Siamo arrivati al quarto numero, al decimo, entusiasmante mese di vita. Avevamo iniziato con Daniele De Rossi, uno dei volti simbolo dell’Italia al Mondiale, uno dei migliori centrocampisti della scorsa stagione. Il Mondiale non è andato come pensavamo, poi. Avevamo continuato con Alessandro Del Piero, in occasione del suo quarantesimo compleanno, con una lunga intervista per tirare le fila degli anni passati e pensare a quelli che devono ancora venire. Ci eravamo, poi, spostati a Londra per incontrare José Mourinho, che con il suo Chelsea già guidava la Premier League grazie al gioco e ai suoi uomini di punta: Costa, Fàbregas… Abramovic. Per questo numero torniamo in Italia, torniamo al centrocampo, ed è il centrocampo dell’attuale capolista della Serie A. È il cervello di quel centrocampo, ma non solo, anche quello della Nazionale, da cui si era ritirato e in cui è tornato dopo l’arrivo di Antonio Conte in panchina. Abbiamo intervistato (e fotografato, negli splendidi scatti di Jonathan Frantini) Andrea Pirlo, il simbolo di un’eleganza calcistica sempre più rara, eppure ancora efficace, e che abbiamo scelto di celebrare.
Celebriamo Pirlo e i suoi movimenti lenti, studiati e sinuosi. La classe con cui porta palla e la visione di gioco che deriva da quella testa sempre alta. In un calcio in cui il fisico e l’esplosività sono sempre più le fondamenta del giocatore del futuro, perfettamente rappresentato da Cristiano Ronaldo o Gareth Bale, c’è ancora spazio per l’eleganza da quasi fermo. È per questo che abbiamo voluto celebrare Andrea Pirlo, e con lui quelli (pochi, a dire il vero) come lui. Nell’intervista firmata Malcom Pagani, Andrea racconta i suoi anni da bambino e la sua evoluzione da Brescia a Torino, i suoi allenatori, i suoi momenti più alti e quelli più bassi. Come i pensieri dopo la notte di Istanbul, quando ha pensato di lasciare il calcio. Come la sua forza, di cui era consapevole fin dai primi passi, e che – dice – non l’ha mai infastidito, piuttosto responsabilizzato. Poi, ad accompagnare una parziale “galleria dell’eleganza” in cui abbiamo scelto di esporre giocatori come Cazorla, Witsel, Modric, Xabi Alonso e altri, il direttore Giuseppe De Bellis spiega, in modo più approfondito, i perché dietro alla scelta della copertina. Ovvero: perché un certo tipo di classe è bella, ma anche efficace. Funzionale a un risultato. Da Redondo a Verratti. In apertura, prima della storia di copertina, naturalmente, gli editoriali di Michele Dalai, Federico Ferri e Pierluigi Pardo.
Nella sezione centrale dei “corti”, analizziamo (con un pezzo di Alec Cordolcini) il fenomeno delle multi-proprietà: ovvero il modello Manchester City, che possiede squadre negli Usa e in Australia, ma soprattutto il modello Roland Duchatelet, il belga proprietario di sei club tra Belgio, Germania, Inghilterra, Ungheria e Spagna. Davide Piacenza poi scrive della storia della Goal Line Technology, che sarà sperimentata in Italia dalla prossima stagione, un’occasione per il nostro calcio di diventare migliore e di dare certezze ai club e al pubblico. Il caso di Barabino & Partners, che gestisce le immagini social dei giocatori, e rende stelle di Instagram o Twitter anche chi non brilla di luce propria sul campo. Infine, due pagine di schemi e analisi tattiche di Louis Van Gaal, dall’Ajax del 1994/95 all’attuale United. Di Massimo Callegari.
La sezione “secondo tempo” si apre con un lunghissimo articolo firmato da Fabrizio Gabrielli e dal titolo piuttosto esemplificativo: Argentina Amore. Ovvero: la storia di un idillio, iniziato sulle navi che portavano gli italiani a Buenos Aires, proseguito nei campi da calcio intorno al Rio de la Plata, e finito – ma soltanto per ora – con la dipendenza calcistica della Serie A dai calciatori in maglia albiceleste. Gli argentini, infatti, sono la comunità di stranieri più nutrita del campionato italiano, e quattro dei primi cinque giocatori che finora hanno segnato di più vengono da lì. Successivamente, tre reportage da tre diverse squadre di tre diverse nazioni, ognuna con un particolare modello: prima l’Udinese, il “nuovo modello Friuli”. Lo stadio, il secondo impianto di proprietà costruito in Italia, i giocatori seguiti con il sistema della re-location mutuato da Google, la comunicazione e il caso Udinese Channel, canale della squadra e televisione locale friulana. Di Francesco Cosatti. Poi il Southampton, la storia dell’anno della Premier. Dopo le cessioni della scorsa stagione (Lallana, Lovren, Lambert, Chambers, Shaw e Pochettino), la nuova rinascita con un bilancio in super-attivo. La strategia consolidata che parte dalla Saints Academy, una delle migliori d’Europa (e che ha prodotto gente come Bale, Walcott, Oxlade-Chamberlain). Infine, il RB Lipsia. In cui RB sta per RasenBallsport, ma anche per Red Bull: è la storia di come la multinazionale austriaca abbia portato nel calcio dell’ex Germania Est i capitali che non c’erano mai stati, e stia costruendo, tra meriti e polemiche, una perfetta squadra in provetta. Di Cesare Alemanni.
Più avanti, dodici pagine che esplorano, graficamente, le font più iconiche della storia del calcio dagli anni ’70 a oggi: dal 14 di Cruyff al 10 di Maradona nel 1986, dal 7 di Cantona alla 9 di Lewandowski, passando per la 15 di Thuram campione del Mondo o la 3 di Fabio Grosso a Berlino. E un’ultima intervista: Daniele Manusia a tu per tu con Kevin Strootman, che ha lasciato l’Olanda per una piazza tranquilla e si è trovato a Roma, dove ha fatto innamorare i tifosi giallorossi che lo chiamano “Lavatrice”, in attesa di tornare sul campo dopo l’ennesimo infortunio. Poi, lo speciale a stelle e strisce: Yankee Goal Home, ovvero il ventesimo anno di Major League Soccer, l’anno della conferma, quello in cui gli Stati Uniti vogliono entrare nel calcio che conta. Storia di Giuseppe De Bellis (il derby di New York), Fulvio Paglialunga, Federico Buffa e Carlo Pizzigoni (perché l’America ce la può fare, e perché forse no: un canto e un controcanto), e Timothy Small (il sound di Seattle, ovvero il calcio dei Sounders).
Il consueto “altro sport” è, in questo numero, una coppia: Formula 1 e MotoGP. I due più grandi sport motoristici prendono il via tra pochi giorni, e li abbiamo raccontati attraverso i loro protagonisti e le loro storie. Si inizia con un ritratto (che è molto un elogio) di Lewis Hamilton e della sua classe unica, firmato dal caporedattore Davide Coppo. Poi un profilo di Sebastian Vettel, quattro volte campione del mondo eppure, mediaticamente, ancora sottovalutto. E un’intervista a Max Verstappen, figlio d’arte e più giovane pilota F1 di sempre, più di un predestinato (entrambi i pezzi di Benny Casadei Lucchi). Con Matteo Palmigiano siamo andati nell’affascinante centro ricerca e sviluppo Pirelli, dove ingegneri e operai fanno nascere gli pneumatici che usano tutte le auto di F1, e con Francesco Paolo Giordano abbiamo fatto un giro negli studi Sky per scoprire come seguiranno (e come seguiremo, da casa) la stagione motoristica più tecnologica di sempre. Infine, spazio alle moto, con due contributi d’autore. Il primo è un ritratto di Valentino Rossi, di Giorgio Terruzzi. Il secondo è un racconto dello scrittore e giornalista del Corriere della Sera, Giuseppe Di Piazza. Un elogio, sentimentale, romanzesco e romanzato, del ducatismo, come stile di vita, come amore per la velocità e non solo.
Ci vediamo in edicola da venerdì 13 (a Milano), e dal weekend o dai giorni successivi nel resto d’Italia. Come al solito, buona lettura.