Totti nel multiverso

E se fosse andato al Real Madrid? E se avesse smesso? E se non avesse mai inziato? Cosa farebbero infiniti Totti, in infiniti universi paralleli?

«Perché sei qui?»

Roma, quartiere Appio Latino, ore 11 di una caldissima mattina di fine maggio. Due ragazzi in ciabatte giocano a calcio dove non ti verrebbe mai in mente di farlo, su una strada in pendenza, tra cassonetti della spazzatura, automobili parcheggiate e altre che transitano intorno a loro. La palla argentata abbaglia gli astanti con i riflessi del sole, e rotola sul marciapiede in mezzo ai passanti. Un signore sulla sessantina, annoiato e borbottante, la lascia filtrare tra le gambe dei pantaloni di lino, sgualciti, e poi la allunga di tacco dietro di sé. Una signora con in mano le buste della spesa fa un passo per andarle incontro, poi abbassa il baricentro a un metro da terra per addomesticarla con il destro e appoggiarla di piatto a uno dei due ragazzi.

Francesco Totti osserva la scena mentre mangia un gelato. Quella mattina, dopo aver accompagnato i figli a scuola, ha avvertito una vibrazione, un richiamo, come quando percepisce il compagno smarcarsi dietro la sua schiena, o partire tra le linee avversarie,  e l’istinto gli chiede un tacco, o un lancio spalle alla porta. Come in quel caso non ha neanche dovuto scegliere se affidarsi alla vibrazione o meno, l’ha fatto e basta, e man mano che l’automobile superava Porta Ardeatina si è accorto di essersi svegliato in una Roma diversa, ancora più svogliata e tediosa di quella, ordinaria, di fine campionato. Si tratta di una Roma sovrapposta, come in una fotografia moto, molto sfocata. Anzi, come in più fotografie stampate sulla stessa pagina. Una Roma sovrapposta, non è riuscito a spiegarselo meglio.

A Lebanese youth, wearing a T-shirt bear
A Buday, in Libano, un ragazzino sistema delle sedie prima di una festa (Anwar Amro/Afp/Getty Images)

Da Via dei Cerchi, in lontananza, si percepisce l’ombra di un Colosseo intero, l’ombra di due Colossei, tre, nessun Colosseo, uno dei quali di cristallo, l’altro invece rivestito di un telo porpora. Una volta girato un po’ in tondo, approfittando del poco traffico, e arrivato a Porta Metronia, Totti ha percepito qualcosa venire meno nel suo istinto, come una perdita di senso, come la necessità di attendere un segnale, e si è concesso un gelato. Ora la palla con cui i due ragazzi davanti a lui stavano giocando rotola in fondo alla strada, e finisce in uno spiazzo alberato. Francesco Totti realizza che è lì che va a finire ogni suo cross spalle alla porta, e ricorda quel punto come il punto lontano in cui ha visto il pallone la prima volta.

«Perché sei qui?»

Un istante dopo i cieli diventano rossi e tutto si sovrappone, come il Colosseo faceva da lontano. Davanti a lui, intorno a quel pallone, ognuno sopraggiunto per vedere dove fosse rotolato, gli si parano davanti infinite versioni di se stesso, come in una casa degli specchi di un luna park, come in un infinito album di fotografie possibili. Ora Francesco non ha le parole per dirselo, ma sa di avere di fronte a sé tutti i Totti del multiverso.

Non hanno bisogno di raccontarsi troppo di sé, molti non saprebbero neanche bene cosa dirsi, altri non saprebbero che parole usare: è un po’ come nella storia dei gemelli che condividono un legame psichico tanto forte, come il sinistro al volo in Sampdoria-Roma, che sanno già cosa gli altri abbiano provato, cosa stiano provando, proveranno, poiché sono la stessa persona.

E d’altronde cos’è il multiverso, se non la più efficace ipotesi contro la solitudine. Una teoria secondo cui esistono infiniti universi paralleli che vibrano a differenti frequenze, e in cui tutto ciò che leggiamo sui quotidiani sportivi durante la morta stagione del calciomercato è vero, da qualche parte nello spaziotempo, come è vero anche il suo contrario.

Il museo delle cere di Roma (Tiziana Fabi/Afp/Getty Images)
Il museo delle cere di Roma (Tiziana Fabi/Afp/Getty Images)

 

«Perché sei qui?»,

Francesco Totti di Terra-3565 ha già vinto tutto al Real Madrid dal 2003 al 2011, prima di tornare a chiudere la carriera a Roma. Ha giocato con Zidane, Raul e Ronaldo, Beckham, Casillas e Roberto Carlos, ha alzato al cielo la Coppa dalle grandi orecchie e quella del Mondo nel 2006, quando scoppiava di salute. Quando è andato via da Roma ha inaugurato involontariamente il lutto cittadino più grande che sia mai stato concesso a fronte di nessuna dipartita, e quando poi è tornato il tempo aveva lenito ogni dolore. Questo Francesco Totti non è qui per vincere.

Francesco Totti di Terra-252304 ha lasciato il calcio nel 2006 dopo il tackle di Richard Vanigli. Ha salutato il pallone quel giorno, e ancora il piede fa male quando cambia il tempo. Non è qui per giocare fino a 40 anni e battere record.

Francesco Totti di Terra-546 ha giocato al Milan con Nesta e Maldini. Su quella Terra Roma è esplosa e la Capitale è Milano. Nessuno in Italia si abbronza ad agosto, e Galliani e l’Imperatore hanno lo stesso sarto. Non è qui per capire cosa significhi essere un professionista stimato lontano da casa.

In Campidoglio con la maglia della squadra di calcio dell'Aquila (Tiziana Fabi/Afp/Getty Images)
In Campidoglio con la maglia della squadra di calcio dell’Aquila (Tiziana Fabi/Afp/Getty Images)

Francisco Govinho Nascimiento Evangelista dos Santos detto Totty, di Terra-2, è nato a Porto Alegre e a Porta Metronia ci passa per la prima volta in vita sua, è il numero 11 della Seleçao e ha giocato per una carriera intera nell’Internacional. Non si è ancora ritirato, e dopo ogni derby con il Grêmio esibisce la maglietta «Tenho purgado você, ainda». Non è qui perché si sente accettato solo all’interno del raccordo.

Francis J. Tottey, di Terra-616, è stato corteggiato per una vita da Manchester United, Arsenal e Liverpool, ma ha chiuso la carriera al West Ham, squadra per la quale ha sempre fatto il tifo sin da bambino,  senza mai vincere un solo titolo. Non è qui per vincere uno scudetto che «da altre parti ne vale dieci».

Francisco Totti, detto “Frappa”, di Terra-82 non ha mai giocato a pallone ma è un cacciatore di trofei di Ps3 e Ps4, è originario del corno d’Africa ed è stato adottato da papà Enzo e mamma Fiorella a metà degli anni ‘80. Il pallone gli piaceva ma era negato, giocava a basket al Circolo degli Artisti con gli hipster finché non l’hanno chiuso. Non è qui per fare il calciatore da grande.

Chanel Totti, che viene da 20 anni nel futuro di Terra-235, è la Capitana della Nazionale femminile di calcio. Non è qui per fare contenti papà e mamma.

Francesca Totti, di Terra-43049,5, invece, fa la cassiera al supermercato e da ragazza avrebbe voluto tanto giocare a pallone, dato che ai ragazzi con cui organizzava partitelle in cortile insegnava come battere le punizioni all’incrocio. Non è qui per una vita di sacrifici in nome dei figli e della famiglia.

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Nascosto a Coverciano nel 2004 (Vincenzo Pinto/Getty Images)

Per quanto tutti i Totti del multiverso si guardino intorno, con quel briciolo di timore nello sguardo, non sembrano trovarne uno laziale o comunque non gli va di cercare con tanto scrupolo.

Francesco Totti, della nostra Terra 123-Stella, vorrebbe fare una battuta e dire che non è qui per trovare la sua dimensione là dove la luce del crepuscolo confonde i confini tra trionfo e tragedia, e ogni minuto sul campo ha la punta incisiva di un fuoco che insieme crea e distrugge, come l’artiglio in cima alle ali di una fenice, tuttavia è timido.

«Perché sei qui?»

Il professor Francesco Maria Totti di Terra-3, ordinario di fisica dei quanti all’Università di Roma-Quattro, è il primo a rompere gli indugi e ad avvicinarsi al pallone. «Per giocare», risponde, trovando le parole per gli altri, i quali annuendo si mettono in posizione e iniziano ad alzare la mano come a chiedere il pallone. «Per giocare».

 

Nell’immagine in evidenza, tennista agli Internazionali di Roma nel 2016 (Matthew Lewis/Getty Images)