l’ultima anche per Ferrari.

La seconda vicenda di cui Gattuso oggi ricalca le orme è quella di Dino Zoff. Portiere, capitano e simbolo dell’Italia campione del mondo in Spagna nel 1982. E, subito dopo il ritiro, già nell’orbita della FIGC: collaboratore di Bearzot ai Mondiali del 1986, poi selezionatore dell’Italia Olimpica. La Federcalcio non si è dimenticata di lui, quando un decennio dopo gli Azzurri di Maldini steccano la missione in Francia. La sua una delle Nazionali più talentuose di sempre, in piena transizione dall’era di Baggio – che Zoff tuttavia taglierà dalle rotazioni – a quella di Totti e Del Piero. A Euro 2000 gli Azzurri sono tra i favoriti. E mantengono le aspettative: girone vinto in scioltezza, 2-0 alla Romania ai quarti e impresa a domicilio sull’Olanda – Toldo, cucchiaio, sbornia – in semifinale. All’ultimo atto è rivincita coi francesi, Delvecchio che illude e Del Piero a sprecare la palla del 2-0. Spietate porte girevoli, perché in pieno recupero Wiltord gela l’Italia e trascina la gara ai supplementari. Dove Trezeguet ci castiga al golden goal. Una mazzata enorme, anche soltanto a rievocarla. Questione di dettagli, di secondi. Per Silvio Berlusconi invece fu tutta colpa di Zoff: lo apostrofò pubblicamente – pur senza ricoprire alcun ruolo formale in FIGC – e in tutta risposta l’ex portiere si dimise. «Per dignità», disse: lezioni per il futuro.

Come sarà l’Italia di Ringhio Gattuso? Certamente più scarsa di quella del 2000, si spera più coesa di quella del ’62: Antonio Conte, correva Euro 2016, dimostrò a tutti che è possibile fare tanto con poco, facendo comunque innamorare della Nazionale. A Gattuso si chiede uno scossone innanzitutto sul piano caratteriale. Poi si vedrà. Il punto in comune col passato è che oggi, come 25 e sessant’anni fa, il vecchio campione del Mondo è chiamato a distendere gli animi e a risolvere problemi. Ce ne sarà da lavorare.

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