Shearer forever

Dieci anni fa dava l'addio al calcio Alan Shearer, il recordman di gol di Premier League e un pezzo di storia del calcio inglese. Forse il più importante.

shearer

St. James Park e Gosforth sono vicinissimi, appena 2,8 miglia di distanza. Essere tifosi del Newcastle United, la squadra che gioca nell’impianto di Barrack Road, è praticamente un obbligo per chi viene da un council operaio così vicino allo stadio. Alan Shearer, figlio di Gosforth e di Alan senior, è uno che in questo senso non ha mai fatto differenza. Non è riuscito a farla neanche l’11 maggio del 2006, esattamente dieci anni fa. Quel giorno, lo stadio si riempì per il suo Testimonial Match, la partita dell’addio al calcio. Shearer, infortunato, giocò il primo e l’ultimo pallone dell’amichevole tra i Magpies e il Celtic Glasgow. Per lui, giusto il kick off e un calcio di rigore concesso a tempo scaduto dall’arbitro Clattenburg (lo stesso che è stato appena designato per dirigere la finale di Champions), apposta per farlo scendere nuovamente in campo e fargli fare gol. Nel video su Youtube che racconta di quella partita, si vede Shearer sorridere a bordo campo nel momento in cui il direttore di gara indica il dischetto. Sorride, sì, ma nel frattempo toglie la giacca della tuta mentre lo stadio lo chiama a gran voce. Sa che toccherà a lui, perché è così che deve andare.

Neanche un omaggio del genere serve a fargli dimenticare di essere un ragazzo di Gosforth. E quindi, prima di tutto, un tifoso del Newcastle. Nel resoconto di quella giornata, che potete trovare qui in un template web d’epoca con tante belle foto in bassa risoluzione, Niall MacKenzie riporta le sue parole. Roba tranquilla, normale, di chi sa avere la consapevolezza di essere un privilegiato e l’umiltà di sentirsi e comportarsi come tale: «Ringrazio i tifosi per tutto quello che mi hanno dato. Sono stati semplicemente incredibili, in quale altro luogo si può ottenere una cosa del genere?». Alan Shearer ha segnato 206 gol con la maglia del Newcastle, eppure è lui a ringraziare le persone che quel giorno hanno riempito uno stadio apposta per salutarne l’addio al calcio.

Gennaio 2016, contro il Middlesbourgh (Laurence Griffiths/Getty Images)
Gennaio 2006, contro il Middlesbourgh (Laurence Griffiths/Getty Images)

Ho cercato a lungo un gol che potesse in qualche modo rappresentare perfettamente il calciatore, il centravanti, l’uomo Shearer. Credo che uno dei più iconici sia il primo dei tre realizzati al Bayer Leverkusen in una notte di Champions League del 2003. Un tuffo di testa, dopo aver eluso la marcatura del difensore con un movimento alle sue spalle, su cross perfetto di Gary Speed. Eccezionale il tempo di inserimento, meravigliosa la coordinazione in volo, con un colpo di reni, per indirizzare la palla verso la porta con la giusta forza. Emblematica anche l’esultanza: sorriso, corsetta lenta e abbracci con i suoi compagni. Manca quello che è stato il suo marchio di fabbrica, uno scatto a bocca aperta a braccio alzato che faceva tanto anni Settanta. È appena il suo gol numero nove nell’Europa dei club, a 33 anni, eppure la sua gioia resta fondamentalmente tranquilla. Shearer è la sobrietà applicata al gol, anche quando questo è importante per sé e per gli altri. Te ne accorgi quando segna per una seconda e una terza volta, e la reazione si sposta verso una felicità giusto più accennata. Arriva anche il braccio alzato, anche se le altre due reti del suo primo hat trick nell’Europa dei club non sono belle come la prima. Perfetto: anche questo è Alan Shearer.

Newcastle-Bayer Leverkusen 3-1

Shearer è l’attuale detentore del record di gol segnati nella storia della Premier League, nata nel 1992 dopo lo scisma tra la Fa e le società della vecchia First Division. 260 reti, 112 con la maglia del Blackburn e 148 con quella del Newcastle. Per capire il peso di questi numeri, basta confrontarli con quelli del secondo classificato, Wayne Rooney. Che nello stesso lasso di tempo (14 anni, dal 2002 a oggi come per Shearer dal 2002 al 2006) e, praticamente, con lo stesso numero di presenze (425 le sue, 441 quelle di Shearer), ha messo insieme 191 gol.

Certo, parliamo di giocatori diversi in ruoli diversi. Perché Rooney è un attaccante atipico, capace di giostrare da prima punta ma anche di svariare lungo tutto il fronte d’attacco, a supporto dei compagni. Per capire Shearer come calciatore, va bene una quote di una vera e propria icona del calcio British anni Novanta. Ovvero Chris Waddle, che in campo faceva il mestiere dell’esterno di fantasia e in una notte marsigliese, nell’insolita veste di calciatore inglese all’estero e prima che le luci del Velodrome prendessero a fare i capricci, fece letteralmente ammattire il Milan di Sacchi, fino a costringerlo alla prima eliminazione in Coppa dei Campioni dopo due anni di vittorie ininterrotte. Queste le sue parole: «È il centravanti perfetto per il calcio inglese. Sa tenere lontano gli avversari, tener palla, correre con questa, è bravo nel gioco aereo ed è pericoloso dentro e fuori dall’area di rigore».

Sunderland v Newcastle United

La perfetta aderenza tra Alan Shearer e l’idealtipo di English centre-forward è dimostrata dalla sua carriera con la nazionale più affascinante e sfigata di sempre. Nemmeno lo stesso Shearer, nella sua autobiografia, riesce a spiegarsi il perché di questa assoluta incapacità di far fruttare il grande talento dei calciatori inglesi quando questi lasciano i club e vanno a giocare con indosso la maglia bianca e i Tre Leoni: «Abbiamo avuto così tanti ottimi giocatori in Nazionale, eppure non siamo riusciti a vincere niente di importante dopo il Mondiale del 1966. È davvero un mistero». Shearer attraversa quattro ct (Taylor, Venables, Hoddle e Keegan) e mille ere geologiche della nazionale inglese e dell’Europa calcistica: esordisce (ovviamente con gol) a Wembley in un 2-0 alla Francia allenata da Platini, poi torna in campo per un’amichevole contro la Csi, che nello sport sostituisce momentaneamente l’Urss in disfacimento. Gioca una sola partita di Euro 92, ma è titolare quando l’Olanda sbatte fuori l’Inghilterra da Usa 94. Segna 5 gol nell’Europeo casalingo di due anni dopo, la rete d’apertura del Mondiale inglese del 1998 e pure quella dell’ennesima rivincita contro la Germania, 1-0 ad Euro 2000. Quella manifestazione rappresenta ancora oggi uno dei punti più bassi nella storia di entrambe le selezioni, eliminate nel primo turno da Romania e Portogallo.

Cantona, Deschamps, Lineker. E Shearer all’esordio, con un gol e un’insolita maglia numero dieci

Prima del torneo in Belgio e Olanda, Shearer annuncia il ritiro dalla Nazionale. I media inglesi non la prendono benissimo: secondo la Bbc, Shearer «ha seguito l’esempio di Björn Borg, ha deciso di ritirarsi dalla Nazionale quando il suo declino era appena agli inizi». Lascia a 29 anni, con 63 presenze e 30 reti. È il quarto miglior bomber di sempre dopo Charlton, Lineker e Greaves. Solo in seguito, sarà superato da Micheal Owen e Wayne Rooney. L’attuale capitano dello United e della Nazionale inglese, in un’intervista di un anno fa al Daily Mail, ha indicato proprio Shearer come «modello che ho seguito fin da piccolo», arrivando pure a designarlo come «partner d’attacco del passato con il quale avrei voluto giocare nella mia carriera». Lecito pensare che avrebbero potuto formare una coppia ben assortita.

La carriera di club di Alan Shearer è equiparabile a una grande piece teatrale: un prologo, un primo e un secondo atto. Tutti importanti, tutti significativi. Ben distinti, eppure legati dal filo sottile ma inscalfibile della normalità. La normalità di un osservatore che viene a vederti giocare e ti porta nella sua squadra, ad esempio. Nel caso di Shearer, l’incontro che cambia la vita è quello con Jack Hixon, talent scout del Southampton. Uno che, qualche anno dopo, avrebbe parlato così del suo Shearer al Guardian: «Ha sempre avuto le caratteristiche del grande calciatore e della grande persona. Per me, ha rappresentato un’attrazione fin dal primo momento in cui gli ho messo gli occhi addosso». Alla morte di Hixon, nel 2009, Shearer si presenterà al funerale e avrà parole bellissime per il suo scopritore: «Jack era un uomo fantastico, un gran lavoratore. Eravamo molto vicini, mi mancherà tantissimo». L’eccezionalità della normalità, anche nel rapporto col suo osservatore e persino nella vita extracalcistica dello stesso Hixon. Che lavorava part-time come scout e aveva un contratto da ferroviere con la British Rail.

Segna un gol contro gli Usa nel 1994 (David Cannon/Allsport)
Segna un gol contro gli Usa nel 1994 (David Cannon/Allsport)

Del suo periodo di apprendistato a Southampton, Shearer parla così in un’intervista a Nobok: «Ho pulito le scarpette dei miei compagni, gli spogliatoi, i gabinetti. Allora non mi sembrava una cosa bella, però mi ha insegnato quel po’ di rispetto che non fa mai del male a nessuno. Oggi mi guardo indietro e capisco quanto sia stato importante per me». La prima partita da titolare la gioca contro l’Arsenal, il 9 aprile del 1988. Quel giorno, Shearer segna il suo primo gol in una competizione ufficiale. Poi ne segna un altro, e un altro ancora. Il telecronista di quella partita – che è possibile ascoltare in questa videocompilation di tutti i gol segnati da Shearer con la maglia dei Saints in partite ufficiali – esulta quasi più del ragazzo di Gosforth. Che corre e lancia un pugno sgraziato e bruttissimo da vedere dal basso verso l’alto, roba da picchiaduro dei primi anni Novanta. Nella postazione dei commentatori, il grido è quasi di incredulità: «Shearer scored a hat-trick! Shearer scored a hat-trick!».

Shearer al Blackburn. In sottofondo, gli Staind con It’s Been Awhile.

La ricerca su Youtube con le keywords “Shearer” e “Blackburn” porta a tre video identici, che l’engine ti piazza in alto. Due hanno pure la stessa colonna sonora, “It’s Been Awhile”degli Staind. All’interno di questi video, ci sono due immagini emblematiche. La prima che voglio raccontare, e insieme invitarvi a vedere, è quella di un gol realizzato. È il quarto nel montaggio, e stona in mezzo a tutti quelli segnati di potenza e prepotenza, attraverso movimenti e tecnica e ferocia realizzativa del puro centre-forward. Il Blackburn gioca probabilmente in trasferta, probabilmente a Carrow Road contro il Norwich City. Lo deduci dalla maglia della squadra avversaria, che riesce a essere orrenda nonostante l’oggettiva bellezza dell’accostamento tra il giallo e il verde dei Canaries. Anche lo stadio, in qualche modo, arriva ad essere brutto. Probabilmente, non ha ancora subito i necessari lavori di ristrutturazione. Il gol, comunque, stona con tutto questo squallore di contorno. Perché è un lob dolcissimo, scucchiaiato dal limite dell’area. Una roba che forse il portiere, soprattutto se inglese, non si aspetterebbe mai da un centravanti avversario, magari suo connazionale. È un raggio di classe nel grigiore, è la dimostrazione di come Shearer abbia saputo essere, insieme, un ottimo centravanti e pure un grande giocatore di calcio. Inutile descrivere l’esultanza: sempre la stessa, anche dopo una rete così.

La seconda immagine, invece, è quella che apre il video. È bellissima, tenera, e racconta tanto di Shearer e del calcio al tempo di Shearer. Alan tiene in braccio il trofeo della Premier League e lo pulisce con lo sponsor della sua maglia bianca e blu dei Rovers, che si vede che non è di tessuto ma di una plastica scadente. Quella Premier al Blackburn è un successo che ha fatto epoca, è l’ultima bella storia del calcio inglese prima che il Leicester dei giorni nostri inghiottisse i media, il passato, il presente. Più che l’exploit inatteso di una banda di calciatori sconosciuti, è però un progetto breve e impossibile riuscito a diventare realtà. Lo leggi nei nomi coinvolti a vario titolo in quella impresa: il tecnico Kenny Dalglish, davanti a tutti. E poi Colin Hendry, Graeme Le Saux, Tim Sheerwood. Più Alan Shearer e Chris Sutton, con David Batty costretto a giocare solo cinque partite a causa di un infortunio.

Arsenal v Newcastle United

L’acquisto di Shearer da parte del Blackburn rappresentò un vero terremoto: la cifra investita dal club di proprietà di Jack Walker fu di 3,4 milioni di sterline, un record al tempo. Dalglish, manager dei Rovers dall’ottobre del 1991, riuscì a convincere Shearer a rifiutare la corte di Alex Ferguson e del Manchester United. Euan Reddie, nel libro biografico Alan Shearer: Portrait of a Legend, racconta di come l’ex ala del Liverpool riuscì a spostare dalla sua l’equilibrio di questa vera e propria “straight fight for Shearer”: «Mentre il manager dello United preferì parlare solo telefonicamente con Shearer, Dalglish scelse di incontrare dal vivo l’attaccante del Southampton. Alan e sua moglie Lainya (conosciuta in un pub di Southampton e sposata già nel 1991) furono invitati da Kenny e sua moglie Marina in un hotel vicino Southport, città in cui le signore si recarono per un’uscita al femminile. Nel frattempo Dalglish, una volta che il suo obiettivo di mercato ebbe preso confidenza con il suo marcato accento di Glasgow, iniziò a parlare dei suoi grandi obiettivi per il Blackburn. E, insieme, chiese a Shearer della sua storia e della sua vita familiare». Alla fine, vince la normalità (insieme ai soldi di Jack Walker, che gratifica Shearer con un contratto quadriennale da 10mila sterline a settimana): Shearer firma per il Blackburn. Ferguson bruciato e fregato, Manchester United beffato, opera di convincimento su Alan: tutta roba che tornerà utile.

Il titolo arriva nel 1995. All’ultima giornata e con una sconfitta, non comodamente come avvenuto per il Leicester. I Rovers perdono a Liverpool, ma nel frattempo proprio il Manchester United riesce a non vincere a Boleyn Ground, home del West Ham. Finisce 1-1 per i Red Devils, che si fermano a un punto dalla squadra di Dalglish. È il primo trofeo da calciatore per Shearer. Non sa, non può sapere e tantomeno immaginare che rimarrà anche l’unico di tutta la sua carriera. La festa del giorno dopo, nella cittadina del Lancashire e dentro Ewood Park, è un delirio collettivo. Dave Hadfield, dell’Independent, la raccontò così: «Quando è arrivato il momento di alzare la coppa per Alan Shearer, i decibel si sono impennati, superati solo dall’accoglienza per Dalglish e Jack Walker».

MANCHESTER, UNITED KINGDOM - APRIL 05: Newcastle United striker Alan Shearer (c) scores the winning goal during the FA Cup Semi Final between Newcastle United and Sheffield United at Old Trafford on April 5, 1998 in Manchester, England. Newcastle won the match 1-0. (Photo by Mark Thompson/Getty Images) *** Local Caption *** Alan Shearer
In gol contro il Manchester United, semifinale di Fa Cup, 1998. (Mark Thompson/Getty Images)

Un cappellino da baseball e un paio di occhiali da sole. Alan Shearer va in giro con indosso queste robe qui, per i sobborghi di Manchester. Siamo appena dopo il trionfale Europeo del 1996, e c’è in programma un incontro con Alex Ferguson. Il camuffamento è un consiglio di Tony Stephens, uno dei suoi agenti. Meglio evitare di farsi riconoscere. La piccola spy story è tratta dall’autobiografia di Shearer, che poi prosegue nel raccontare l’estate del suo addio al Blackburn. Jack Walker ha provato in ogni modo a convincerlo a restare, fino anche a offrirgli un prematuro ruolo da player-manager. Niente da fare, Alan ha deciso. Ha incontrato Ferguson e incontrerà anche Kevin Keegan, manager del Newcastle.

Uno speciale di Sky Sports sulla carriera di Shearer, dopo l’introduzione di quotes e un montaggio di gol, si apre con una serie di fotogrammi: i colori dominanti sono il bianco e il nero, si vede il crest del Newcastle United. C’è anche Steve Howey che parla, e che racconta della storia della maglia numero nove dei Magpies. Dopo, si cambia scenario: c’è un piccolo raccattapalle a St. James Park, poi ecco un bambino che sorride in uno scatto accanto a Kevin Keegan, calciatore dei bianconeri dal 1982 al 1984. È sempre lui, è Alan Shearer. Che poi viene inquadrato ai giorni nostri, sempre in forma ma con la testa rasata a zero dalla calvizie e da un rasoio. Dice una frase emblematica: «Ho sempre voluto indossare la maglia numero nove del Newcastle».

2003, contro il Barça in Champions (Laurence Griffiths/Getty Images)
2003, contro il Barça in Champions (Laurence Griffiths/Getty Images)

Insomma, è facile capire come andrà a finire in quell’estate del 1996. È più facile capirlo dopo aver letto il resto della storia, con Keegan che richiama al telefono Shearer poco dopo il loro primo incontro. Per Alan, il suo idolo di infanzia «fa un magnifico lavoro di vendita» e inizia pure a parlare di una maglia bianconera numero nove. Shearer, a questo punto, cede. Sarebbe bello immaginarsi che l’abbia fatto al di là della cifra esagerata investita dal Newcastle per il suo cartellino (15 milioni di sterline, record mondiale battuto) e per il suo lauto ingaggio (Keegan, qualche anno dopo, confesserà che il suo contratto col Newcastle era arrivato fino a 25mila sterline a settimana). Di certo, finisce con Ferguson e il Manchester United di nuovo bruciati sul filo di lana grazie all’opera di convincimento fatta su Shearer. Stavolta, però, il manager scozzese è in buona compagnia. Perché, come ammetterà lo stesso Shearer, lo cercano anche fuori dall’Inghilterra: «Ho rifiutato Barcellona, Inter, Juventus e Manchester United per giocare qui. Spero che tutti sappiano quanto significhi per me giocare nel Newcastle. E non avevo voglia di trasferire la mia famiglia all’estero».

Tanti gol di Alan Shearer, soprattutto col Newcastle.

La scelta di Shearer è definitiva. Il Newcastle, il suo Newcastle, resterà la sua ultima squadra. Gli darà la possibilità di giocare 48 partite europee (30 gol), di diventare capocannoniere della Coppa Uefa del 2005, di conquistare il terzo titolo di capocannoniere in Premier (1997, 25 gol). E, ovviamente, di diventare il miglior marcatore di tutti i tempi nella storia del club e del nuovo campionato inglese. Zero trofei, però, e una serie cocente di delusioni: il secondo posto in Premier nel 1997, due finali consecutive di Fa Cup perse (1997 e 1998) e tanti piazzamenti d’onore e senza allori. Un peccato, certo. Che però Shearer in qualche modo riesce ad “attenuare” scrivendo cose così nella sua autobiografia: «Quando mi chiedono perché il Newcastle non ha vinto alcun trofeo importante, tendo a essere bloccato nella risposta. È un po’ come la storia della nazionale inglese, un mistero che non è facile risolvere. Però, quello che io ho ottenuto a Newcastle è stato inestimabile: la possibilità di indossare la maglia bianconera numero nove, l’adulazione dei sostenitori più fanatici del mondo e la possibilità di battere un record vecchio di 50 anni. Il denaro e i successi non avrebbero potuto comprare questo tipo di piacere e orgoglio».

Certo, esiste anche qualche lettura un po’ più critica: per esempio c’è Rob Smyth, che nel 2008 scrive sul Guardian di come «il vero Shearer sia stato un grande campione nel Blackburn e solo un buon calciatore nel Newcastle» o di come «nel Lancashire fosse onnipotente in campo mentre a Newcastle lo era solo fuori, in grado di sbarazzarsi dei manager come Ruud Gullit». Forse, Smyth è il secondo nemico giurato di Alan proprio dopo l’ex milanista, che arriva ai Magpies nel 1998 e lascia poco dopo. Nella sua autobiografia, Gullit è l’unico su cui Shearer affonda davvero dei colpi: «Il suo licenziamento fu una fortuna, perché nel caso fosse rimasto io avrei dovuto lasciare. Mi si sarebbe spezzato il cuore, ma non avrei dato tutto me stesso per lui e sarebbe stato ingiusto per il club. In ogni caso, gli amici di allora mi ha detto che aveva già parlato con John Gregory per cedermi all’Aston Villa».

Con Michael Owen nel 2005 (Laurence Griffiths/Getty Images)
Con Michael Owen nel 2005 (Laurence Griffiths/Getty Images)

Shearer lascia nel 2006, il come lo abbiamo già raccontato. Resta nell’orbita dei Magpies, ne prende il controllo come allenatore nel 2009 ma perde 5 partite su 8 e il Newcastle retrocede. Non è cosa: Shearer fa il centravanti, non il manager. Lo ha ammesso lui stesso nel 2013, anche perché al massimo si vede commentatore tv: «Devo dire che oggi mi sto godendo più che mai il mio lavoro con i media. Sono da tempo lontano dal gioco, e stai fuori più è difficile rientrare. Non è una cosa che sto cercando di fare».

Nel frattempo, l’Inghilterra ha cercato un suo erede: Owen e Rooney. Non degli uomini gol, dei centravanti à la Shearer. È una questione di caratteristiche, di senso del gol, di attitudine alla realizzazione, anche di calcio che cambia e che magari rifiuta gli attaccanti di una volta per abbracciare il concetto più ampio di uomo offensivo. Con il gol nel sangue, ok, ma anche con qualche altra qualità. Come Shearer, del resto. Proprio mentre Alan si apprestava a disputare la sua seconda stagione con il Blackburn, nasceva a Chingford, nella Greater London, un ragazzo dal nome onomatopeico: Harry Kane. Che nel frattempo è cresciuto, è diventato un signor calciatore e per qualcuno è finalmente l’uomo in grado di provare, almeno, ad avvicinarsi a Shearer. Per qualità, precocità, persino caratteristiche tecniche. Attaccante completo, centravanti in toto. Nick Miller, sul Guardian, ha scritto un pezzo dal titolo emblematico: «Harry Kane showing why he is England’s best forward since Alan Shearer». Una altro bel tipo, Graeme Souness, uno dei manager al Newcastle di Shearer, sostiene invece che «Kane può diventare bravo come Alan». L’ultima investitura, sul Coral Blog, dice così: «Harry Kane should be the first name on the team sheet for England». Le parole sono state scritte e scelte dal curatore della rubrica. Che si chiama Alan Shearer.

 

Nell’immagine in evidenza, 4 febbraio 2006: Alan Shearer festeggia il gol contro il Portsmouth: è la rete numero 201 con il Newcastle, quella che gli permette di superare il record di Jackie Milburn (Paul Ellis/Afp/Getty Images)