Gemma tragica

La storia di Adrian Doherty, uno dei talenti più luminosi mai apparsi nell'academy dello United. Un creativo fragile venuto dall'Irlanda del Nord.

Alcuni racconti di calcio sono immagini mai restituite alla storia. Narrazioni in assenza, costruite su mancanze e frasi piene di condizionali. Guardando minuti e minuti di video di qualità scadente, Adrian Doherty non compare mai. Il suo spettro resta sospeso come un’entità che aleggia senza palesarsi. L’esistenza di Doherty pare essere reale solo nel ricordo, nel confronto, nello scontro delle idee di chi lo ha visto manifestarsi nella sua forma più pura.

Il nome di Adrian Doherty non è iscritto in alcun memoriale che decanta una generazione di campioni – quella della class of ’92 – che ha ricevuto gloria e fascinazione eterna. Su di lui si è scritto al massimo in qualche forum di appassionati, il tempo di un thread concluso dopo un “mi ricordo del suo nome” o un “sinceramente, non credo di averlo mai sentito”. È curioso scoprire che uno dei pochi istanti visibili in cui Doherty ci appare concreto e lontano dall’immanente, è la registrazione in cui sta cantando All Along the Watchtower di Bob Dylan. Ne sta urlando una versione tutta sua, non quella di Hendrix, né quella di Patti Smith. Il ragazzo che latra «There must be some way out of here, said the joker to the thief, There’s too much confusion, I can’t get no relief», muovendosi elettrico come uno Ian Curtis incerto e ancora acerbo, appare come la cosa più distante possibile dalla figura di un calciatore.

 
Adrian mentre canta All Along The Watchtower con gli Infadels

Nelle rare foto in cui lo si vede accosciato insieme ai compagni delle giovanili del Manchester United, o mentre corre con una nostalgica maglia dei Red Devils dai colori inusuali, Adrian assomiglia a un Pan che suona la propria musica toccando il pallone. La sua era una bravura corposa, che traligna la semplice ereditarietà per farsi giorno dopo giorno più cristallina. The Doc, il soprannome che gli hanno affibbiato, è figlio dell’Irlanda tumultuosa del Nord. Strabane, dove è nato, è una cittadina posta lungo il confine con la Repubblica d’Irlanda, un luogo in cui il conflitto è norma; e Adrian lo vive per intero, essendo venuto al mondo in un giorno qualunque del 1973. Tra la brughiera e il cemento, inizia a giocare a calcio qualche miglia lontano dal posto che chiama casa: nel Moorfields Boys Club di Derry (la Bloody Derry descritta nel nuovo numero di So Foot come la città della costa nord-irlandese in cui tutti tiferanno per l’Irlanda al prossimo europeo). La città ha, tra l’altro, il particolare record di essere stata tra le due Guerre Mondiali il luogo con il maggior tasso di disoccupazione nel mondo industriale: una delle zone più arretrate del Regno Unito. Cosa che non ha rappresentato un limite per il figlio di una normale famiglia di grandi faticatori. In questo testo di Oliver Kay, Forever Young: The Story of Adrian Doherty, Football’s Lost Genius, è raccolta tutta la triste legacy mancata di Adrian, compresa la sua comparsa sui palchi minuscoli dei locali di Strabane: 17.000 anime, al confine con l’Irlanda, centro dei Troubles che hanno devastato la regione per oltre 20 anni, la più  bombardata in Irlanda del Nord in quel periodo, luogo ostile da cui estraniare corpo e mente grazie al calcio.

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Vieni dal Nord Irlanda, sei un esterno pieno di estro e con un’anima complicata. Automaticamente ti appiccicano l’etichetta, pesante come il piombo, di nuovo Best. Diventi un Bob Dylan con il numero sette perché la tua passione per il calcio, in realtà, è seconda soltanto a quella per la musica. Negli anni ’90 le storie su Doherty che finiti gli allenamenti gira per Manchester, completamente sconosciuto, a gridare le proprie canzoni ai mancuniani disattenti, arrivano direttamente da Sir Alex Ferguson. L’allenatore che lo ha voluto in Inghilterra, per crescerlo nella realtà più iconica del calcio a Manchester, lo ha definito come un “fulmine alla brillantina”, nonostante Doherty sia il talento meno patinato e trendy del lotto, mai affettato. «Non usava il gel né annoiava la gente parlando di marche. Era il più impressionante dei talenti, ma era veramente felice con i suoi libri, le sue poesie e la sua chitarra». È ancora qui che racconta come Doherty vendesse i biglietti per le gare della prima squadra, per poi andare a cantare nel centro città, vicino all’Arndale shopping centre. Nella scena di Manchester ripulita dagli eccessi sintetici dell’Hacienda era conosciuto come McHillbilly, musicista di una band dalla vita brevissima chiamata the Mad Hatters. Robbie Savage, che allo United era cresciuto, ha raccontato della volta in cui intrattenne la squadra durante una festa di Natale, cantando un brano di Bob Dylan. Anche se non ricorda con precisione il titolo. Secondo l’ex calciatore gallese Adrian non amava veramente il calcio, preferiva le poesie. Un animo nobile e gentile, forse inadatto ad un universo duro e machista come quello del calcio britannico.

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Il Manchester United prima di una semifinale di Youth Cup. Ryan Giggs è il secondo in piedi da sinistra, mentre Adrian è l’ultimo accosciato a destra con il pallone. (Getty Images)

Adrian viene scelto dallo United quando ha 14 anni, dopo aver attratto l’interesse di Arsenal e Nottingham Forest. Addirittura Brian Clough prova a ghermirlo, portando la sua squadra a disputare un’amichevole contro il Derry City nel 1986. Fino ai 17 è il calciatore migliore dell’Academy dello United. Secondo Tony Park, co-autore di Son of United , era così veloce che avrebbe potuto facilmente correre e colpire un piccione. Qualcuno lo ha definito addirittura come un mix tra Andrei Kanchelskis e Cristiano Ronaldo. Matt Bradley, l’allenatore del Moorfields Boys Club di Derry, lo descrive come «il miglior calciatore allenato in 30 anni di carriera». Fu proprio Bradley a segnalarlo ai Red Devils per un provino. Dopo averlo visto, Sir Alex Ferguson chiamò direttamente suo padre. Nella squadra che partecipa alla Youth Cup del ’90 gioca esterno sulla fascia opposta a quella di Ryan Giggs, a cui contende il ruolo di protagonista. Ancora Park, che ha passato la vita a scovare talenti per il Manchester United fin dagli anni ’70, è stato certo solo del futuro radioso di quattro ragazzi: «Norman Whiteside, Paul Scholes, Giggs e Doherty. Ma mentre Wilson aveva un grande piede sinistro e il ritmo, Scholes poteva utilizzare entrambi i piedi brillantemente, ma non aveva il passo, Doherty aveva tutto». Non su tutti aveva ragione. Dei quattro era Adrian quello che avrebbe fatto carriera, senza alcun dubbio.

Anche Brendan Rodgers, divenuto amico e compagno di stanza di Doherty ai tempi del Derry e delle nazionali giovanili dell’Irlanda del Nord, garantisce che la sua maestria tecnica dialogava serenamente con i limiti dell’unicità. «Tutti parlano di Ryan Giggs, Paul Scholes, i Neville, ma per me è stato lui il miglior giocatore con cui abbia mai giocato a quel livello». Ferguson lo aveva già fatto debuttare a 16 anni, nel marzo del 1990. David Meek del Manchester Evening News riportava: «Dietro le quinte Doherty è considerato come il giocatore che può impattare sulla squadra come non si vedeva dai tempi di George Best. Ferguson dovrebbe dare più spazio al ragazzo di Belfast». Il fatto che Doherty fosse di Strabane non rappresenta che un dettaglio. Il ragazzino è un tirocinante timido ma con il coraggio di un veterano. In un video della Bbc dedicato all’ala nordirlandese, lo stesso Giggs lo ricorda come un impavido. Più gli avversari entravano duramente per fermarlo meno paura lui aveva. Proprio quando l’ascensore sta per fermarsi all’attico accade qualcosa che ne cambierà la vita. Pochi giorni prima del debutto con la maglia del Manchester United, in un’amichevole di preparazione contro il Carlisle in vista della sfida con l’Everton (altri riportano prima di una sfida con il Norwich nda), i suoi legamenti cedono. È il 13 marzo 1990, e Alex Ferguson, non ancora divenuto Sir, stava soltanto aspettando il momento migliore per farlo esordire. Adrian era il suo giocatore ideale.

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Ci vogliono sette mesi per guarire dall’infortunio. Con le cure contemporanee staremmo ancora raccontando la sua storia. Quando gli offrirono un contratto di cinque anni, rifiutò perché “uno sarebbe bastato“. Era un bohémien che amava la letteratura e la musica, sognava l’arte e toccava il pallone come pochi altri. Questo era Adrian Doherty. Nella biografia postuma scritta da Oliver Kay, si fa cenno anche ad un consesso di senatori con l’hobby di intimidire e umiliare i più giovani. Se la sommatoria delle parti può restituire l’idea di un disastro, è questo il caso in cui nulla gioca a favore di Adrian. È qui che decide di rifiutare quel contratto lunghissimo offertogli da Ferguson, qualche mese prima di chiudere – almeno a un certo livello – la propria storia. Il tempo della degenza diventa quello dello studio e della lettura. Quando arriva finalmente il momento di ritornare a giocare, il crociato cede ancora, e un altro anno fermo avrebbe dilaniato chiunque. Nel 1993 rientra al Derry City per giocare qualche spezzone di gara, ma la sua anima è, oramai, uno specchio vacuo. Poche partite e tutto svanisce.

Dopo aver abbandonato il calcio Doherty comincia prima a lavorare in una fabbrica di cioccolatini a Preston, cittadina del Lancashire di soli 114.300 abitanti. L’anno che Adrian decide di smettere con il calcio, nel 1995 all’incirca, il suo Derry finisce per vincere il titolo. La sua strada è segnata, scompare nell’oblio mentre la class of ’92 vince trofei. Così come il Derry Fc. Tutti senza di lui. Ryan Giggs, che con Doherty ha diviso il campo, lo ricorda ancora come «un giocatore elettrico. La velocità era il suo marchio di fabbrica, insieme all’equilibrio nell’uso di entrambi i piedi». Tornato a Strabane passa del tempo a suonare nei pub di Galway, qualche mese dopo viene visto in Olanda, in cerca di un impiego a Den Haag. La mattina del 7 maggio 2000 Doherty scivola e finisce in un canale mentre si reca a lavoro. Aveva paura dell’acqua e non sapeva nuotare. Tirato fuori in stato d’incoscienza, muore il 9 giugno dopo un mese di coma. In quell’anno lo United – con in rosa Giggs, Beckham, i due Neville, Scholes e Nicky Butt – vince la Premier League con 91 punti, oltre alla Coppa Intercontinentale contro il Palmeiras. Giggs sarà ancora migliore in campo.

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Pochi giorni dopo a Eindhoven, a qualche chilometro da Den Haag, l’Inghilterra scende in campo contro il Portogallo. È la prima gara di Euro 2000 per gli inglesi: dal primo minuto ci sono Beckham, Scholes e Neville. In questi anni Jimmy Doherty, il papà di Adrian, ha dovuto convivere con il terrore di non aver fatto abbastanza per aiutarlo. Ha ripetuto più volte di aver ricevuto delle rassicurazioni sul futuro di suo figlio mai mantenute. Ci sono voluti anni perché Ferguson e i compagni ne ricominciassero a parlare, anche se il ragazzo di Strabane, come un ricordo sbiadito dal tempo, nei documentari dei vari ex campioni dello United non appare mai. Adrian era un genio perduto, un’ex anima candida in un mondo dove l’insicurezza è un male da curare. Sono passati oltre 15 anni dalla morte del George Best di Strabane e quello che ci resta di lui non è altro che qualche ricordo sbiadito, un video sgranato mentre canta a squarciagola e pochi spezzoni che ne restituiscono, soltanto parzialmente, la rapidità eterea.

 There must be a kind of way out of here