Bleus jam session

La Francia, finora, è apparsa più un insieme di solisti che un'idea di collettivo funzionante. E se fosse la strategia giusta per vincere l'Europeo?

La Francia è una Nazionale incomprensibile, o forse incompresa. Non è chiaro il suo limite competitivo, avendo affrontato finora solo squadre inferiori (Romania, Albania, Svizzera, Irlanda e Islanda sul cammino dei francesi) e non ha mai convinto fino in fondo, neanche nel largo 5-2 con cui ha battuto gli islandesi nei quarti di finale. Oppure, semplicemente, è colpa nostra che non abbiamo capito la Francia fino in fondo, essendo una squadra che consegue un fine (la vittoria) con una semplicità tale da rendere ininfluente il mezzo (il gioco). L’agevole cammino capitato alla Francia ha permesso a Deschamps il lusso dell’errore, la possibilità di sbagliare senza rischiare oltre il limite di uscire dall’Europeo. Solo l’Irlanda (provata dall’impresa sull’Italia e con tre giorni di riposo in meno) ha messo il ct francese di fronte all’evidenza di un 4-3-3 che non funzionava perfettamente: è bastato un cambio di modulo all’intervallo per ricondurre la Francia sulla retta via del 4-2-3-1, sistema che meglio amalgama i giocatori francesi. Quella mezza sbandata è stata una fortuna per Deschamps, che messo alla prova, ha inciso sulla sua squadra, dipingendo un orizzonte più limpido.

Il secondo gol di Griezmann contro l’Irlanda

Il destino della Francia, però, sembra rimanere comunque appeso alla luna dei giocatori. Anche i giornalisti locali non risparmiano al ct francese i paragoni con i ct più incisivi come Conte, che ha costruito l’Italia sulle fondamenta di un impianto di gioco studiato e collettivo. Deschamps è ancora sullo sfondo di questa Francia, preferisce limitarsi al ruolo di gestore delle (immense) risorse umane piuttosto che scolpire un’identità precisa al gioco francese. Finora, sono stati i vari Payet, Griezmann, Giroud, Pogba a decidere le partite: i loro colpi hanno sopperito all’assenza di un vero e proprio piano tattico in grado di codificare la costruzione di un tiro, un’occasione da gol. Per questo motivo la Francia continua ad adattarsi a se stessa, aggiustandosi di volta in volta a seconda dell’andamento della partita precedente. Non è un male universale se contestualizzato in un torneo di appena sette partite, che si possono vincere anche senza il sostegno di un disegno tattico preconfezionato. I tifosi francesi, in fondo, si dicono soddisfatti delle partite della Francia, che sono folate di aria fresca, gassose sterzate in un Europeo piuttosto avaro di spunti. Il lunatico calcio della nazionale francese è un modo efficace per valorizzare i giocatori, consci del fatto che in campo sono chiamati a fare la differenza: Deschamps sa che uno su undici la farà, e questo basterà per recriminare il diritto alla vittoria. Almeno, finora è bastato, anche perché l’attacco della Francia è il migliore di un Europeo finora povero di suggestioni offensive. Rispetto alle altre Nazionali, quella francese ha bisogno dell’eccesso per realizzarsi, poco importa se la giocata di un singolo riduce ai minimi termini il gioco di squadra: la Francia ne fa un inno, interpretando il calcio come una semplice somma delle parti che lo compongono. Giocatore più giocatore, giocata più giocata, passaggio più passaggio, tiro più tiro, uguale vittoria. È uno tra i vari modi di vincere, non catalogabili in giusti e sbagliati.

Il gran gol di Payet contro la Romania

Deschamps e la negazione del gioco: la jam session

La Francia sembra disinteressarsi degli avversari che si trova di fronte, il che può essere una debolezza ma anche un punto di forza. Giocando solo per se stessa, la nazionale francese riesce a estraniarsi dal contesto, quasi dimenticandosi di giocare in casa. Questo atteggiamento libera i giocatori dalla responsabilità e gli permette libertà d’espressione: è una manovra decisiva per una squadra di solisti. Deschamps, quindi, non è un pessimo allenatore, anzi, è l’incarnazione del Paese e del suo movimento, è francese nel midollo, limita se stesso per non fare danni. È, dunque, perfetto per questa Francia. E se fossimo noi, quindi, a non aver capito niente? Se fossero i giocatori stessi, e le loro qualità, ad aver suggerito al ct francese l’annullamento delle idee di gioco in favore di un piano semplice su cui regna la libertà d’improvvisazione? Deschamps potrebbe aver trovato la chiave per la Francia pensandola come un complesso jazz, cancellando l’idea di una squadra come un’orchestra sinfonica. La nazionale transalpina è una “jam session”, ovvero un ritrovo di musicisti che improvvisano, non avendo alcunché di preparato o programmato. Di solito, in una jam session jazzista si suonano gli assoli su una base semplice, una griglia di accordi consolidati o un tema conosciuti da tutti i partecipanti. Fissata la base, gli interpreti hanno la possibilità di mettere alla prova la loro abilità di improvvisatori e confrontarsi con gli altri strumentisti. La Francia è esattamente questa cosa: uno schema collaudato di fondo su cui non solo è consentito improvvisare, è obbligatorio. Le partite della nazionale francese sono jam session calcistiche in eurovisione. Non è un caso che Deschamps passi quasi tutto il tempo in panchina durante la partita: il direttore d’orchestra non è strettamente necessario in un complesso di jazzisti d’altissimo livello.

Il gol di Pogba contro l’Islanda

Griezmann e Payet

I mestieranti più brillanti sono senza dubbio Griezmann e Payet. In particolare il primo ha tracciato un solco tra la Francia che fu e quella che sarà. Perché se l’oro di Payet è brillato fin dalla gara inaugurale, quello dell’attaccante dell’Atletico è un tesoro che rischiava di essere lasciato per strada da Deschamps, sacrificato sull’altare del 4-3-3. Griezmann non è più un esterno offensivo, è ormai una seconda punta nel 4-4-2 su di lui cucito da Simeone nell’Atletico Madrid. Griezmann fa la differenza lì, al centro, perché vicino alla prima punta (Torres nel club, Giroud in Nazionale) ha ritagliato il suo mondo fatto di movimenti in verticale verso la porta, possibili solo con il supporto fisico di un centravanti. Griezmann ha bisogno di un custode a lui vicino, che come un fratellone maggiore tiene occupati i cattivi così che lui possa sfruttare la loro distrazione. Nel 4-3-3 di Deschamps, l’attaccante dell’Atletico era irraggiungibile, isolato, quasi congelato in un ruolo che ne limitava l’intuito, sua dote principale. Per questo motivo, e solo per questo, il numero 7 francese ha prima deluso e poi sorpreso nel 4-2-3-1, diventando capocannoniere della Francia e del torneo con 4 gol.

Il primo tempo di Griezmann contro l’Irlanda, ultimo giocato come esterno offensivo destro nel tridente della Francia. Griezmann è lontano dalla porta, non ha spazio per muoversi in verticale e non trova l’appoggio di Giroud.
Il primo tempo di Griezmann contro l’Irlanda, ultimo giocato come esterno offensivo destro nel tridente della Francia. Griezmann è lontano dalla porta, non ha spazio per muoversi in verticale e non trova l’appoggio di Giroud.
Griezmann nel secondo tempo contro l’Irlanda torna nel ruolo di seconda punta in cui gioca nell’Atletico. Segna due gol sfruttando i movimenti di Giroud. Oltre a incidere come finalizzatore, Griezmann è più nel vivo del gioco, svaria su tutto il fronte e duetta con i compagni.
Griezmann nel secondo tempo contro l’Irlanda torna nel ruolo di seconda punta in cui gioca nell’Atletico. Segna due gol sfruttando i movimenti di Giroud. Oltre a incidere come finalizzatore, Griezmann è più nel vivo del gioco, svaria su tutto il fronte e duetta con i compagni.

Pogba

Il terzo grande solista francese è Pogba, che più di tutti ha necessità di un contesto preciso per esprimersi, un po’ per caratteristiche, un po’ per emotività e impatto mentale sul match. D’altronde, Paul è cresciuto in una squadra tatticamente precisa come la Juventus. Il passaggio al 4-2-3-1 era stato letto in Francia come una precisa scelta in favore di Griezmann a discapito di Pogba, di fatto obbligato ad un ruolo non suo, cioè quello di pivot in una coppia di mediani davanti alla difesa. Paradossalmente, il cambio di modulo non solo ha riportato Griezmann al centro del villaggio, ha anche (forse per caso) dato a Pogba compiti più precisi e meno decisivi nell’economia del gioco francese. Grazie al nuovo ruolo, Paul si è scrollato di dosso il peso della nazionale e le aspettative di una nazione, oltre all’obbligo in campo della ricerca costante della soluzione definitiva, della giocata decisiva. Questi compiti, creativi e di finalizzazione, sono diventati distributivi, di inizializzazione alla manovra. Giocando da regista basso, Pogba ha assorbito un duplice effetto: è più libero mentalmente e si sente unico e quindi valorizzato, in quanto consapevole di essere il solo centrocampista della rosa in grado di garantire un alto tasso di qualità nella manovra francese. Gioca semplice, Paul, davanti alla difesa: i suoi passaggi non sono mai forzati, ma hanno una varietà e un raggio maggiore di quelli di Kanté. Con il passare dei minuti della partita contro l’Islanda, Paul si è calato nella parte, ha velocizzato le giocate e si è sbloccato anche in zona gol: è diventato più utile che bello, ha trasformato le aspettative in compiti precisi da portare a termine. Ora Pogba è l’arco della Francia, mentre prima ne era solamente una freccia.

Pogba contro l’Islanda: è lui la base su cui Griezmann e compagni improvvisano. Da grandi poteri derivano grandi responsabilità: Paul al centro del gioco si esalta, più giocate (96 tocchi, più del doppio che da mezzala) e meno errori
Pogba contro l’Islanda: è lui la base su cui Griezmann e compagni improvvisano. Da grandi poteri derivano grandi responsabilità: Paul al centro del gioco si esalta, più giocate (96 tocchi, più del doppio che da mezzala) e meno errori

Germania: la sfida agli antipodi

La Germania, a livello di squadra, è più forte della Francia, ma arriva incompleta e più stanca al grande appuntamento: mancheranno Gomez, Hummels, Schweinsteiger e quasi certamente Khedira. È come un’enorme macchina da guerra privata dei principali cannoni. Anche se le riserve tedesche sono di primo livello, Low è obbligato a mettere mano alla squadra nel momento decisivo del torneo. Ancora una volta, il destino sorride ai padroni di casa. Sarà una sfida agli antipodi, perché la Germania tende a essere fine a se stessa, mentre la Francia è l’esatto contrario, esalta il fine incurante del mezzo. I tedeschi giocano bene fino alla trequarti, oltre si trasformano spesso in una nube di vapore, a cui Gomez aveva parzialmente posto rimedio. Dove la Nazionale tedesca difetta, la Francia, invece, è in qualche modo perfetta, perché Payet e Griezmann sono più risolutori di Ozil e Draxler. La Germania, finalmente, metterà alla prova la tenuta della Francia: sarà in grado di difendersi in caso di prolungata pressione degli avversari? L’incerta difesa (e organizzazione difensiva) può reggere l’urto di giocatori di pari  livello? Sono domande a cui è difficile rispondere, anche per questo la preparazione della partita di Low è complessa. Non potrà, il ct tedesco, adattarsi all’avversario come fatto con l’Italia semplicemente perché il gioco della Francia non è così omologabile o riproducibile. Deschamps, invece, è atteso alla prova del fuoco: dovrà dimostrare di non essere solo un bravo selezionatore ma anche un altrettanto bravo allenatore, perché a pari qualità, con la Germania, potrebbe essere l’organizzazione a fare la differenza. Se così non fosse, se la Francia dovesse prevalere sulla Germania nello stesso modo in cui ha vinto le precedenti partite spianando la strada per il successo finale, il governo francese potrà commissionare ad un artista una statua raffigurante Deschamps, che aveva capito tutto dal principio. La Francia, vincendo, cancellerebbe l’universo calcistico parallelo dove le piccole squadre possono compiere grandi imprese lavorando sul pensiero e ci riporterebbe sulla terra, dove sono i migliori giocatori a fare la differenza.

 

Nell’immagine in evidenza, Olivier Giroud sventola la bandiera francese dopo il successo sull’Islanda (Francisco Leong/AFP/Getty Images)