Cuadrado è cambiato

Da amante solitario del pallone, comunque efficace e funambolico, a ingranaggio perfetto nella tattica juventina.

È difficile individuare o indovinare il momento in cui Juan Guillermo Cuadrado Bello si sia “preso” la Juventus. Tutti, ingenuamente, sceglierebbero il minuto 94 del derby di Halloween, Juventus-Torino 2-1, quello del gol forse decisivo per la stagione bianconera. Da lì sono partite le 15 vittorie consecutive che hanno riportato in testa al campionato la squadra di Allegri. Come per la Juventus, però, pure per Cuadrado quel gol è stato in realtà solo un punto di partenza, lo sparo con la pistola a salve dello starter che dà il via a una corsa. Una metafora perfetta per uno che, secondo i dati ufficiali della Lega, supera in tutte le partite i 30 km/h in sprint. Cuadrado non potrebbe correre in centro a Pordenone: il limite di velocità della città friulana è appunto fissato a 30 km/h.

Difficile colpirla in un modo più sporco.

Ridurre tutto a quel gol, tra l’altro un gol pure casuale, bruttino e abbastanza fortunoso, sarebbe ingeneroso nei confronti di Cuadrado e della sua crescita all’interno del sistema-Juventus. Sarebbe un modo se vogliamo romantico, ma sicuramente superficiale (chi scrive pensa che romanticismo e superficialità siano concetti che quasi sempre vanno a braccetto) per descrivere un matrimonio che invece si è evoluto sul campo grazie al lavoro di un tecnico realista, e forse proprio per questo poco reclamizzato, come Massimiliano Allegri. L’allenatore livornese ha avuto e portato avanti un’idea semplice come un’utopia: razionalizzare Juan Cuadrado. E magari, perché no, farlo pure in un sistema che lo esalti chiedendogli molto allo stesso tempo.

Riguardi Juventus-Napoli – tre mesi e mezzo dopo la notte di Halloween – e poi analizzi lo schieramento dei bianconeri sul terreno di gioco: 4-4-2 asimmetrico, Cuadrado esterno alto a destra e Pogba, solo nominalmente, sull’altra fascia. In realtà il francese fa la mezzala mentre la Juventus attacca e difende soprattutto dalla parte di Juan Guillermo, che fa bene la sua parte. In attacco (tre cross effettuati e altrettanti dribbling riusciti, un passaggio chiave e un tiro in porta), ma anche in difesa, sul temutissimo corridoio di sinistra del Napoli, quello della catena Ghoulam-Hamsik-Insigne: due palloni recuperati e tre tackle tentati, uno riuscito e due trasformatisi in un calcio di punizione a favore degli azzurri. Numeri che raccontano di una fascia coperta con attenzione e imprevedibilità, allo stesso tempo. Cifre di un giocatore razionalizzato, per dirla in una parola sola. Il “Cuadrado perfetto” voluto e costruito da Allegri si è definitivamente preso la Juventus.

Juventus' forward from Colombia Juan Cuadrado (C) celebrates with teammates Juventus' forward from Argentina Paulo Dybala (L) and Juventus' forward from Spain Alvaro Morata after scoring during the Italian Serie A football match Frosinone vs Juventus on February 7, 2016 in Frosinone. / AFP / FILIPPO MONTEFORTE (Photo credit should read FILIPPO MONTEFORTE/AFP/Getty Images)
Con Dybala e Morata, dopo aver segnato al Frosinone (Filippo Monteforte/Afp/Getty Images)

 

Tra il gol del derby – il primo della sua avventura bianconera – e la notte di Juve-Napoli, c’è la storia di un’evoluzione. Sono cambiati tutti e due, Cuadrado e la Juventus, insieme. Un sistema aperto che ha permesso a entrambi di migliorare e migliorarsi, trovando pure modi e tempi per adattarsi a vicenda. Allegri, grazie al colombiano, ha potuto presentare una versione riveduta e corretta del 3-5-2: i tre centrali in campo insieme, lo scivolamento di Barzagli a laterale destro ed Evra che da quinto a sinistra si trasforma in esterno difensivo, in terzino puro. Un modulo ibrido che ha permesso alla Juventus di ritrovare le sue certezze difensive dopo un avvio shock e allo stesso Cuadrado di potersi esprimere con maggiore libertà, causa spalle coperte, sulla sua fascia destra. Lo leggi nei numeri: il colombiano ha una media di 2,7 dribbling riusciti a partita (settimo in Serie A, secondo bianconero dietro Pogba) e ha creato un totale di 31 occasioni da gol tra key passes e assist (terzo juventino dopo Dybala e Pogba), una ogni 41 minuti. Anche meglio che a Firenze: nelle due stagioni complete giocate in viola, Cuadrado aveva una media inferiore, un’occasione creata ogni 49 minuti nel 2013/14 e ogni 55 minuti nel 2012/13.

Più che nel miglioramento di questo particolare parametro, parliamo di un Cuadrado diverso anche nell’atteggiamento. In un’intervista, ha dichiarato che in questo modulo «è importante, innanzitutto, fare bene la fase difensiva». Poi ci sono i dati dei dribbling, che rappresentano forse più di ogni altro il cambiamento dell’esterno colombiano: nelle due annate intere alla Fiorentina, Cuadrado aveva la media di 3,7 e 3,3 dribbling a partita; il numero sale a 4,8 per la stagione divisa a metà tra la squadra viola e il Chelsea, che lo acquista nel gennaio scorso per 31 milioni di euro. Dire che quindi Cuadrado si sia trasformato non è un’utopia, anzi: da esteta innamorato del pallone, un parvenu illuminato dello street soccer, ecco oggi un calciatore capace di essere non solo bello a vedersi, ma anche utile sempre e realmente parte di un contesto. Il suo è ancora un calcio istintivo, primordiale, fatto di accelerazioni e inserimenti, ma è pure ottimizzato per un sistema, non solo per la giocata fine a sé stessa. Insomma: Cuadrado è ancora uno che  può decidere e spaccare le partite all’improvviso, con una giocata. Ma è anche qualcosa di nuovo, di differente.

Il “nuovo” Cuadrado, in Juve-Napoli.

Poi c’è il Cuadrado classico, quello che Tim Vickery, esperto di calcio sudamericano della Bbc, presentava così dopo l’annuncio del suo arrivo al Chelsea: «He is at his best as a wide right-midfielder – especially as over the last couple of seasons he has started scoring more goals. But he can also feature as an attacking right-back, or cut in from the other flank». Un’ala, di quelle vecchio stampo: dribbling, accelerazioni, fantasia. Uno per cui è un piacere montare un video di finte e magie palla al piede di dieci minuti, cioè tantissimo materiale anche se non hai nemmeno ventuno anni e sei uno sconosciuto giovane dell’Independiente Medellín, un club neanche tanto famoso del calcio colombiano. Il profilo perfetto per l’Udinese, che prende Cuadrado nel 2009 e poi sbaglia tutto quello che si può sbagliare nella gestione del calciatore. Non sbagliano solo i friulani: ancora Tim Vickery, sempre nella stessa intervista di presentazione, confesserà che un club di Premier League non meglio identificato visionò Cuadrado nei suoi primi anni in Italia e poi lo considerò «too old» per la Premier League. A 23 anni.

La stagione a Lecce (2011/12), in prestito dalla casa madre friulana, è quella del lancio definitivo. E, ovviamente, del premio per il maggior numero di dribbling di tutta la Serie A. Per capire, basta la testimonianza di Serse Cosmi, allenatore giallorosso dell’epoca, dopo un gol al Siena: «Quando ho visto partire Cuadrado ho sperato che portasse il pallone almeno fino a centrocampo, poi vedendolo saltare i primi giocatori ho sperato in una punizione, quindi ho detto: adesso conclude “alla Cuadrado”, sparacchiando fuori. Invece gli ho visto fare uno “scavino” e mettere il pallone in rete. Non male dopo sessanta metri di corsa palla al piede e con gesti tecnici formidabili». Il resto sono le esultanze on the dancefloor con il connazionale Luis Muriel, e una retrocessione che, al di là dei due colombiani, si spiega con i guai societari che porteranno il Lecce in Lega Pro nel giro di qualche mese.

I due anni di Firenze sono tutti in due dichiarazioni di Vincenzo Montella, l’allenatore del suo periodo in Toscana. Curiosamente, sono legate entrambe a una partita col Chievo, girone di andata («Cuadrado? Non so se è arrivato al livello dei grandi, ma è un giocatore unico. Oggi ha segnato da sinistra nel 4-3-3 e da destra nel 3-5-2») e di ritorno («Se vuole diventare un top mondiale deve essere un po’ più disciplinato») della stagione 2013/14. Poi ci sono le cifre (26 gol in 106 partite, record di 11 in Serie A nella stagione 2013/14), che però non dicono tutto dell’amore del pubblico viola per un calciatore che non può passare inosservato sotto gli occhi dei buongustai del Franchi, da Antognoni a Baggio, da Rui Costa a Batistuta, sempre affascinato dai più talentuosi. Al momento del suo passaggio al Chelsea, l’allenatore viola saluta così il colombiano: «Sono sincero, era una situazione che andava fatta.  Da allenatore mi dispiace, certo, ma a livello tecnico se è stato pagato così tanto vuol dire che ne valeva la pena. Rispetto a Salah, che arriva per sostituirlo, Cuadrado sa fare anche più ruoli rispetto a lui. Servirà un vice-Joaquin che possa fare il quinto, se vogliamo giocare con il 3-5-2. Altrimenti dovremo cambiare schema di gioco ma sarebbe un peccato». Pure Montella utilizzava Cuadrado come Allegri, oggi, fa nella Juventus. In realtà, pure Tim Vickery, sempre lui, aveva in qualche modo avuto l’occhio lungo sull’utilità di schierare Cuadrado su una porzione lunga della fascia destra: «Cuadrado ha risolto i problemi tattici della Colombia. La linea difensiva doveva stare bassa per proteggere il veterano Mario Yepes. E Cuadrado riesce a trascinare la squadra avanti e ad aprire il campo, grazie alla sua velocità e ai suoi dribbling sul lato destro».

Nel 2014 con la maglia della Colombia, in un allenamento pre Mondiale (Eitan Abramovic/Afp/Getty Images)
Nel 2014 con la maglia della Colombia, in un allenamento pre Mondiale (Eitan Abramovic/Afp/Getty Images)

Oggi, il cerchio si è chiuso. Cuadrado ha saputo razionalizzarsi, ha saputo trasformarsi in quello che prometteva e che pure Montella gli chiedeva di essere. Un’idea semplice come un’utopia: diventare un calciatore completo e rimanere ancora decisivo, sempre decisivo. Il secondo gol in ordine di tempo ha avviato la rimonta nell’unica partita dopo il derby in cui i bianconeri sono passati in svantaggio (Juventus-Fiorentina 3-1); due delle quindici vittorie bianconere, forse quelle più faticose, sono arrivate grazie a una sua giocata risolutiva (Juve-Genoa e Frosinone-Juve). Allegri, in uno dei match decisivi della stagione, ha scelto di impostare la squadra su di lui. Insomma, in parole povere: Cuadrado si è preso la Juventus, oggi è fondamentale. Tanto che nell’ultima sfida di campionato, giusto qualche giorno fa, il colombiano è partito dalla panchina per la prima volta dopo tre gare consecutive da titolare, suo record stagionale. Bologna-Juventus è finita 0-0. Non può essere un caso.