Weirdo

Thomas Müller è strano in tutto: ha un ruolo indecifrabile, è buffo, fa interviste atipiche. E segna come pochi altri giocatori al mondo.

Thomas Müller

Di tutti i land tedeschi, la Baviera è il più grande per estensione geografica, e anche quello con il reddito pro-capite più elevato, e anche quello con il più basso tasso di disoccupazione. Questo è soprattutto merito delle aziende che in Baviera hanno la sede: Siemens, MAN, Allianz, Bmw. Tra gli ingegneri che lavorano per Bmw c’è anche il padre di Thomas Müller, Gerhard. La moglie di Gerhard, Klaudia, gestisce le finanze della chiesa del villaggio di Pähl, dove Thomas è cresciuto. La chiesa è quella di Sankt Laurentius, piccola e cattolica e bianca, circondata da molti alberi e case con il tetto spiovente. Thomas Müller non ha mai fatto molta strada nella sua carriera, almeno in termini concreti: dal centro di Pahl all’Allianz Arena di Monaco sono soltanto 60 chilometri, poco meno di un’ora in macchina. Se parliamo di strada in senso astratto, invece, ne ha percorsa molta. Se dovessimo limitarci ai numeri, potrebbe essere sufficiente dire che ha segnato 30 reti in 65 partite giocate con la Nazionale tedesca, e che ha soltanto 26 anni. Ma su Thomas Müller, in campo e intorno al campo, c’è in realtà molto di più da dire.

Ricordo la prima volta in cui vidi una partita di Müller in diretta, cioè la prima volta che mi accorsi davvero di lui. Era il pomeriggio del 3 luglio 2010 e guardavo in un affollato pub sotto casa, a Milano, l’ottavo di finale del Mondiale tra Germania e Inghilterra. Il pub, famoso in città per ospitare ogni tipo di partita calcistica, era molto affollato di inglesi e tedeschi. Io, da sempre vittima di una naturale antipatia verso la Fussball-Bund, tifavo veemente Inghilterra. Che, poi, giocava in un’elegante maglia rossa. Che, poi, era allenata da Fabio Capello. La Germania giocava meglio, naturalmente. L’1-0 arrivò direttamente da un rinvio di Neuer, che scavalcò la difesa inglese e finì inseguito da Klose, che toccò alle spalle di un pessimo James. Nella costruzione del 2-0, poco dopo, c’era già tantissimo di ciò che Thomas Müller sarebbe diventato. E cioè: Müller che scambia con Özil, sulla destra del centrocampo. Prima che Özil la tocchi per Klose, molto vicino, Müller che si mette a correre all’impazzata, in verticale ma leggermente verso il centro dell’area, lasciando interdetti i difensori inglesi. Klose che, vedendo quell’inserimento, lo lancia, e Müller, ormai in area con i difensori alle spalle che stanno cercando di stringere su di lui, che deve solo toccarla al centro, a un Lukas Podolski libero di tirare e segnare. E cioè: la capacità di crearsi uno spazio da sfruttare, con tiri o assist, spesso di prima, nella difesa avversaria.

Dopo il primo gol, e ancora di più dopo il secondo (la partita finisce 4-1 per la Germania, Müller ha 20 anni, è alla sesta presenza in Nazionale e ha segnato 3 reti) Thomas Müller esulta in un modo sgraziato e brutto, il contrario delle esultanze studiate e teatrali che si vedono nel calcio contemporaneo. Lui saltella, con le braccia in alto, sembra un calciatore degli anni Settanta. Il suo 3-1 è il gol che chiude la partita, proprio dopo un gol regolare annullato a Lampard, che sarebbe stato quello del 2-2. Provo, per Thomas Müller, una naturale, immediata e fortissima antipatia.

In quel Mondiale, in cui la Germania si qualifica terza, Thomas Müller segna 5 gol. Compie 21 anni soltanto a settembre. È titolare nel Bayern Monaco dalla stagione immediatamente precedente, quella 2009/10, in cui ha giocato, nel complesso, 52 partite segnando 19 volte. L’allenatore era Van Gaal. Nella stagione 2008/09, con Klinsmann, aveva raccolto soltanto 5 presenze. Pochi mesi prima del Mondiale, a marzo 2010, c’era stato il famoso “episodio di Maradona”. Si tratta di una conferenza stampa prima di un’amichevole Germania-Argentina, in cui el Pibe, indispettito dall’attenzione che gli addetti stampa stavano dando a quel ventenne seduto al suo fianco, dichiarò: «No es normal que yo haga una conferencia de prensa con un jugador al lado», per poi scusarsi, peggiorando, forse volutamente, la situazione: «Pido disculpas. No sabía que era un jugador. Pensaba que era el recogepelotas», un raccattapalle. Il fatto che nei quarti di finale del Mondiale la Germania abbia battuto l’Argentina con un gol del recogepelotas, con il senno di poi, sembra quasi un esito scontato.

«Recogepelotas»

Thomas Müller veniva descritto, nell’estate del 2010 dal Corriere della Sera, come un centrocampista offensivo che sa giocare a destra, al centro e a sinistra. È una buona descrizione, è il ruolo che effettivamente Müller ricopre in quella Germania, ma già allora, e ancora di più con il passare del tempo, la sua posizione è complessa, è un concetto non-statico e pressoché indefinibile. Ci hanno provato in molti, anche lui stesso. Alla fine hanno dovuto trovare un nome nuovo: Raumdeuter. Ma ci torneremo dopo.

Thomas Müller ha 20 anni, è il capocannoniere del Mondiale 2010 eppure a un occhio ingenuo potrebbe sembrare inadatto al calcio. Si muove in modo sgraziato, non è uno a cui affidare il pallone perché non sa dribblare, sia la corsa che il passaggio che il tiro sembrano poco efficaci, gesti eseguiti male. Il calcio è uno sport in cui la coordinazione è importante, dopo tutto: calciare un pallone con l’interno del piede verso un compagno a 30 metri, ad esempio, non è un’attività naturale. Va appresa per bene, eseguita scrupolosamente: la carica da dare alla gamba, il bilanciamento del peso del corpo sulla gamba che rimane a terra, l’arco da tracciare con il braccio opposto al piede di calcio, l’inclinazione del busto. Thomas Müller, nonostante non sappia fare tutto questo, ha successo. Naturalmente, questo lo rendeva, ai miei occhi, ancora più antipatico.

Bayern-Roma, 15 settembre 2010

Poche settimane dopo il Mondiale, Thomas Müller realizza un goal contro la Roma, in Champions League. Un goal strano, a metà tra il bello e il brutto: bello come concetto, un esterno al volo sul secondo palo; brutto come realizzazione, perché Müller è coordinato male. Eppure, ovviamente, riesce a segnare. In quella stagione, la 2010/11, il centrocampista-attaccante gioca ancora molto, e segna come nell’anno precedente. Il Bayern, invece, gira male, e Van Gaal viene esonerato e sostituito da Andries Jonker a fine stagione. Nel 2011/12 arriva in panchina Jupp Heynckes, Müller gioca forse la sua stagione meno brillante, tuttavia il Bayern raggiunge la finale di Champions League, lui segna il gol del momentaneo vantaggio, ma la coppa va al Chelsea. Poco dopo, alla delusione per la sconfitta, si aggiunge la rabbia per lo scarso utilizzo da parte di Heynckes. Thomas Müller dichiara che il Bayern non è solo il suo club di appartenenza, ma sarà il suo club per sempre. Ma la situazione del momento, aggiunge, gli fa pensare che potrebbe anche ascoltare le offerte di altri club. Si parla molto in Inter, ma alla fine non se ne fa niente. Probabilmente le vittorie aiutano a smaltire la delusione, e nel 2012/13 il Bayern di Heynckes vince tutto: Bundesliga, Coppa di Germania, Champions League. Per la prima volta Thomas Müller supera la barriera dei 20 gol stagionali: è il miglior realizzatore di tutto il Bayern, con 23 reti complessive, anche davanti a Mario Mandzukic. Forse è il caso di iniziare a trovare un altro nome per il suo ruolo, perché “centrocampista offensivo” non basta più. Soprattutto visto come segna: l’85% dei suoi gol in Bundesliga, ad esempio, arrivano da dentro l’area di rigore. Significa che, non essendo una punta, fa degli inserimenti la sua arma principale. In una vittoria di Bundesliga contro l’Amburgo, nel novembre 2012, si vede perfettamente.

Inserimento e gol assurdo. Benvenuti in Thomas Müller

Raumdauter, dunque, il nome della sua posizione. La traduzione inglese è qualcosa come “the space investigator”. Negli appunti che ho preso guardando i suoi video ho scritto: «è intangibile, come la luce. È IL movimento». Con Guardiola questa impossibilità di definire il suo ruolo si è ingigantita: nella stagione 2013/14, la prima alla guida del Bayern, Müller è stato schierato 21 volte sull’esterno destro dell’attacco, 15 volte al centro, 10 volte da centravanti, 4 volte a sinistra. In tutte le volte che ha occupato uno dei tre posti dietro la punta, ha segnato, circa, un gol ogni due partite. Complessivamente, ha giocato 50 partite segnando 26 gol. Müller è difficile da interpretare per i difensori, ed è evidente dai numeri, e lo è anche per gli spettatori. Sono andato un po’ più a fondo su di lui, dopo il grande battage mediatico di quest’estate, e ho scoperto l’altra faccia della medaglia: Thomas Müller è un calciatore atipico non solo durante la partita, e la sua mancanza di grazia, e di “normalità”, può avere un risvolto diametralmente opposto a quello a cui ero arrivato d’istinto, inizialmente: Thomas Müller è simpaticissimo, e ha inventato un nuovo modo di giocare a calcio.

In un’intervista al magazine tedesco 11Freunde ha dichiarato: «Nel Bayern io sono il responsabile dell’anarchia in campo. Abbiamo giocatori eccellenti, con una tecnica fuori dal comune. Io contribuisco al nostro gioco con un tipo di movimenti non ortodossi». In una video-intervista sul canale Youtube del Bayern Monaco gli viene chiesto quale sia il suo stile di gioco. Lui risponde con un termine tedesco che non capisco, ma che viene tradotto nei sottotitoli come: «Creatively committed». Un altro video, uscito a settembre, in occasione del suo compleanno, si intitola “This is Thomas Müller ;-)” e raccoglie una serie di sketch del centrocampista/attaccante/Raumdeuter: c’è lui che gioca a ping pong mandando uno smash contro il soffitto; lui che prova a fare dei doppi passi, da solo in allenamento, lento, scoordinato, e sembra che non abbia mai toccato un pallone nella sua vita; lui che guida la macchinina degli infermieri e, in un allenamento sulle punizioni, la parcheggia sulla linea di porta. A dispetto de romanticismo della narrazione sul calcio da strada, Müller ha dichiarato: «Non ho mai giocato a calcio per strada, c’era troppo traffico, troppe macchine parcheggiate». È la Baviera, baby.

;-)

Nell’intervista del Bayern Monaco ci sono altri elementi in bilico tra l’originalità e la stranezza. Quando gli chiedono quale pensa sia l’abilità che gli manca e che gli permetterebbe di migliorare, risponde: essere capace di dribblare. Quale ruolo cinematografico avrebbe voluto interpretare: Mr. Bean. Poco prima, alla domanda “se non avessi fatto il calciatore, cosa faresti?”, dice che sarebbe andato all’università, e adesso (a 26 anni) non saprebbe ancora cosa fare della sua vita.

Le cose sono andate diversamente, e la vita di Thomas Müller è, diciamo, piuttosto ben avviata: Scarpa d’Oro del Mondiale 2010 a 20 anni, Scarpa d’Argento del Mondiale 2014 (vinto) a 24 anni, vincitore di una Champions League, un Mondiale per club, quattro campionati tedeschi. È il giocatore tedesco in attività con più gol realizzati in Champions, 30. E ne ha già segnati 130 con la maglia del Bayern. È migliorato (migliora di anno in anno) anche il suo gioco: a livello statistico, le prime 10 partite del Bayern nel 2015/16 hanno portato altrettante reti, e non era mai successo prima. Con Guardiola, tra il primo e il secondo anno, la sua shot accuracy in Bundesliga è passata dal 49% al 61%; in Champions League dal 60% al 64%.

In un’intervista a Squawka del maggio 2015, Müller ha detto di adorare Guardiola, eppure il loro rapporto sembra non essere privo di problemi. Nella prima stagione, su 51 partite, ha giocato 90 minuti soltanto in 21 occasioni. Le cose sono migliorate? Probabilmente sì, ma nel maggio 2015, durante l’andata della semifinale di Champions League contro il Barcellona, quando viene sostituito al minuto 79, non la prende bene. Esce dal campo arrabbiato e dice: «Kann diese Scheisse aufhoren?», e cioè più o meno: «Può finire questa merda?». Anche per questo, probabilmente, lo United ha passato l’estate a pregare il Bayern di cederlo. Van Gaal l’ha scoperto in Baviera e lo vuole anche a Manchester. Rummenigge, pochi giorni fa, ha rivelato di aver detto a Ed Woodward, vice presidente degli inglesi, di smetterla di chiedere Müller, o gli avrebbe intasato la mail. Nel frattempo, lui segna al ritmo di un gol a partita, o quasi. Muovendosi tra il centrocampo e l’attacco, seminando la sua strana, buffa, anarchia bavarese tra gli avversari. Creando un pezzo di calcio del futuro: quello del Raumdeuter. Un po’ più difficile da ricordarsi rispetto a Falso Nueve, ma per ora molto più efficace.