La nuova Europa League

Guida alla seconda competizione europea, che non è più snobbata come una volta. Al via, per l'Italia, Napoli, Fiorentina e Lazio. Attenzione a Borussia Dortmund e Liverpool.

C’era una volta l’Europa League. O meglio: c’era una volta la “vecchia” Europa League. Quella snobbata dalle squadre, soprattutto italiane, che vi partecipavano. Oggi è tutto diverso. Pur rimanendo lontana anni luce dai lustrini (e dai soldi) della Champions, la seconda competizione Uefa ha fatto, negli ultimi anni, un sostanzioso passo in avanti. L’appeal, la competitività delle squadre in campo e soprattutto i premi sono fortemente cresciuti, e l’impennata ha fatto in modo che la vecchia Coppa Uefa diventasse – finalmente – una competizione in cui è già importante esserci. E in cui andare avanti diventa appetibile, dal punto di vista del prestigio sportivo ma anche dal mero punto di vista economico. I conti in tasca all’Europa League sono stati fatti da Marco Bellinazzo, esperto di economia applicata al pallone e firma del Sole 24 ore: i club partecipanti si divideranno un premio di 381 milioni di euro, una cifra in aumento del 64% rispetto all’ultima edizione. Cresce anche il premio per la partecipazione ai gironi, che rispetto agli 1,3 milioni della scorsa stagione è salito fino a 2,4. Per i vincitori della finale, quest’anno in programma al St.Jakob-Park di Basilea, il ricavo massimo dei soli premi raggiungerà i 14,8 milioni di euro, a cui andrà aggiunta la quota del market pool – che può anche superare i sei milioni di euro –, vale a dire la somma che dipende direttamente dalle cifre investite dalle varie televisioni nazionali per acquisire i diritti delle partite.
Ecco che allora giocare l’Europa League oggi vuol dire mettersi alla prova in un torneo interessante e appassionante, ma anche potenzialmente remunerativo. L’hanno capito e dimostrato sul campo le italiane della scorsa edizione, capaci di presentarsi in cinque agli ottavi di finale. Due di queste, Napoli e Fiorentina, sono arrivate in semifinale (traguardo che per la nostra Serie A, prima della Juventus 2014, mancava addirittura dall’edizione del 2008, quando proprio i viola mancarono solo ai rigori l’accesso all’ultimo atto). Oggi ci ripresentiamo al via con tre squadre: due sono ancora Napoli e Fiorentina, qualificate tramite il campionato 2014/2015. La terza è la Lazio, retrocessa dalla Champions dopo l’eliminazione col Bayer Leverkusen. Vediamo come si presentano le nostre squadre, le loro avversarie e le prospettive in questa Europa League che sta per iniziare.

Contingente Italia: Napoli
Il più grande avversario del Napoli è proprio il Napoli. La squadra ereditata da Maurizio Sarri, potenzialmente, ha tutto per vincere la competizione. La qualità dei calciatori, soprattutto quelli offensivi, l’ormai elevata esperienza internazionale dell’organico e il fresco precedente (la semifinale persa inopinatamente col Dnipro) fanno degli azzurri una credibile candidata alla vittoria finale, alla pari degli altri team da Champions o giù di lì che figurano nel tabellone (il Tottenham, il Borussia Dortmund, lo Schalke e il Liverpool). L’incognita dei partenopei sta nell’inizio zoppicante e nel condottiero, in quel Sarri che per la prima vola in carriera si affaccia all’Europa e, soprattutto, alla gestione di due-tre partite alla settimana. Il gioco proposto dall’allenatore toscano è molto dispendioso dal punto di vista fisico, e il fatto che la rosa del Napoli non sia qualitativamente profonda alimenta qualche dubbio sulla reale competitività degli azzurri in Europa League. Non dovrebbero esserci problemi, però, nel superare lo scoglio dei gironi. Il sorteggio è stato abbastanza clemente, anche se tutti gli avversari sono da prendere con le molle. Il Club Brugge di Michel Preud’homme è stato la grande sorpresa dell’ultima edizione, eliminato di misura e con fatica solo ai quarti e proprio dal Dnipro. Non è una squadra brillante, ma riesce ad esprimersi alla grande soprattutto tra le mura amiche: lo stadio Jan Breydel è rimasto imbattuto per tutta la scorsa stagione, in patria e in Europa League, ed è stato violato solo dal Gent nella gara dei playoff decisiva per l’assegnazione del titolo. In campo, occhio ai giovani Meunier e Vanaken e al centravanti Vossen, dodici presenze in Nazionale e un’esperienza un po’ così in Inghilterra: un anno al Middlesbrough, giusto l’ultimo, e il passaggio al Burnley all’inizio dell’ultimo mercato estivo. Il 31 agosto scorso, dopo sole quattro partite con i Claret, ci ha ripensato e ha firmato con il Brugge.

I gol realizzati da Vossen nell’ultima stagione

Le altre due squadre del girone sono il Legia Varsavia e il Midtjylland campione di Danimarca. Della squadra danese e del suo modello ne abbiamo già parlato qui su Rivista Undici. Anche il Legia è un club in crescita: allenato dall’ex Manchester United Henning Berg, è arrivato alla quinta apparizione consecutiva in Europa League. L’anno scorso, prima di essere eliminato dall’Ajax ai sedicesimi, era riuscito a superare il girone con l’eloquente score di cinque vittorie e una sola sconfitta. Niente male davvero.

Fiorentina
Un incrocio del cuore, subito. Paulo Sousa, appena qualche mese dopo la vittoria della Super League con il Basilea, affronterà proprio i rossoblu svizzeri nel girone di EL. Il Basilea è un cliente poco affidabile, impegnato com’è in un progetto di crescita continua e strutturata testimoniato dagli ottimi risultati europei: la semifinale di Europa League nel 2013, i quarti del 2014 e gli ottavi di Champions raggiunti l’anno scorso, con il Porto giustiziere al Do Dragão dopo l’1-1 di St.Jakob-Park. In campo, molti calciatori di prospettiva e qualche vecchia conoscenza del calcio italiano. Il più interessante è sicuramente Breel Embolo, 19 anni a febbraio e un futuro da star (quasi) assicurato.

Le reti di Breel Embolo

Insieme e accanto a lui, altri giovani da tenere d’occhio: l’olandese Boëtius, l’egiziano Elneny e l’albanese Taulant Xhaka, fratello maggiore di Granit, mediano cresciuto nel Basilea ormai affermatosi nel Borussia Mönchengladbach e nella nazionale elvetica. Infine, le nostre vecchie conoscenze Kuzmanovic e Bjarnason, arrivati in Svizzera dopo le esperienze italiane in chiaroscuro con Inter e Pescara.
Nel girone dei viola troviamo poi i portoghesi del Belenenses e i polacchi del Lech Poznan. I primi sono al ritorno in Europa dopo un’assenza lunga sette anni, mentre i polacchi risvegliano ancora oggi gli incubi della Juventus, che proprio a Poznan, sotto una indimenticabile quanto fitta nevicata, conobbe una delle eliminazioni più clamorose e cocenti della sua storia europea nel 2010/11. Da allora, molta acqua è passata sotto i ponti del Lech, coinvolto in un incrocio ancor più incredibile col Basilea. Svizzeri e polacchi si sono già affrontati in questa stagione europea, nel preliminare di Champions: in luglio ebbe la meglio la squadra elvetica, poi eliminata ai playoff dal Maccabi Tel Aviv. Ora le due squadre si sfideranno di nuovo, in uno scontro che presumibilmente designerà il vero avversario della Viola nella corsa al primo posto del girone. Un obiettivo ampiamente alla portata della Fiorentina, protagonista di un ottimo precampionato e di un buon inizio di stagione.

Lazio
Maledetti preliminari. In due parole, la difficile condizione di una squadra, quella biancoceleste, piombata nella totale delusione dopo la botta avuta contro un Bayer Leverkusen oggettivamente più forte. Un peccato per la Champions tanto inseguita, ma Pioli ha buone possibilità di ben figurare in Europa League. Nonostante una rosa non qualitativamente equilibrata tra campo e panchina, la Lazio hanno tutte le potenzialità per superare agevolmente il girone e presentarsi come outsider di lusso al tavolo della fase ad eliminazione diretta. Il primo turno sarà già un banco di prova serio per i biancocelesti, che affronteranno il Dnipro, il Saint-Étienne e il Rosenborg. Gli ucraini, dopo la pazzesca corsa alla finale dello scorso anno, si sono molto rinnovati: hanno perso Konopljanka, Mazuch e Kalinic, trovando all’interno dell’organico a disposizione di mister Myron Markevych le risorse per sostituirli. Di fatto, l’unico nuovo acquisto inserito in formazione è il brasiliano Danilo, onesto trequartista proveniente dal Metalurg. Se tanto mi dà tanto, il Dnipro resterà la solita squadra difficile da battere a domicilio e ancor più fastidiosa da affrontare in casa, col catenaccio e i contropiede (senza più Konopljanka) come uniche armi conosciute. Impegnativo anche il doppio confronto col Saint-Étienne, affrontato dall’Inter nella scorsa edizione. A differenza di altri club della media borghesia francese, la squadra che fu di Platini si caratterizza per un’età media sbilanciata verso l’alto (26,5 quella della rosa, 27 quella dei calciatori con più di 100 minuti contro i 25,3 dell’intera Ligue 1): in campo, tutti i migliori giocatori superano i 28 anni. Tra questi, segnaliamo lo storico capitano Loic Perrin, dal 2003 in prima squadra, il portiere Ruffier e il francoalgerino Hamouma, esterno offensivo classe 1987.

Non sarà giovanissimo, ma Romain Hamouma non è proprio un brocco

L’ultima avversaria, quella di quarta fascia, è anche quella più suggestiva e nostalgica. Rosenborg, oggi, vuol dire poco. Una volta i norvegesi erano habitué della Champions, una zona nobile in cui, con merito e inaspettatamente, tagliavano teste anche coronate (tristi ricordi per i tifosi del Milan). L’accesso al tabellone principale, appena il quarto in Europa League nelle ultime otto stagioni , ripropone alle grandi ribalte il Lerkendal Stadion. E poco altro. Perché i grandi nomi dell’organico di Per Joar Hansen sono quelli del danere Mark Jensen e di Tore Reginiussen, norvegese che i più fanatici ricorderanno solo di passaggio nell’organico del Lecce (zero minuti giocati nei primi sei mesi dell’annata 2010/2011).

Le altre
Abbiamo già fatto accenno alle grandi favorite, ai club che per blasone e qualità devono per forza aspirare a vincere la competizione. Borussia Dortmund e Schalke dalla Germania e Tottenham e Liverpool dall’Inghilterra rappresentano il meglio di una Europa League un po’ impoverita di grandi nomi. Soprattutto rispetto a febbraio, alla ripresa della competizione dopo la pausa invernale che coincide con l’entrata in gioco delle “retrocesse” dalla fase a gironi di Champions. Per il momento, quindi, “accontentiamoci” delle due tedesche e delle due inglesi. Se proprio fossimo costretti a indicare una favorita, diremmo proprio il Borussia Dortmund. Certo, Klopp è andato via e la squadra che appena due anni fa è arrivata in finale di Champions è stata semismantellata. Tuchel e il suo nuovo progetto, però, sono intriganti per davvero: le cessioni di Kampl, Immobile e dei due senatori Großkreutz e Blaszczykowski sono state bilanciate dagli arrivi di Gonzalo Castro e soprattutto di Adam Januzaj, ex bimbo prodigio dello United venuto un po’ meno al momento della grande consacrazione.

Le cose più belle del giovane Januzaj

Il giovanissimo belga di origine kosovara è stato appena “assaggiato” da Tuchel (una mezzora contro il Borussia Mönchengladbach) nel brillante inizio di stagione dei gialloneri, ed è proprio questo il punto: una squadra che non schiera Januzaj e mette comunque in campo gente come Marco Reus, Henrikh Mkhitaryan e Shinji Kagawa deve per forza pensare di vincere l’Europa League. O almeno di provarci seriamente.
Subito dopo il Dortmund, mettiamo il Liverpool di Brendan Rodgers. Dopo il disastroso approccio all’Europa della scorsa stagione (eliminazione ai gironi di Champions per mano del Basilea e inopinata uscita ai sedicesimi per mano del Besiktas dopo la “retrocessione” nell’ex Coppa Uefa), i Reds si presentano all’EL profondamente rinnovati dal mercato estivo. Clyne, Firmino, Benteke, Ings e Origi hanno sostituito Sterling, Balotelli, Borini, Lambert, Markovic e soprattutto Gerrard: una campagna rischiosa e migliorativa in prospettiva, ma la differenza vera potrebbe farla l’atteggiamento interlocutorio di Rodgers rispetto al torneo continentale. L’ex manager di Swansea e Reading ha infatti dichiarato di «pensare a due squadre che si alternino, una per la Premier e una per l’Europa League». Di solito, gli allenatori che pronunciano queste frasi chiariscono in pratica come i migliori saranno scelti soprattutto per il campionato. Sarebbe un peccato: questo Liverpool, più che nell’infinito blasone europeo, ha (avrebbe?) nel suo organico tutte le possibilità di arrivare in fondo.
Subito sotto, alla pari, Tottenham e Schalke. Due club che, pur con tutti i distinguo del caso, sembrano assomigliarsi molto. Giocatori di grido, investimenti, il fascino della grande squadra. E zero trofei messi in bacheca. Questa Europa League potrebbe essere un’occasione per invertire il trend. Gli Spurs di Pochettino e di Harry Kane hanno salutato Soldado, Stambouli, Capoue e Paulinho per abbracciare Heung-Min Son, Alderweireld e N’Jie: una campagna nel nome, finalmente, di un progetto tattico reale e non solo della ricerca del grande nome. Idem per lo Schalke, che ha sacrificato Draxler (e intascato 36 milioni) sull’altare della mancata qualificazione Champions. Da un mercato funzionale agli obiettivi e al budget del club sono arrivati Geis, Nastasić e Di Santo come nomi forti, ma il vero colpo che tenterà André Breitenreiter è il lancio definitivo di Max Meyer, nuovo giovane fenomeno ed erede designato di Draxler.

Il meglio di Meyer. Questo giovanotto qui riuscirà a non far rimpiangere Draxler?

Il resto del tabellone, nonostante l’assenza di ulteriore sangue blu, è pieno di club della borghesia europea. Il Monaco, in primis: non è soltanto la squadra di El Sharaawy e João Moutinho, ma anche di Jardim, tecnico portoghese che ha quasi imbrigliato la Juventus l’anno scorso, Bernardo Silva e Fábio Coentrão. Quindi, una squadra almeno da quarti in su. Poi ci sono gli altri francesi dell’Olympique Marsiglia, orfani di Bielsa ma imbottiti di ex della Serie A – Rolando, Isla, De Ceglie – e di calciatori interessanti come l’ex City Karim Rekik, il mediano di proprietà del Real Madrid Lucas Silva e il giovane Ocampos, sbolognato dal Monaco lo scorso gennaio e impostosi al Vélodrome con El Loco in panchina. Il contingente spagnolo – limitato a sole due squadre dall’accesso alla Champions del Siviglia, guadagnato proprio tramite la vittoria in EL – annovera Villarreal e Athletic Bilbao. Il Submarino Amarillo ha riportato in patria Soldado e sta dando spazio al giovane Matiàs Nahuel, giovane della cantera decisivo nella recente vittoria della Spagna all’Europeo Under 19.

Il gol di Nahuel con la Spagna Under 19

L’Athletic, invece, ripartirà dall’incredibile vittoria nella Supercoppa di Spagna contro il Barcellona e dal ritorno in Baskonia di Raúl García Escudero, uomo di Pamplona e primatista di presenze in Europa con l’Atletico Madrid.
Tra tutte le altre squadre, vogliamo segnalarne due in particolare: il Fenerbahce e l’Anderlecht. I turchi sono reduci da un mercato pirotecnico e hanno il potenziale per puntare almeno ai quarti di finale. Qualche indizio: Nani e Van Persie dal Manchester United, Kjær dal Lille e soprattutto Lazar Markovic dal Liverpool. Il serbo cerca il rilancio a Istanbul dopo una stagione di pochissimi alti e molti bassi ad Anfield, ma ha tutto, davvero tutto, per tornare tra le star futuribili del pallone.

Lazar Markovic: roba da predestinato

In Belgio, invece, vivono una fioritura di talenti storica. L’Anderlecht, nonostante abbia perso malamente l’ultimo campionato a favore del Gent, resta il club di riferimento assoluto del movimento e ha già lanciato i nuovi fenomeni del calcio locale, Dennis Praet e Youri Tielemans. 39 anni in due, rappresentano il futuro tecnico (ed economico) del club, che nell’ultimo mercato ha affiancato loro uomini d’esperienza come Okaka e Obradovic e con i suoi senatori storici Proto, Vandenborre e Defour (ex giovane prodigio dello Standard Liegi un po’ persosi dopo un passaggio nel Porto) punta, realisticamente, almeno alla fase ad eliminazione diretta. Dopo, quello che verrà sarà tutto di guadagnato.

 

Nell’immagine in evidenza, Aleix Vidal celebra la vittoria del Siviglia nella scorsa Europa League. Michael Regan/Getty Images