Giovani talenti di Champions League

Più o meno conosciuti, chi sono i migliori under 22 dei quarti di Champions League: Saúl Ñíguez, Joshua Kimmich, Munir El Haddadi, Kelechi Iheanacho.

Sono giovanissimi, tutti under 22, eppure già in pianta stabile nelle migliori formazioni d’Europa. Anzi, nelle migliori otto, in quelle che disputeranno i quarti di finale di Champions League. Tra queste, abbiamo scelto quattro giocatori che hanno dimostrato di essere già pronti per il palcoscenico più prestigioso.

Saúl Ñíguez – Atlético Madrid

Se Simeone continua ad avere la possibilità di schierare un centrocampo fluido ed adattabile alle esigenze, è per merito della duttilità di due giocatori. Uno è Gabi, il capitano, l’altro è Saúl Ñíguez, ha 11 anni in meno di Gabi (è del novembre 1994) ma un potenziale decisamente più grande. Si può dire che Saúl sia spuntato dal nulla e che in breve tempo sia diventato uno dei giocatori cardine dei colchoneros. È l’ago della bilancia del centrocampo dell’Atlético perché è a lui che si demanda il compito di ribaltare l’azione, incarico di primaria importanza in un contesto tattico come quello creato da Simeone. Abile a disimpegnarsi in tutte le posizioni del centrocampo, Saúl Ñíguez ha inizialmente impressionato come schermo davanti alla difesa, dove può far valere le sue doti di intercetto e gioco aereo. Ma le doti atletiche, unite a un’ottima tecnica di base, ne hanno evidenziato le capacità di giocatore box-to-box.

Si diceva dell’esplosione, un po’ improvvisa, di Saúl. Cresciuto nella cantera dei colchoneros, dopo gli inizi in quella rivale del Real Madrid, ha debuttato con la prima squadra dell’Atlético quattro anni fa, ad appena diciassette anni. Ma gioca solo un paio di spezzoni, va in prestito per un anno al Rayo e l’anno dopo è pronto a farsi strada con i rojiblancos. A dirla tutta, lo scorso anno è positivo solo a metà: Saúl colleziona minuti in campo, ma non trova continuità, mettendo insieme a fine stagione solo 10 presenze da titolare in campionato.

La sua dimensione da comprimario sembrava confermata anche a inizio stagione, invece Saúl Ñíguez ha stupito la platea, al punto che Simeone, nelle ultime 19 gare di Liga, lo ha sempre schierato titolare. Lui, che è anche capitano dell’Under 21 spagnola, ha già segnato otto gol nelle tre competizioni. Un moto perpetuo capace di essere utile in ogni zona del campo e in ogni situazione di gioco. Simeone ha detto di lui a inizio stagione: «Può arrivare dove vuole. Non gli manca niente».

Joshua Kimmich – Bayern Monaco

È una delle invenzioni di Pep Guardiola. Arrivato in estate per 8,5 milioni di euro – tanto, per un classe ’95 che non aveva mai giocato in Bundesliga – doveva rinforzare il già collaudato centrocampo bavarese. Ha avuto più spazio del previsto, ma perlopiù in partite abbordabili e raramente dall’inizio. La svolta è arrivata contro l’Hoffenheim, lo scorso 31 gennaio, quando è stato schierato difensore centrale. Esperimento riuscito e ripetuto, anche perché, a turno, i difensori del Bayern sono finiti fuori uso: Boateng, Badstuber, Benatia. Da quel 2-0 all’Hoffenheim, Kimmich ha sempre giocato titolare nel suo nuovo ruolo, eccetto la gara interna contro il Magonza di inizio marzo: i bavaresi persero 2-1, il secondo ko in Bundesliga, convincendo Guardiola a non escludere più il ventunenne tedesco.

Cresciuto nello Stoccarda – è lì che sono finiti i quasi 9 milioni sborsati dal Bayern – pur non avendo mai giocato in prima squadra, Kimmich è stato centrocampista del Red Bull Lipsia per due anni, centrando nella prima stagione la promozione in seconda serie. Mettendo in mostra capacità non solo in fase di copertura, ma anche in fase di impostazione.

L’arretramento sulla linea dei difensori, per vari motivi – inesperienza, difficoltà nel coordinare i movimenti con i compagni di squadra, i 176 cm di altezza – poteva essere un azzardo: invece Kimmich ha dimostrato, salvo qualche comprensibile titubanza, di sapersi disimpegnare in modo ottimale. Al punto che Guardiola non ha nascosto il proprio entusiasmo, che è anche un po’ una scommessa personale stravinta: «È un super, super, super, super giocatore. Adoro questo ragazzo, ha voglia e passione. Mi piace lavorare con ragazzi che imparano e vogliono dare sempre di più». L’energica ramanzina, alla fine del match contro il Borussia Dortmund, evidenzia quanto gli stia a cuore la crescita del tedesco.

Munir El Haddadi

Ha solo 20 anni – è un classe 1995 – eppure il suo nome si fa con insistenza da tempo. Questo perché Munir, nato vicino Madrid (pare fosse tifoso del Real) da genitori marocchini, ha debuttato in prima squadra prestissimo, nell’agosto 2014, a soli 18 anni. Qualche giorno dopo ha collezionato una dozzina di minuti con la Nazionale spagnola, in una partita di qualificazione agli Europei contro la Macedonia. Trascinato dai giudizi a dir poco sensazionali sul suo conto: merito di una Youth League, quella del 2013/2014 che si conclude con la vittoria dei blaugrana, in cui il protagonista assoluto è lui. È capocannoniere del torneo con 11 gol in 10 partite, tra cui una doppietta all’Ajax, una doppietta al Milan, il gol decisivo in semifinale contro lo Schalke, due reti nel 3-0 nella finale contro il Benfica (il secondo da centrocampo).

È un esterno offensivo, bravo con entrambi i piedi anche se predilige il sinistro, che è poi il motivo per cui preferisce giocare sulla fascia destra: da lì può puntare l’uomo e rientrare sul piede preferito per calciare in porta. Luis Enrique quest’anno gli ha già concesso 1.544 minuti, non tantissimi ma neanche pochi considerando che davanti ci sono tre intoccabili: se esce uno della Msn, è a Munir che tocca entrare. Tempo che è bastato al ventenne per mettere a segno 8 gol e per servire 7 assist: nel 2016, ogni volta che è sceso in campo, ha sempre segnato (eccetto in una partita di Coppa del Re contro il Valencia).

Numeri pienamente convincenti, che hanno spinto il Barça a non privarsi del calciatore nonostante la corte di molti club, Celta Vigo in primis: ma, a differenza di altri canterani mandati altrove come Deulofeu e Tello, i blaugrana non vogliono privarsi di Munir. Anche perché Luis Enrique potrebbe avergli trovato un nuovo ruolo, quello di attaccante centrale del tridente, provato con successo in Coppa contro l’Espanyol e poi a Bilbao. Risultato? Tre gol in due partite e movimenti ottimi come suggerisce la doppietta ai rivali cittadiniil gol dell’1-0 segnato ai baschi con un perfetto taglio su cross dalla destra di Rakitic. Senza Suárez in campo, a garantire gol è proprio Munir.

Kelechi Iheanacho

Una di quelle epifanie da far sobbalzare. Il City lo ha rilevato nell’estate 2014, dopo che Iheanacho si era fatto notare nel Mondiale Under 17, quando vinse il titolo con la sua Nigeria e fu premiato come miglior giocatore del torneo (6 gol). A inizio stagione Pellegrini comincia a portare il nigeriano classe ’96 con sé in panchina: è impressionato dalla sua confidenza con il pallone, dalla sua sicurezza, che ha esibito nella tournée estiva in Australia. Gli fa assaggiare la Premier League per una manciata di minuti contro il Watford, quando la partita è già chiusa a favore dei Citizens. Nel turno successivo, contro il Crystal Palace, lo manda ancora in campo al 90′, ma stavolta con il punteggio inchiodato sullo 0-0: gli basta toccare un pallone per regalare la vittoria al Man City, battendo in velocità i difensori avversari dopo un tiro di Nasri ribattuto dal portiere.

Dopo aver deciso quella partita, Iheanacho segna ancora in Premier contro Swansea e Tottenham, e soprattutto segna una tripletta in Fa Cup all’Aston Villa. Così Pellegrini si è definitivamente convinto, inserendo il nigeriano nella lista della Champions per la fase ad eliminazione diretta dopo averlo escluso dalla fase a gironi. Pellegrini lo sta utilizzando principalmente come prima punta per ragioni di necessità, anche se Iheanacho nasce come attaccante esterno o tutt’al più seconda punta per sfruttare la sua micidiale progressione.

In tutto, ad ora, fanno 9 gol e 6 assist e, sebbene sia nato un curioso caso dopo che Henry ha fatto notare che nessuno ha esultato con lui dopo la rete al Tottenham, il nigeriano potrebbe avere sempre più spazio da qui a fine stagione. Intanto incassa la stima di Pellegrini, che si aspetta di vederlo ad altissimi livelli: «Lo ringrazio per quello che ha detto, mi dà fiducia in quello che faccio. So che è difficile trovare spazio in una squadra come il City, ma l’importante per me è lavorare duro in ogni allenamento. Quando lavori duro, le ricompense arrivano sempre».

 

Nell’immagine in evidenza, Saúl Ñíguez esulta dopo aver segnato al Deportivo lo scorso 12 marzo. (Javier Soriano/AFP/Getty Images)