«No, no… non con questo brutto tappeto». Quando Maria Sharapova si è presentata al LA Hotel Downtown di Los Angeles, ore 21 italiane, per la misteriosa conferenza stampa che aveva convocato in fretta e furia, c’era una parola che rimbalzava con insistenza: ritiro. Ipotesi che Sharapova ha liquidato con quella battuta, unico momento in cui è emerso il carattere scanzonato della russa – presenza irrinunciabile di serate mondane, molto attiva sui social, tanto da essere la tennista con più like (oltre 15 milioni) su Facebook, ideatrice di una linea di caramelle tutta sua, chiamata Sugarpova.
Le parole di Maria Sharapova in conferenza stampa
Ma, nella sala con il brutto tappeto, dove è apparsa una Maria Sharapova con lo sguardo serioso, a tratti scalfito dallo sconforto, la parola che è rimbalzata più di tutte è stata Meldonium. Il Meldonium è la sostanza che Maria Sharapova assume da dieci anni (nonostante la compagnia produttrice indichi da quattro a sei settimane il periodo di utilizzo) «per carenza di magnesio», prescritta dal suo medico per motivi di salute, e che è entrata ufficialmente nel novero delle sostanze dopanti dal primo gennaio 2016. La tennista russa, ignara della decisione della Wada, l’Agenzia mondiale antidoping, ha continuato a farne uso ed è il motivo per cui ha convocato la conferenza stampa: è risultata positiva ad un test antidoping durante gli Australian Open.
«Ho commesso un terribile errore di cui mi assumo la responsabilità: il 22 dicembre ho ricevuto una lettera della Wada in cui si segnalavano le nuove sostanze proibite, ma non l’ho letta. Mi dispiace deludere i tifosi e lo sport che ho sempre amato. So che questo avrà delle conseguenze, ma non voglio chiudere la carriera in questo modo. Spero di avere un’altra possibilità di giocare a questo sport». Cosa succede quando un atleta viene sorpreso positivo? Di norma va incontro a due anni di squalifica. Ma, nel caso di Sharapova, la pena potrebbe essere più lieve: se l’assunzione del Meldonium dovesse essere derubricata come “negligenza”, la tennista se la caverebbe con sei mesi di squalifica. La sua partecipazione alle Olimpiadi rimane a forte rischio, nonostante le rassicurazioni del presidente della Federtennis russa, Shamil Tarpischev: «Sciocchezze, Maria parteciperà regolarmente a Rio 2016». Quello che è certo è che la tennista è ufficialmente sospesa dal 12 marzo.
Il Meldonium, la parola centrale nella storia di Sharapova, aiuta a migliorare la propria resistenza, riduce i tempi di recupero dello sforzo e migliora le risposte del sistema nervoso centrale. Sono le conclusioni del laboratorio antidoping di Colonia che hanno spinto la Wada a settembre a includere il Meldonium tra le sostanze proibite, per poi rendere la decisione esecutiva dall’inizio dell’anno. Sperimentata in Lettonia negli anni Settanta – non a caso gli atleti trovati positivi a questo farmaco, tra cui il ciclista Eduard Vorganov e la pattinatrice Ekaterina Bobrova, provengono dagli Stati dell’ex Urss – con lo scopo iniziale di aumentare il peso dei maiali, ha trovato in seguito la sua applicazione come prodotto anti-ischemico, utile per il trattamento di disturbi neurologici e anche per aumentare il desiderio sessuale.
L’impero mediatico di Maria Sharapova, la tennista numero 7 al mondo e la sportiva che fattura di più al mondo tra le donne (quasi 30 milioni di dollari l’anno), è già in fase di sgretolamento, come confermano le intenzioni dei suoi sponsor: Nike ha sospeso l’accordo, Tag Heuer ha fatto dietrofront su un possibile rinnovo di partnership. L’impero sportivo, quello tra le cui conquiste compaiono cinque tornei Slam (Australian Open 2008, Roland Garros 2012 e 2014, Wimbledon 2004 e Us Open 2006) e un argento olimpico, Maria ha voluto salvaguardarlo con le sue parole, mettendosi al centro della scena nel momento più buio della sua carriera: le scuse ai tifosi, al mondo del tennis, nonostante una colpevolezza che appare ambigua, al netto di un’inspiegabile, quasi dilettantesca, ingenuità.
È questo che cozza incredibilmente con la figura di Maria Sharapova: tutto le apparteneva, meno che l’ingenuità. E anche quando, diciassettenne, vinceva il suo primo grande titolo a Wimbledon, la sua ingenuità appariva costruita, e lei fosse quasi obbligata a cavalcarla data la giovane età. Il modo di esultare, l’interazione con il pubblico ben riuscita come se padroneggiasse la scena da decenni, e la telefonata, proprio lì, sul Centrale di Wimbledon, per dire alla sua famiglia che ce l’aveva fatta: era tutto troppo teatrale per essere genuino. Maria Sharapova, da subito, aveva mostrato capacità non comuni nella costruzione di un personaggio, bellissima e inarrivabile, bravissima e cattivissima, simpatica e ambiziosa, alla moda, abile a intercettare gusti e desideri del pubblico. Con una determinazione rara, riversata in ogni cosa che faceva. Vederla sprofondare, inerte e impotente, stona, stona terribilmente. Più di un brutto tappeto.