È lo stesso Totti di sempre

La doppietta contro il Torino di Francesco Totti non è una rivincita: è solo un'altra pagina stupenda di un campione che va ammirato, non compatito.
di Francesco Paolo Giordano 21 Aprile 2016 alle 10:09

Adesso potremmo indignarci e arroventarci sulla questione rinnovo/non rinnovo, e sostenere che sarebbe un crimine non fargli firmare un nuovo contratto. Potremmo dire che uno così dovrebbe smettere a 45, a 50, a 60 anni, mica a 39. Potremmo mettere in croce la Roma e soprattutto il suo allenatore, come ha fatto un noto quotidiano sportivo romano sulla sua pagina internet titolando “Alla faccia di Spalletti”. Oppure potremmo dimenticarci di tutto questo, e dedicarci alla contemplazione di un momento sportivo unico, altissimo, chiedendoci: ma cosa diamine ha fatto Francesco Totti?

Ha un significato, forse casuale ma ad ogni modo emblematico, il fatto che sia stato lui a decidere la partita, contro il Torino, che di fatto qualifica la Roma in Champions League (complice la sconfitta dell’Inter a Marassi). Quella che è la competizione dei più grandi, e perciò qualcosa che gli appartiene di diritto. Totti entra sul 2-1 per il Toro, mancano cinque minuti alla fine. I granata hanno segnato nel miglior momento della Roma, una mazzata. Ma, con il solo ingresso in campo del capitano, l’inerzia della gara svolta improvvisamente. «Impressionante l’urlo dello stadio quando è entrato Totti», ha detto alla fine Spalletti. C’è un calcio di punizione, Totti è nel gruppone, come uno dei tanti. Ma quando gli arriva la palla, allora si svela per quello che è, come Ulisse quando, vestito da mendicante, tende l’arco come nessuno riusciva a fare. Si allunga con la gamba destra, gol. Va sotto la curva. È già bello così. Non è abbastanza. Passano due minuti e 36 secondi, rigore per la Roma. Calcia lui: tiro forte, teso, sulla destra di Padelli che intuisce ma non evita la rete. Questa volta non fa in tempo a correre sotto la curva, i compagni sono tutti attorno a lui. È la prima doppietta che Totti segna in Serie A da subentrato: nuovi modi di stupire, anche dopo oltre 20 anni di carriera.

FBL-ITA-SERIEA-ROMA-TORINO

Solo pochi giorni fa, il gol del 3-3 segnato a Bergamo, il secondo in questo campionato, aveva esaltato i suoi tifosi ma anche preoccupato: e se fosse l’ultima rete in carriera? Come se quel gol fosse stato un episodio isolato, bello e suggestivo, ma malinconico e irripetibile. Perché valutato in un’ottica sbagliata: quella del Totti totem, del Totti capitano eterno, del Totti monumento della romanità e dell’intero calcio italiano. Ma il numero 10 giallorosso non è questo, o quantomeno non solo questo: è soprattutto un campione. E un campione, indipendentemente dagli anni che ha, decide le partite. Quando entra in campo, non dovremmo vederlo con gli occhi languidi per un uomo che probabilmente sta giocando le ultime partite con la Roma. Dovremmo vederlo con gli occhi esaltati o impauriti, a seconda della fede calcistica, per un uomo che resta il giocatore di maggior talento della Roma. I numeri non mentono: ogni 48 minuti, in questa stagione, Totti segna o serve un assist.

È attorno a questa considerazione che si sviluppa il presunto faccia a faccia con Spalletti. Il braccio di ferro con l’allenatore è reale solo a una lettura superficiale. Spalletti non è il rivale di Totti: se lo fosse, non lo manderebbe in campo, mai, nemmeno per un minuto. Invece Spalletti è quell’uomo che, riguardando le immagini del 2-2 davanti allo schermo, sorride e si lascia andare alla contentezza, a una velata commozione, come quella di tutti i tifosi romanisti sugli spalti: «Guarda dove si va a mettere… Si ritaglia quello spazio per “allargare” la porta». Il suo ragionamento non è ostile a Totti, ma funzionale a un contesto di squadra, e perciò legittimo: «Io sono felice se Totti fa quello che è felice di fare. Se vuole giocare, va benissimo. Ma io sono il tecnico, e devo fare il tecnico».

Totti e Spalletti, dieci anni fa (José Jordan/Afp/Getty Images)

Totti e Spalletti, dieci anni fa (José Jordan/Afp/Getty Images)

Ed è giusto, perché, se Totti dovesse giocare sempre, ad ogni costo, solo in quanto Totti, sarebbe uno sgarbo alla Roma tutta e anche al capitano. Totti non va compatito o consolato, perché ha quasi 40 anni e quindi “facciamogliele giocare tutte, poverino”. Non sarebbe professionale, né da parte di Spalletti, né da parte del giocatore pretendere un impiego a piacimento. No: Totti va trattato come un giocatore che è parte integrante della squadra come tutti, pur con una qualità che nessun altro può vantare: una classe infinita. E questa qualità è una delle armi della Roma, e funziona. Per questo dovremmo essergli grati, e trattarlo tutti, compresi noi appassionati, come sempre, e quindi amarlo, adorarlo, ma anche odiarlo, insultarlo se serve. Totti è quel giocatore che ha impresso la sua faccia e le sue giocate negli ultimi 20 anni di Serie A, e continuerà a farlo, contateci che lo farà, fino all’ultimo istante della sua carriera. Dovesse durare anche due minuti e trentasei secondi.

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